Palermo ai tempi del Coronavirus: seconda parte

Reportage di Giancarlo Lupo e Riccardo Scibetta

Santa Rosalia si ripete?

Fotografie di Riccardo Scibetta

Tutti amano Santa Rosalia, diventata patrona di Palermo dopo aver scalzato facilmente le quattro sante che proteggevano il capoluogo siciliano prima di lei. Il festino del 14 luglio è la manifestazione più importante della città. Al grido di “W Palermo e Santa Rosalia” un popolo in festa, consumando calia e simenza, va appresso alla Vara, il maestoso carro trionfale, dal Cassaro fino a Porta Felice, per chiudere con lo spettacolo dei fuochi di artificio al Foro Italico.

Secondo la leggenda, la terribile epidemia di peste, che flagellò Palermo nel XVII secolo, cessò solo in seguito al ritrovamento delle ossa della Santa il 15 luglio del 1624, dopo che la stessa Rosalia si sarebbe mostrata in una miracolosa apparizione per indicare il luogo ove erano state sepolte le ossa. Per ringraziamento, in quello stesso anno, proprio intorno alla grotta in cui Santa Rosalia era stata solita vivere in solitudine e raccogliersi in preghiera, fu eretto il grande santuario corredato di un annesso convento, in sobrio stile barocco, che da allora divenne meta di un continuo pellegrinaggio.

Ci dirigiamo verso il santuario, percorrendo le strade a serpentina, lungo uno stupendo itinerario ricco di punti panoramici di incomparabile suggestione. Lungo la strada vediamo il castello Utveggio. Poco dopo arriviamo al santuario, arroccato sulle pendici di Monte Pellegrino. Una statua della Santa sembra accoglierci. Ovviamente la chiesa non è aperta, un cartello dice che rimarrà chiusa fino alla fine dell’emergenza Covid-19. Decidiamo di scattare qualche foto da fuori, dare un’occhiata in giro e andare via.

Fotografia di Riccardo Scibetta

Sentiamo una voce chiamarci, da una finestra del convento un prete ci fa segno di avvicinarci. Ci dice di salire con l’automobile dalla via laterale e ci apre il cancello, dice di girare prima dello spiazzo perché c’è una web cam puntata.

“State attenti o andate in diretta mondiale,” dice.

Don Gaetano ha voglia di chiacchierare. Ci accoglie, appena sa che siamo giornalisti ci invita a visitare la chiesa.

Le acque che ancora oggi stillano dalle pareti della Grotta sono ritenute da sempre miracolose. E di grande devozione sono fatte oggetto anche le espressive statue che ritraggono la santa: una campeggia in una nicchia bianca che spicca sulla facciata di un colore ocra acceso; un’altra accoglie i fedeli proprio di fronte all’ingresso del Santuario; un’altra ancora, ben più celebre, è adagiata all’interno della Grotta, racchiusa in un elegante altare sormontato da un sontuoso baldacchino.

Intanto don Gaetano ci racconta la storia di Santa Rosalia. Nel 1624, dopo il ritrovamento delle ossa umane, che emanavano un intenso profumo di fiori, sul monte erano salite molte persone, pregando, bevendo l’acqua per ottenere le guarigioni miracolose.

“Dopo quella data i casi furono molto meno,” dice. “Passarono da 40 casi al giorno a un caso al giorno. Lo attestano tutti i cronisti dell’epoca.”

Nel convento vivono solo lui e fra’ Salvatore, stanno in quarantena, c’è qualcuno che porta loro la spesa. Officiano una messa in streaming quando non ci sono altre messe ufficiali, per non creare troppa confusione nei fedeli.

Don Gaetano è polemico verso i mass media che parlano di guerra.

“Non è una guerra,” dice, “durante le guerre ci sono bombardamenti, si soffre la fame. Qui si richiede solo di stare a casa. A occuparsi della famiglia e di noi stessi.”

Fotografia di Riccardo Scibetta

Cita Pascal: “L’infelicità dell’uomo viene dal fatto che non sa stare seduto su una sedia, a contemplare. Questo virus dovrebbe insegnarci qualcosa. Dovremmo capire che l’uomo non può correre sempre, col suo egoismo e la sua noncuranza verso il prossimo.” Don Gaetano dice che al momento sembrano aumentare gli egoismi nazionalistici, italiani e spagnoli contro olandesi e tedeschi, americani contro cinesi. “Viviamo tutti nello stesso pianeta,” dice, “e dovremmo imparare a convivere assieme.”

Ci consiglia di visitare il “Gorgo di Santa Rosalia”, a circa un paio di centinaia di metri dal Santuario.

Ci andiamo, è un piccolo stagno del diametro di circa 20 metri, alimentato dalle piogge d’autunno e prosciugato nelle stagioni calde.

Nel gorgo vivono molteplici specie di alghe, insetti e crostacei, ma possiede una particolarità. Fu scoperta nel 1958 dal professore di ecologia dell’università di Yale, George Evelyn Hutchinson.

Don Gaetano dice che è l’unico habitat acquatico nel quale riescono a riprodursi due specie a rischio di estinzione: il Rospo verde siciliano e il Discoglosso dipinto. In teoria due specie simili non potrebbero vivere nello stesso ambiente, poichè una prevarrebbe sull’altra determinandone l’estinzione.

“Questa è la biodiversità,” dice.

Fotografia di Riccardo Scibetta

Da allora, per gli ecologi e i naturalisti che giungono ancora da ogni parte del mondo per visitare il gorgo, il nome di Santa Rosalia è rappresentativo del tema di biodiversità.

“Ecco,” dice don Gaetano, “forse è questo l’insegnamento che ci dà Santa Rosalia oggi: dobbiamo imparare a convivere nello stesso ambiente, preferendo la solidarietà all’egoismo. Da questa cosa ne dobbiamo uscire insieme. Non uno contro l’altro.”

Testo di Giancarlo Lupo

Fotografie di Riccardo Scibetta

Di seguito la prima parte

Palermo ai tempi del Coronavirus: Santa Rosalia non si ripete?

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