L’impotenza dell’Essere: “Un uomo a metà” al Cortile-Teatro Festival

di Marta Cutugno

“…eravamo io, lei ed il suo odore … e Battisti”

È la prima volta che il cortile del settecentesco Palazzo Calapaj-D’Alcontres viene adibito a luogo di teatro. “Il Cortile – Teatro Festival”, la rassegna diretta da Roberto Bonaventura con la collaborazione di Giuseppe Giamboi, ha già raccolto ampio consenso e ripetuti sold out tanto da costringere gli organizzatori ad indire ulteriori repliche fuori programma. Dopo “Niño” e “’U Ciclopu, Giufà e Firrazzanu”, lunedì 24 e martedì 25 luglio è andato in scena “Un uomo a metà” – vincitore del Napoli Fringe Festival 2015, Premio “Per voce sola” 2014 – scritto da Giampaolo G. Rugo ed interpretato da Gianluca Cesale per la regia di Roberto Bonaventura.

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Io mi chiamo Giuseppe Rossi e questa è la mia storia”. Il pubblico, semicerchio di occhi, vede avanzare un uomo claudicante, in camicia bianca e pantaloni carta da zucchero, che stringe a sé la statua di una Madonna. Sulla pedana che solleva l’interprete, pochi strumenti di scena curati, insieme ai costumi, da Francesca Cannavò: una sedia, un appendiabiti, statuette mariane, una valigia, tutto rigorosamente bianco per un rappresentante di articoli religiosi col rimpianto del pallone ed una verginità adulta. Il quadro familiare, evocato fedelmente dal personaggio, vede i genitori sperperare risparmi presso una sala bingo e l’anziano nonno fascista sulla sedia a rotelle farneticare tra ricordi ed ideologie. Furono due in particolare, gli anni che segnarono la vita di Giuseppe: il 1989 che decretò la fine di una carriera calcistica ancora tutta da intraprendere ed il 2000, anno del Giubileo, di grandi affari economici e del fatidico incontro con Maria. L’amore della vita è la figlia del proprietario del più grande negozio di articoli religiosi della capitale, “e quindi d’Italia e quindi del mondo”. Nella complice intimità tra fidanzati, nel retrobottega, sulle note di “Comunque bella” di Battisti, per la prima volta Giuseppe scopre tristemente di essere impotente. Un blackout fisiologico ed intellettuale, figlio del conformismo sociale, si scatena alla visione della statua della Madonna del Sacro Cuore di Maria. La sacra effigie “con le braccia larghe e le mani aperte” scruta l’uomo, ne censura la libera espressione carnale e lo lascia precipitare nell’imbarazzo, nel blocco, nel fallimento dell’atto sessuale. Uomo a metà, privato dell’intima parte di sé stesso, Giuseppe riacquista inaspettatamente vigore durante i festeggiamenti per il suo addio al celibato e trova giusta motivazione per convertire in vantaggio l’inganno astuto pensato dalla futura moglie in suo danno, ma qualcosa andrà storto.

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Un testo elettrico e di spirito, quello di Giampaolo G. Rugo, che, con fluttuante ironia, contorna il disagio e l’insostenibilità della circostanza sostenuto dall’efficace ed agile regia di Roberto Bonaventura: giocosa ed acerba è la riflessione che investe l’uomo a metà, personalità indebolita dalle ipocrite catene sociali che scegliamo di indossare, incastrati tra un sono ed un devo essere per non deludere le aspettative del nostro cerchio.
Inarrestabile, incontenibile Gianluca Cesale nel turbinio vorticoso delle sue espressioni, nel suo mostrarsi al contempo divertito ed inadeguato. Il pubblico, nei pochi metri quadri del Cortile, può ammirarne verve e dinamica interpretazione, insieme alle gocciolanti scintille di sudore che vengono giù fino al mento – teatro, vita e verità – e lasciarsi suggestionare dall’ombra vivace e gesticolante riflessa sulle pareti, in crescendo, in una parabola velocissima fino al tragicomico finale di sangue. “Non è vero che si muore sul colpo”.

Il 31 luglio, in cartellone l’ultimo appuntamento de “Il Cortile – Teatro Festival” sarà “Vinafausa” con Simone Corso, Francesco Natoli e Michelangelo Maria Zanghì.

Foto di Scena : Giuseppe Contarini

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