Domenica 10 febbraio: “Io sono una donna d’acqua” di Donatella Venuti al Savio per “Aria nuova in Me”

Gran parte della vita è una preparazione a qualcosa che non accade”

“ Leggere L’incantesimo di Frida K. è come camminare su una corda tesa sopra gli abissi dell’inconscio.” Janet Fitch, autrice di “Oleandro bianco.

 

Messina. Domenica 10 febbraio alle ore 18:00 andrà in scena “Io sono una donna d’acqua”  di Donatella Venuti che presenta questo suo spettacolo inserito nella stagione “Aria nuova in Me” ed ispirato a “L’ncantesimo di Frida K.” di Kate Braverman.

Ho immaginato un viaggio dentro la mente di F.K. Personalità complessa, icona di un’epoca, simbolo per eccellenza di femminilità trasgressiva, di sofferenza fisica e spirituale che si traduce in arte.

Nulla mi è sembrato più provocatorio e dirompente come porsi in prima persona a svelare ad una ad una le carte segrete della sua psiche. Come a voler dire: si, questa sono io! Dovete prendere tutto se è vero che mi amate, la bellezza dei miei quadri e l’orrore del mio corpo che si gretola! Mai una scrittrice contemporanea ha incontrato tanta affinità elettiva con la sua musa ispiratrice, da vestire i panni dell’artista come se parlasse delle proprie emozioni più recondite. L’andamento monologante  e autobiografico ha favorito l’identificazione in un percorso senza ritorno,  scoprendoi segni di un dolore radicato e profondo che travalica la persona stessa e affida all’arte la sola immagine di se.

L’ultimo viaggio di Frida è un incantesimo sconvolgente che rapisce la mente e conduce in una zona morta tra i colori dei suoi quadri, i sogni e i desideri di una esistenza possibile ma impossibilitata dai limiti fisici, l’amore ingordo per la vita stessa, il desiderio di maternità, dove il dolore diventa creazione, visioni allucinate di una realtà parallela, abbagliata dalla luce della verità.

“La conoscenza è un’illuminazione che brucia. E’ l’essenza del genio e dell’afflizione.”

Sfrontata, volitiva fino allo spasimo, Frida sopporta le ferite del corpo (per una malattia infantile e per un terribile incidente a 17 anni) e dell’anima con ferma tenacia, scegliendo di trascendere ogni limite.

“Ho sfidato la forza di gravità. Sarei dovuta morire sul ciglio della strada come un cane sterile, una cagna investita da un tram, sarei dovuta morire all’ombra straripante di Diego tra le sue secche e le sue correnti, le sue barriere coralline insanguinate

Ma Frida è una donna d’acqua, capace di navigare nei porti minati di Diego.

“Nella pioggia sono nata e nella pioggia morirò”  E’ l’intro di uno spettacolo che cerca  la sua memoria e i suoi accordi tra la poesia della parola e la musica dal vivo della chitarra di Arcadio Lombardo che interagisce con la recitazione. Come due attori/interpreti dell’universo poetico di Frida, attrice e musicista hanno scelto di narrare quest’ultimo viaggio, quello preparatorio alla Grande Festa, un dolce commiato pieno   “di rumore e di furore”, di rimpianto e d’amore dalla terra del dolore.

Suoni e parole si mimetizzano ed entrano in conflitto in un costante equilibrio musicale di momenti e sospensioni magiche, tensioni e cadute libere e le immagini sul fondo completano il cerchio.

La musica nella sua struttura è per me un tappeto drammaturgico sonoro che offre le stazioni di questo itinerario nella mente d’artista e mi permette di vivere le emozioni come un flusso di impeti e intuizioni che Frida mi trasmette; la musica è Alter/Ego e compagno di viaggio. El’immagine finale si sofferma su una giovane donna nuova che sta bene,  può vivere una vita normale, sente la musica, guida, usa i tacchi a spillo, affonda i piedi nella nuda terra e sente le vibrazioni dei suoni attraverso   la sua pelle in sintonia con la natura.

Diego R. il suo unico grande amore le somministra come un dono di nozze l’ultima dose letale di droga e il gesto d’amore concilia definitivamente gli amanti smarriti nel sogno della bellezza.

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