IL CICLO MITICO DI CANDRA, IL DIO LUNA a cura di Laura Liberale − 2) II. Spose trascurate e spose rubate

Il ciclo mitico di Candra, il dio Luna
di Laura Liberale

II. Spose trascurate e spose rubate

 

Un qualche rapporto ierogamico di Luna e Sole non manca nemmeno in India, dove il mito ci propone la coppia divina formata da Candra/Soma e dalla figlia del Sole, Sūryā (Ṛg-veda X, 85 e Atharva-veda, XIV). È bene specificare che anche la virile Luna indiana resta comunque legata al femminile, per l’associazione a tempo, crescita, decrescita, trasformazione, morte, rinascita, defunti, contenimento, nutrimento, fertilità, acqua/liquidi, piante, magia, estasi.
Nell’astrologia hindū, la Luna viene infatti rappresentata in forma femminile (si veda Nārada-purāa, II, 55, 15 ss.): appartenente alla categoria sociale dei vaiśya [la gente del popolo], essa è signora della direzione spaziale di nord-ovest; il suo colore è il bianco, la sua qualità è il sattva[1], il suo doa è vāyu[2]. Governa la stagione delle piogge; la sua pietra è la perla, il suo metallo il bronzo, il suo gusto il salato. Presiede a torace, saliva, grembo, acqua, sangue, sistema linfatico e ghiandole; è causa delle seguenti malattie: insonnia, sonnolenza, affezioni polmonari, diarrea, mancanza di gusto, debilitazione, disordini digestivi, itterizia, problemi del sangue, disturbi infantili, colera. Per ciò che concerne la sua rappresentazione antropomorfica, essa ha corpo massiccio, è giovane e vecchia a un tempo, dalla carnagione chiara, gli occhi amabili, i capelli neri e sottili. La sua forma animale è quella del rettile. A livello planetario non ha nessuna inimicizia; è invece amica di Sole e Mercurio. Assieme a Venere, governa l’acqua e il gusto; la sua divinità è Pārvatī (si veda Matsya-purāa, 93, 13). Le appartengono idealmente, fra gli altri, i locali riservati alle donne, le donne stesse, le stanze da bagno, i luoghi in cui sia presente dell’acqua, la categoria dei lavandai, l’antilope, la lepre, la gru, il cakora (la pernice, che la leggenda vuole nutrirsi di raggi lunari), il parasole, il ventaglio, la frutta, i fiori, l’argento, il latte, le vacche.

II.1 Le figlie di Dakṣa

Allora Prācetasa [Dakṣa], richiesto dall’Autogeno [Brahmā], generò [nella sua sposa] Asiknī sessanta figlie, amorevoli verso il padre. Dieci furono date a Dharma; tredici a Ka [Kaśyapa]; ventisette a Indu [: ‟Goccia”, il dio Luna]; due ciascuno a Bhūta, Agiras e Kśāśva; le altre a Tārkya (…) I nakatra [gli asterismi, si veda oltre], cominciando da Kttikā, divennero le spose di Indu. Afflitto da uno stato di consunzione a causa della maledizione di Daka, Soma non poté generare alcun figlio nelle spose. Dopo aver propiziato Daka, egli riottenne le kalā [i digiti lunari, si veda oltre] perdute nella consunzione.[3]

Daka diede a Soma le sue ventisette figlie. Legate ai nakatra per il calcolo del tempo e caratterizzate dalla fortuna, esse erano tutte dotate di grandi occhi e senza rivali quanto a bellezza. Fra loro Rohiī spiccava per eccellenza d’aspetto. In lei il glorioso Facitore della notte traeva diletto ed ella ne divenne la favorita. Perciò egli godette sempre [e solo] di lei. In quei giorni Soma viveva ormai da tempo con Rohiī, così [le altre spose] di quel magnanimo, i nakatra, se ne risentirono. Dopo essersi recate svelte dal padre, il Signore delle creature, gli dissero: “Soma non vive con noi. Gode solo di Rohiī. O Signore delle creature, noi tutte insieme, trascurate, siamo giunte al tuo cospetto. Che tu sia per noi rifugio, o padre! Resteremo moderate nel cibo e del tutto dedite all’ascesi!”. Udito il loro discorso, Daka disse dunque a Soma: “Comportati equamente con [tutte le tue] spose affinché una grave colpa non abbia a venirtene!”. E a tutte loro Daka disse: “Andate alla presenza di Soma. Su mio ordine Candramas si comporterà equamente con tutte voi!”. Così congedate, esse si recarono alla dimora di Colui che ha freddi raggi, ma di nuovo Soma il glorioso tornò a coabitare con Rohiī, traendo [da lei sola] piacere più e più volte. Di nuovo quelle, tutte insieme, dissero al padre: “Dedite al tuo servizio, vivremo nel tuo eremo. Soma non ha eseguito il tuo ordine e non abita con noi”. All’udire quelle parole, Daka si rivolse a Soma: “Comportati equamente con le tue spose, se non vuoi che io ti maledica, o Splendido!”. Noncurante del discorso di Daka, il glorioso Śaśin continuò a convivere esclusivamente con Rohiī. Quelle, di nuovo in collera, andarono dal padre e, abbassata la testa con rispetto, dissero: “Soma non vive con noi! Perciò sii il nostro rifugio! Il glorioso Candramas continua a vivere solo con Rohiī. Non ha prestato ascolto alle tue parole e non ci concede il suo affetto, perciò salvaci tutte, affinché Soma si accosti a noi!”. Udito ciò, il glorioso Daka andò su tutte le furie; dalla collera, scagliò una maledizione di consunzione su Soma, ed essa colpì il Signore delle stelle.
Sopraffatto dalla malattia, Śaśin andò riducendosi giorno dopo giorno; il Facitore della notte compì degli sforzi allo scopo di liberarsene, ma non vi riuscì, neanche dopo aver celebrato molteplici sacrifici, e così continuò a consumarsi. Poiché Soma si consumava, tutte le piante smisero di crescere, i loro succhi si fecero insipidi ed esse persero completamente vigore. A causa della distruzione delle piante, anche gli esseri viventi perirono. Tutte le creature divennero emaciate in seguito alla consunzione del Facitore della notte.
Allora gli dèi, giunti insieme da Soma, dissero: “Perché la tua solita forma non risplende più? Dicci il motivo per cui accade tutto ciò. Dopo aver udito da te una risposta, ci occuperemo del tuo grande timore”. Così interpellato, Colui che reca il segno della lepre spiegò loro della maledizione, della sua causa e della consunzione di cui soffriva. Gli dèi, udito quel discorso, andarono da Daka e dissero: “Mostra benevolenza nei confronti di Soma, o Glorioso! Che questa maledizione sia annullata! Candramas è davvero consunto; solo un suo residuo è visibile. A causa di tale consunzione, o Signore degli dèi, stanno perendo anche le creature e i rampicanti e le piante di molteplice semenza. In tutta questa rovina noi stessi ci consumiamo. Ma senza di noi, che ne sarà del mondo? Dunque, o Maestro dell’universo, sei richiesto di mostrare benevolenza!”.
Così fu detto. Allora Prajāpati [Dakṣa] pronunciò il seguente discorso: “Non è possibile cambiare le mie parole! Tuttavia, con qualche espediente, o Eminentissimi, possono essere annullate! Che Śaśin si comporti sempre equamente verso tutte le sue spose. Dopo essersi bagnato nel principale guado sacro della Sarasvatī, Colui che ha la lepre per segno caratteristico crescerà di nuovo, o Dèi! Le mie parole sono vere! Per metà mese, Soma decrescerà sempre e, per l’altra metà, sempre crescerà. Ciò che dico è verità! Dopo essersi diretto verso l’oceano occidentale, che egli veneri il Signore degli dèi [Śiva] alla confluenza della Sarasvatī con l’oceano! Recupererà colà il suo splendore!”.
Dunque, su ordine del saggio Daka, Soma si diresse alla Sarasvatī e giunse al supremo guado Prabhāsa. Bagnatosi colà nel giorno di Luna nuova, Egli dalla grande energia e dal grande splendore riottenne i suoi freddi raggi e illuminò [di nuovo] i mondi.[4]

Le ventisette spose di Candra sono dunque i nakatra, gli asterismi, ovvero le costellazioni attraversate dalla Luna durante il suo corso.
‟Poiché non diminuiscono (na kīyante) [ovvero “non scompaiono”, come invece accade alla Luna], sono detti nakatra[5].
In Śatapatha-brāhmaa, II, 1, 2, 18-19, leggiamo:

In principio essi [i nakṣatra] erano svariate potenze [kṣatra] (…) Sūrya, il Sole, sorgendo, sottrasse loro energia virile e potenza, perciò esso è detto Āditya (ā+radice dā, “sottrarre”). Gli dèi dissero: «Coloro i quali furono potenze, smisero di esserlo; da ciò la condizione di nakatra (na+katra, ovvero “senza potenza”) dei nakatra».

E in Bhāgavata-purāa, V, 22, 8-11:

Candramas è situato a centomila yojana[6] al di sopra dei raggi solari. Muovendosi più velocemente, percorre l’equivalente del moto annuale del Sole in due quindicine; l’equivalente di un mese del Sole in due giorni e un quarto; l’equivalente di una quindicina del Sole in un unico giorno. I giorni e le notti di dèi e antenati [si alternano] durante la crescita e la decrescita delle kalā. Distribuendosi nella quindicina crescente e in quella decrescente, Candra il Vivificatore, Colui che è vita per tutti gli esseri, resta in ciascun nakatra per trenta muhūrta [un muhūrta equivale a 1/30 del giorno, dunque trenta muhūrta fanno un giorno]. Colui che ha sedici digiti, il glorioso Maschio fatto di mente, fatto di cibo, fatto di nettare, invero, per sua natura, è pienezza di vita per dèi e antenati, esseri umani, animali, uccelli, rettili e piante, perciò [i saggi] lo celebrano come Colui che è onnicomprensivo. Duecentomila yojana al di sopra della Luna vi sono i nakṣatra, col monte Meru sulla destra, disposti da Īśvara, il Signore, sulla ruota del tempo, in numero di ventotto con Abhijit.

Ciascuna delle ventisette costellazioni dei nakatra copre 13° 20’ del cerchio zodiacale, a partire dal grado zero dell’Ariete, ed è ulteriormente divisa in quattro pada di 3° 20’ l’uno. La Luna, spostandosi di un grado dello Zodiaco ogni ora e 48 minuti, effettua un giro completo in 27 giorni, percorrendo un nakatra circa al giorno. La rivoluzione della Luna attorno alla Terra si compie in realtà in 27 giorni, 7 ore, 43 minuti (arrotondando: 27 giorni e 8 ore circa). Per colmare questa differenza di 8 ore è stato inserito nella lista un ventottesimo nakatra (che coprirebbe quindi 4° 14’): Abhijit. In qualità di “case” lunari, i nakatra rivestono un ruolo fondamentale nell’astrologia hindū, mentre sono ignorati da quella occidentale[7].
Quelli che seguono sono i nomi dei nakatra secondo la lista proposta da Atharva-veda, XIX, 7, 1 ss.: Kṛttikā, Rohiṇī, Mṛgaśiras, Ārdrā, Punarvasu, Puṣya, Āśleṣā, Maghā, Pūrvaphalgunī, Hasta, Citrā, Svāti, Viśākhā, Anurādhā, Jyeṣṭhā, Mūla, Pūrvāṣāḍhā, Uttarāṣāḍhā, Abhijit, Śravaṇa, Śraviṣṭhā, Śatabhiṣaj, Pūrvaproṣṭhapada, Uttaraproṣṭhapada, Revatī, Aśvayuj, Bharaṇī.
Le kalā sono invece le porzioni di disco lunare che compaiono e scompaiono a seconda delle fasi, ciascuna equivalente a un sedicesimo del diametro della Luna. Questi i loro nomi: 1. Amṛtā, 2. Mānadā, 3. Pūṣā, 4. Tuṣṭi, 5. Puṣṭi, 6. Rati, 7. Dhṛti, 8. Śaśinī, 9. Candrikā, 10. Kānti, 11. Jyotsnā, 12. Śrī, 13. Prīti, 14. Aṅgadā, 15. Pūrṇā, 16. Pūrṇāmṛtā.
La celebre storia purāṇica delle ventisette spose di Candra ha un antecedente vedico:

Prajāpati aveva trentatré figlie. Le diede a Soma, il Re. Fra tutte, egli stava [solo] con Rohiī. Loro, gelose, fecero ritorno a casa. Egli le seguì e le richiese indietro. [Prajāpati] non gliele ridiede. Gli disse: “Giura solennemente: Starò [con tutte] in egual misura, allora te le ridarò”. Egli fece giuramento e Prajāpati gliele ridiede. Fra tutte, però, egli stette [di nuovo] solo con Rohiī. La malattia lo colse allora.[8]

In Śatapatha-brāhmaa, IX, 4, 1, 9, leggiamo:

Candramas è il Gandharva [musico celeste]. Le sue Apsaras [ninfe celesti] sono i nakatra. Invero Candramas, il Gandharva, ascese in coppia con le Apsaras/nakatra, che di nome fanno: Bhekuri, Bhākuri [dalla radice bhā, “splendere”], in quanto essi, i nakatra, danno la luce.

Rohiṇī, la ‟Rossa”, è la preferita di Candra. Nel cerchio zodiacale, questo nakṣatra copre da 10° a 23° 20’ di Vṛṣabha (Toro). Rohiṇī è il nome della stella principale dell’asterismo: Aldebaran, α Tauri.

Laura Liberale

 

[1] Sattva, rajas e tamas sono le tre qualità della Natura primordiale da cui evolve la totalità del reale.
[2] I doa sono i tre elementi costitutivi del corpo: vento (vāyu), bile (pitta), flemma (kapha).
[3] Bhāgavata-purāa, VI, 6, 1-3, 23-24.
[4] Mahābhārata, IX, 34, 40 ss. Su questo mito si veda anche Śiva-purāa, Umā-sahitā, 29, 47-48.
[5] Brahmāṇḍa-purāa, I, 2, 24, 72-73 e Liga-purāa, I, 60, 26.
[6] Lett. ‟giogata”, una distanza che varia a seconda dei computi (corrispondente circa a 4 o 5 o 9 miglia inglesi).
[7] Sulle caratteristiche dei nati sotto i diversi asterismi si veda Nārada-purāa, II, 55, 214 ss. Circa gli effetti positivi e negativi delle combinazioni di asterismi, rimando ad Agni-purāa, 126. Per ciò che invece concerne le azioni da compiersi o meno sotto determinati nakatra, si vedano Agni-purāa, 121 e Garua-purāa, I, 59, 15 ss.
[8] Taittirīya-sahitā, II, 3, 5, 1-3.

In copertina: Candra e Rohiṇī.

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