“La credenza che la realtà che ognuno vede sia l’unica realtà
è la più pericolosa di tutte le illusioni”
(Chema Madoz)

L’inVerso Fotografico di oggi è assonante e divertente. Cristallino ma non trasparente, ironicamente distraente, un nonsense dal cilindro di verderame e attenzione a guardare il fondo del bicchiere perché se l’occhio assaggia, la realtà si vede dalla punta della lingua. Il surrealismo apre porte, mentre le spiegazioni con le loro dimensioni, in qualche modo, le chiudono.
Prendo in prestito le composizioni dell’artista madrileno Jose Maria Rodriguez Madoz, conosciuto come Chema Madoz. Il suo lavoro è un connubio di fotografia, arte concettuale e poesia visiva ricca di metafore che rendono le sue opere un universo sfaccettato dove niente è come sembra. Fotografia dell’ossimoro dove l’associazione di oggetti apparentemente in contrasto tra loro crea nuovi significati e simbologie. Il suo lavoro è un proclamo contro i dogmi o le grandi verità. È una rivendicazione del dubbio, un tentativo di affrontare tutto quello che ci circonda con occhi nuovi, senza dare nulla per scontato. Il quotidiano come un terreno selvaggio e sconosciuto.
Gli oggetti hanno lo stesso carattere
delle parole, si contaminano l’un l’altro
generando significati sempre nuovi
(Chema Madoz)
Valerio Magrelli, Poesie (1980-1992), Giulio Einaudi Editore,Torino 1996.
*
Io cammino fumando
e dopo ogni boccata
attraverso il mio fumo
e sto dove non stavo
dove prima soffiavo.
*
Io non conosco
quello di cui scrivo,
ne scrivo proprio perché lo ignoro.
È un atto delicato,
è il limitare
che confonde la preda
e il cacciatore.
Qui arrivano a coincidere
l’oggetto che cerco e la causa
di questo ricercare.
per me la ragione
della scrittura
è sempre scrittura
della ragione.

Per Madoz ciò che conta sono le idee. La comunicazione che nell’atto del guardare rende l’opera compiuta, attraverso il processo interpretativo suggerito dall’autore. La scelte tecnica del bianco e nero a dispetto del colore si rivela l’unica in grado di concentrare l’attenzione sull’idea compositiva, come pure la scelta di lasciare le proprie opere prive di titoli per non contaminare il processo cognitivo dello spettatore, che costituisci il tassello mancante.

Madoz come Magrelli realizzano delle vere e proprie nature morte con influenze che vanno da André Kertesz, Duane Michael a Man Ray, Magritte, Cildo Meireles, Sugimoto, Joan Brossa.
*
Una poesia che ricomponga
le immagini che la precedono
è figura per eccellenza.
È il comportamento dell’uomo
davanti alla sua fantasia.
Fare bella figura
vuol dire fare
una figura bella,
il disegno che restituisca
all’oggetto le sue linee,
i suoi contorni al pensiero.
*

Le immagini sorgono dalla contemplazione.
La fotografia è l’ultimo passo e si limita
a scattare quello che si è costruito.
L’opera di Madoz costringe l’osservatore ad una introspezione volta a decifrare l’opera che si nutre del vissuto di chi la fruisce. Di chiara ispirazione freudiana l’opera del fotografo/poeta grazie al taglio psicologico si occupa di tutto quello che non risulta evidente ma tuttavia condiziona la maggioranza delle nostre azioni. Il poeta esplora la risonanza e il significato della parola in una misura simile a quella con la quale Madoz esplora l’oggetto.

Della poesia mi ha sempre interessato la sua brevità e la sua capacità di trasmettere immagini con intensità e pochi elementi
(Chema Madoz)
*
Ho spesso immaginato che gli sguardi
sopravvivano all’atto del vedere
come fossero aste,
tragitti misurati, lance
in una battaglia.
Allora penso che dentro una stanza
appena abbandonata
simili tratti debbano restare
qualche tempo sospesi ed incrociati
nell’equilibrio del loro disegno
intatti e sovrapposti come i legni
dello shangai.
*
Senza accorgermene ho compiuto
il giro di me stesso.
Ho iniziato il racconto
ma inavvertitamente
sono arrivato alla fine
ad illustrarmi, a nascondere
nell’angolo del quadro
la mia immagine.
con l’ultimo cabotaggio si conclude
questa passione geometrica
o forse solamente
si arriva a prospettare
la descrizione di un punto
da infiniti punti.
Valerio Magrelli
Nato a Roma nel 1957, ha pubblicato le raccolte di versi: Ora serrata retinae (Feltrinelli, 1980), Nature e venature (Mondadori, 1987), Esercizi di tiptologia (Mondadori, 1992), riunite nel volume intitolato Poesie e altre poesie (Einaudi, 1996), Didascalie per la lettura di un giornale (Einaudi, 1999), Disturbi del sistema binario (Einaudi, 2006). Docente di letteratura francese all’Università di Pisa, collabora a quotidiani e riviste. Dirige per le edizioni Einaudi la serie trilingue della collana “Scrittori tradotti da scrittori”. In prosa, ha pubblicato: Nel condominio di carne (Einaudi, 2003), La vicevita. Treni e viaggi in treno (Laterza, 2009), Addio al calcio. Novanta racconti da un minuto (Einaudi, 2010). Tra i suoi lavori critici, lo studio Profilo del Dada (Lucarini 1990), e la monografia La casa del pensiero. Introduzione all’opera di Joseph Joubert (Pacini 1995), Vedersi vedersi: modelli e circuiti visivi nell’opera di Paul Valéry (Einaudi, 2002), Magica e velenosa. Roma nel racconto degli scrittori stranieri (Laterza, 2010).
di Cinzia Accetta
L’ha ribloggato su Cinzia Accettae ha commentato:
La credenza che la realtà che ognuno vede sia l’unica realtà
è la più pericolosa di tutte le illusioni
(Chema Madoz)