di Ilaria Grasso
Tra il complesso delle specie vegetali, gli alberi sono forse le piante che più ci rassomigliano. Hanno rame come braccia che accogliendo aria e luce danno frutti e radici che danno stabilità. Spesso in poesia viene utilizzata la metafora dell’albero per rappresentare emozioni umane e talvolta anche dinamiche relazionali come accade anche in questa poesia. L’arbusto ha in se ha infatti caratteristiche proprie e quando è posto all’interno di una estensione di terreno piantato sembra un essere dotato dipersonalità propria ma anche un elemento di un gruppo dotato vincoli. Ciò accade grazie all’atto di osservare. In genere quando un poeta o uno scrittore descrive elementi naturali lo fa poggiando il suo sguardo sulla natura oggettiva ed emotiva delle cose. In questi versi invece, la Iacomino, utilizzando l’empatia compie un’operazione differente mettendosi in comunicazione profonda con l’albero. Immaginiamo ci sia stato uno svelamento di una qualche verità che sta lì ferma proprio come un albero nel suo terreno e di fronte alla quale è possibile rimanere fermi o fuggire.
L’albero
Guardo un albero che mi guarda
non so se la cosa avviene dall’alto o dal basso
sembra un’esperienza solida
un farsi oggetto della ritrosia
una timidezza che prende corpo.
Spero nessuno ci veda in questo scambio
io poi non so se tra le piante il guardare si propaghi
e se in uno sguardo c’è tutto il visto
ora l’albero di me sa abbastanza da lasciarmi attonita e impietrita.
Forse ha solo visto i miei piedi e aspetta ch’io mi muova.
Da DIARIO DI UN FINTO INVERNO – Edizioni Empiria