Nell’eterna Italia del caso Tortora, dell’ingiustizia e della pena senza riscontri, e del caso Palamara, ovvero delle trame e i complotti in ambito giudiziario, c’è un libro capace di esplorare gli abissi interiori in cui precipita il più debole, la vittima. Un romanzo avvincente come un thriller americano e introspettivo come una narrazione europea. È in uscita il romanzo di Pier Bruno Cosso dal titolo Solo danni collaterali, pubblicato dalla Marlin, la casa editrice di Tommaso e Sante Avagliano (collana Il Portico, € 14,90 con promo sconto del 20% #EstateConUnLibroMarlin fino al 5 luglio 2020 solo sul sito www.marlineditore.it), disponibile già on line.
Ispirato a una storia vera, il quarto volume dello scrittore sardo racconta di un onesto medico di famiglia vittima del delirio d’onnipotenza di un magistrato che lo trascina in un inferno giudiziario. Il tema non ha mai smesso di interrogare le coscienze dato che, ad esempio 37 anni fa, il 17 giugno 1983, veniva arrestato ingiustamente Enzo Tortora e solo nel 1986, e definitivamente nel 1987, un anno prima di morire, gli sarebbe stato restituito l’onore perduto. «Io vi dico che sono innocente, lo grido da tre anni. Spero, dal profondo del cuore, che lo siate anche voi», è il suo celebre grido di disperazione ai giudici, richiamato nell’esergo del libro.
Per l’autore, «la vicenda attuale di Palamara e la sua espulsione dall’Associazione Nazionale Magistrati dimostrano, in linea con quello che accade al protagonista del mio romanzo, quanto sia necessario rafforzare i contrappesi rispetto al potere giudiziario. Una minoranza di giudici, i casi di cronaca e nella Storia non mancano, si ritiene al di sopra delle leggi e questo è un pericolo per la democrazia. Il prezzo altissimo dell’ingiustizia lo paga solo il perseguitato incolpevole perché il giudice in Italia, e questo è un tema su cui si dibatte da tempo, non risulta perseguibile per il suo cattivo operato. I magistrati più sensibili ne sono consapevoli. “Solo danni collaterali” stimola la riflessione in questo campo».
Pier Bruno Cosso ci tiene a esprimere il suo punto di vista senza ambiguità: «Io penso che la magistratura da noi sia un’eccellenza ma che, nello stesso tempo, sia un organismo senza difese immunitarie. Senza quegli anticorpi che potrebbero evitare il delirio di onnipotenza del dottor Ferdinando Ferdinando (giudice inventato per “Solo danni collaterali”, ma con ampi riscontri nella realtà) e dei vari Palamara (non per lui, ma per ciò che rappresenta), per non parlare dei magistrati del caso Tortora».
Ma torniamo al romanzo Solo danni collaterali. Di fronte ci sono due mondi che si scontrano: un magistrato e la sua vittima occasionale. La vicenda, ambientata in Sardegna nel periodo attuale, inizia col protagonista che viene buttato giù dal letto all’alba di un sabato mattina e subisce una lunga perquisizione, senza spiegazioni e senza rispetto. Privato della libertà, del lavoro, dello stipendio, e infine degli affetti familiari, il medico, aiutato da un’amica giornalista, si lancia in un’indagine serrata per comprendere l’origine delle accuse infondate che lo opprimono. In questo romanzo, se le vicende giudiziarie sono ispirate alla realtà, i risvolti umani, gli amori e le passioni sono di pura invenzione, così come i nomi e i luoghi, che sono di fantasia.
Cosso ha saputo costruire con abilità una storia drammatica, scavando nel profondo dell’animo umano. Spiega l’autore: «Il vero protagonista, che mi onora della sua amicizia, un giorno mi telefonò, dicendomi che come scrittore avrei dovuto raccontare la sua storia, incredibile e avventurosa come un romanzo. Mi ha sorpreso e preoccupato: ho percepito la sua necessità di parlare e quella sua profonda amarezza, anche se era già tutto risolto. La sua testimonianza mi ha trasmesso quella sensazione profonda che lascia un segno, che ti fa precipitare alla tastiera come un’urgenza, come se fosse una chiamata. Ovvio che poi, anche per non renderlo riconoscibile, ho attinto dalla fantasia per ingarbugliare vicende umane, le passioni e i tradimenti. Alla fine ne è scaturita una storia con una voce sola, dove neppure io riesco più a separare la fantasia dalla realtà. E forse non ha neppure senso distinguere».