La politica e la Sinistra dopo il Coronavirus

Ricostruzioni

Spunti di riflessione a cura di Marco Olivieri

La sfida di oggi richiederebbe una classe dirigente e un nucleo di pensatori all’altezza per rifondare, su basi nuove, il Socialismo democratico

 

“Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri.”  Questa citazione di Antonio Gramsci, al pari del suo invito al pessimismo della ragione e all’ottimismo della volontà, è quanto mai attuale. L’emergenza Coronavirus, dopo quella economica del 2008, ha mostrato che un impianto ideologico capitalistico può rischiare di crollare e che, soprattutto, può essere finalmente messo in discussione nelle sue radici liberiste. Tuttavia, è bene non farsi illusioni. Ciò non basta a celebrare l’avvento del sol dell’avvenire.

Come sottolinea Massimo Cacciari (Leggi qui), “la storia non ha fini. Non ci attende la terra promessa, né il suo rovescio, che è la catastrofe. Questa crisi irrompe nel mezzo di un processo già in atto da tempo e ne accelera straordinariamente i tempi. Aumenta la velocità con cui il sistema tecnico-scientifico si muove verso il centro della scena del mondo, liquidando la funzione preminente della politica e riducendo la spazio dell’autonomia del politico. La tecnica e la politica diventano un tutt’uno. Non si può dare l’una senza l’altra. Basta guardare come stanno gestendo la crisi tutti i Paesi del mondo. I capi di stato e gli scienziati: gli uni accanto agli altri. C’è chi pensa che l’arresto a cui ci ha obbligati il contagio sia un punto di svolta che può rifondare tutto, farci tornare sui nostri passi, immaginare un altro mondo possibile, costruire tutto daccapo. È un’illusione ottica. Siamo noi che ci siamo fermati, non i processi dentro cui siamo immersi da anni. (…) Se i nostri sistemi liberali non saranno capaci di salire all’altezza delle sfide di questo tempo, riorganizzando la propria vita completamente, la pagheranno cara. Lo stato d’eccezione permanente spinge verso il decisionismo. Il modello cinese si potrebbe imporre su scala mondiale. (…) L’Europa è un microbo in questo scenario planetario. Il fatto che nemmeno di fronte a una situazione del genere abbia trovato la forza di reagire in maniera unitaria – dopo l’avvertimento della crisi dei debiti sovrani e dopo l’allarme della crisi migratoria – dimostra che non ha più cervello. L’Europa che si aggrappa alla difesa dell’avanzo commerciale tedesco, oppure all’autonomia di uno Stato semi canaglia come l’Olanda, uscirà dalla crisi in una posizione ancora più subalterna, e si candida ad affidarsi alla benevolenza di questo o quell’altro impero.”

Osserva a sua volta Marco Revelli (Leggi qui): “Ho trovato sacrosanto che abbiano stanziato 400 milioni in aiuti alimentari per chi ha visto il suo reddito azzerato e ora non ha più nemmeno i soldi per fare la spesa. Ma anche qui è un cominciare. Tutta questa tragedia rivaluta il reddito di cittadinanza, che in questa fase potrebbe svolgere un ruolo fondamentale se finanziato adeguatamente”. Rischiamo di avere milioni di disoccupati (l’intervistatore Concetto Vecchio, n.d.r.). “Una massa in parte visibile e in parte invisibile. Quelli della media e grande impresa hanno una dirigenza che avrà più voce nel farsi ascoltare, e che sarà aiutata con la ricetta suggerita da Draghi: più debito pubblico. Ma gli altri – gli autonomi, le partite Iva, quelli dei lavoretti a chiamata, i riders, i precari con contratti a termine – quelli chi li difenderà? Cosa succede all’artigiano a capo di un’azienda famigliare? Per lui i due mesi di stop possono significare la morte.”

Questo significa che la sfida di oggi richiederebbe, come Sinistra a livello mondiale, una classe dirigente e un nucleo di pensatori all’altezza per rifondare, su basi nuove, il Socialismo democratico, o come lo si voglia chiamare. Nel frattempo, nel nostro angolo di provincia nazionale, assistiamo all’ennesimo arretramento sul piano del diritto dei migranti, mentre una democrazia degna di questo nome dovrebbe essere capace di coniugare le libertà e i diritti con la sicurezza e la tutela delle persone. Così si è pronunciato Filippo Miraglia (Arci) su Facebook: “Il decreto del governo che dichiara che l’Italia non è un porto sicuro per le navi che non battono bandiera italiana è del tutto incoerente e sbagliato, oltre a essere inopportuno e illegittimo. Se una o mille persone vengono salvate da una nave, devono, non possono, essere portate nel porto sicuro più vicino, chiunque le abbia salvate a prescindere dalla bandiera battente. Purtroppo, dall’inizio dell’anno al 3 aprile, sono 2677 le persone riportate nell’inferno libico dalla cosiddetta guardia costiera libica, ossia in un Paese in guerra, in condizioni sempre più disumane. La Libia sicuramente non è un porto sicuro! L’emergenza sanitaria globale che sta attraversando il pianeta non giustifica una decisione come questa.”

Dalla pagina Fb di Riccardo Magi


“Come ha recentemente ribadito l’UNHCR, le soluzioni esistono: sarebbe sufficiente fare quel che è già stato fatto, ossia predisporre adeguate misure, inclusa la quarantena, e dispositivi di sicurezza per i naufraghi e per il personale che si occupano dello sbarco e dell’accoglienza. L’Italia anche su questo terreno potrebbe chiedere sostegno economico e strutturale all’UE, anziché chiudere i porti. Non abbiamo bisogno di riportare l’orologio politico all’era salviniana. Fermatevi subito”, ha concluso il dirigente dell’Arci.

Per fortuna non tutti sono allineati e un gruppo di parlamentari ed europarlamentari ha chiesto al governo di revocare il decreto: “Pensiamo che di fronte a una situazione che, pur non registrando flussi particolarmente intensi, non esclude la necessità di impedire che le persone perdano la vita nel Mediterraneo centrale, sia necessario e possibile mettere in atto un protocollo di sicurezza che garantisca la tutela della salute e l’efficacia della battaglia contro il virus, senza pregiudicare la nostra civiltà giuridica e la sicurezza di tutti” (Annalisa Camilli, Leggi qui).

Ecco, in ambito nazionale, da quali livelli di regressione bisogna ripartire, per tacere di precariato e partite Iva, superamento della Bossi-Fini e diritti e libertà dei disperati della terra in un’Europa che tradisce spesso sé stessa.

Non sarà facile ripensare il futuro e e ne riparleremo in maniera più approfondita.

 

Marco Olivieri

 

L’immagine in copertina è tratta dalla pagina Facebook di Alexandria Ocasio-Cortez, come esempio della necessità di una nuova classe dirigente che ponga domande radicali. Una figura che si è messa in evidenza, per giunta, nei moderatissimi (quando si tratta di Socialismo e Sinistra) Stati Uniti.

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