L’inverso Fotografico che apre il nuovo ciclo dell’anno parla della verità, quella che non sfugge alla vista di chi sa osservare. La verità dello sguardo che è ben altra cosa della verità delle parole.
La verità della luce tra due anime in un vicolo che non può essere raccontata perché sfugge alle definizioni e al tempo. L’accadere fulmineo di un bagliore effimero di realtà che sarà presto sommerso da convenzioni e razionalità. L’attimo che si perde nella schematizzazione della parola che cerca invano di spiegare ciò che sfugge alla comprensione.
Dove la parola vuole raccontare l’obiettivo fissa nel tempo, lì dove il ragionamento indaga la pellicola semplicemente trasmette.
Similmente, nei versi de “Il pianto dell’aragosta” di Marco Simonelli, la parola si fa luce fulminea trapassata. Suono nella mente di chi legge assaporando con la punta della lingua il verso passato sui denti e nella bocca. La poesia non racconta trasmette.
Lo stile unico di Van der Elsken colpisce molto tempo dopo che la storia è stata interamente compresa, poiché egli non mette in posa né dirige i suoi soggetti. Come in Simonelli non c’è nulla di falso nelle sue storie.
La verità non è una risposta ma la riformulazione sfaccettata di una domanda.
Dal suo ultimo libro – “Il pianto dell’aragosta” Edizioni d’if 2015 – Marco Simonelli
Ménage
Sarà un incidente banalissimo:
un quadro appeso storto nell’ingresso,
il bicchiere che cade e si rovescia
sulla tovaglia bianca di bucato.
Sarà uno schizzo,
uno scatto imprevisto e immotivato.
Qualcosa di diverso.
Di spropositato.
Sarà come voltarsi all’improvviso
e vedere un totale sconosciuto
là dove poco fa c’era il tuo viso.
*
Asdrubale
Avresti fritto pure una ciabatta:
sarebbe stata asciutta
croccante calda e friabile
come i tuoi fiori di zucca.
Le tue mani significano cibo
le osservo attentamente quando posso
sono piccole, vecchie, farcite dalle rughe
mentre mescolano il manzo macinato
con l’aglio col formaggio e il pangrattato
e aggiungono un ciuffo di prezzemolo tritato.
Asdrubale passava al pianerottolo
gatto vecchio, lentissimo ed obeso:
un occhio cavo perso in una lotta
e un tumore in vista alla mascella.
Non sempre ci riusciva, quella bestia
a scendere le scale e farla nel cortile.
Un giorno lo trovarono nel prato
sembrava addormentato, poverino
aveva terminato l’agonia tutto da solo
non voleva lo sentissero nel rantolo;
la morte per i gatti è un fatto personale
se ne voleva andare senza disturbare.
Gli preparasti apposta una polpetta
friggendola con spugna naturale.
Lui ti leccò le dita, forse a ringraziarti
di quel boccone buono, offerta dell’addio.
Faresti lo stesso con me
se al suo posto ci fossi io.
“Eduard “Ed” van der Elsken (10 marzo 1925-28 dicembre 1990) è stato un fotografo e regista olandese. Il suo immaginario offre prospettive quotidiane, intime e autobiografiche sullo zeitgeist europeo coprendo il periodo a partire dalla Seconda Guerra Mondiale fino agli anni Settanta nel regno di amore, sesso, arte, musica (in particolare il jazz), e cultura alternativa. Ed van der elsken arrivò a Parigi all’età di 25 anni. Dormì sotto i ponti tra gli avanzi e i “clochards” della senna. Aveva solo due rulli da 35 mm quando arrivò, notte dopo notte sedeva ai caffè, osservava, scattando le sue preziose fotografie. Accettò lavoro come corrispondente per un giornale olandese. Iniziò ad assemblare un affresco globale, diretto, non artefatto, della gioventù di saint-germain-des-prés.
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Con questo nuovo breve libro Marco Simonelli conferma il valore di un lavoro che prosegue da anni. Nato nel 1979 a Firenze, ha pubblicato sesto Sebastian (lietoColle 2004), Palinsesti (Zona 2007), Will (Edizioni d’if 2009), L’estate sta finendo (Leconte 2010), Poesie di amore splatter (Sartoria Utopia 2015).