IL CICLO MITICO DI CANDRA, IL DIO LUNA a cura di Laura Liberale − 6) IV. Coppa di nettare

Il ciclo mitico di Candra, il dio Luna
di Laura Liberale

IV. Coppa di nettare

Il mese lunare hindū si divide in due quindicine: quella chiara, śuklapaka, ovvero i giorni (tithi) che vanno dalla Luna nuova alla Luna piena; quella scura, kṛṣṇapaka, ovvero i giorni dalla Luna piena alla Luna nuova. Nel novilunio (Luna nera), Luna e Sole sono in congiunzione (o, per dirla con le parole di Brahmāṇḍa-purāa, I, 2, 28, 47: ‟La Luna e il Sole sono insieme nella stessa stella, la quindicesima notte dopo Rākā [luna piena]”). Nel plenilunio, Luna e Sole sono invece in opposizione. Ricordo che il periodo siderale è la rivoluzione completa della Luna attorno alla Terra rispetto alle stelle fisse; dura 27 giorni, 7 ore, 43 minuti (in tale periodo la Luna compie anche una rotazione completa attorno al suo asse, ciò spiega perché essa rivolga alla Terra sempre lo stesso emisfero). Il periodo sinodico, o lunazione, è il tempo che la Luna impiega a tornare nella stessa posizione rispetto al Sole (ovvero l’intervallo fra due fasi lunari uguali successive), e dura 29 giorni, 12 ore, 44 minuti.
Il computo del mese lunare hindū può effettuarsi secondo due modalità: da un novilunio al successivo (sistema noto come amānta, “con la Luna nuova finale”: il mese termina con il giorno di Luna nuova, Amāvāsyā, lett.: “[la notte] della coabitazione di Sole e Luna”, oppure: “[la notte] della coabitazione della Luna con acque e piante [sulla terra]”, come apprendiamo da Śatapatha-brāhmaa, I, 6, 4, 5: ‟Il re Soma è il cibo degli dèi. Quando egli, Candramas, in tale notte non si vede né a est né a ovest, viene in questo mondo ed entra nelle acque e nelle piante. Egli è cibo e ricchezza degli dèi. In tale notte egli coabita [con acque e piante], perciò essa è detta Amāvāsyā”); da un plenilunio al successivo (sistema noto come pūrimānta, “con la Luna piena finale”: il mese termina con il giorno di Luna piena, Pūrṇimā).
Rākā (dalla radice verbale , “dare”; o rañj, “deliziare/deliziarsi”) è la personificazione divina del giorno effettivo di Luna piena.
Anumatī (dalla radice verbale anu-man, “approvare”, dunque, letteralmente, “approvazione”) è la personificazione della Luna piena nel quattordicesimo giorno della metà chiara (quando manca un solo digito).
Sinīvālī (d’incerta derivazione: «Sina è il cibo; esso rafforza le creature; vāla è un periodo, da vṛ, “coprire”; quindi: “ricca di cibo in quel [periodo]”; oppure vālinī, “dotata di peli/capelli”; oppure [è così detta poiché] la Luna, a causa della sua piccolezza [in tale periodo], va venerata con un capello», Nirukta, XI, 31) è la personificazione divina della Luna nuova nel quattordicesimo giorno della metà scura.
Kuhū (dalla radice verbale guh, “celare”) è la personificazione della Luna nuova nel primo giorno della metà seguente.
Le narrazioni mitiche delle gesta divine si alternano ad altre in cui la Luna, da dio, torna ad essere, cosmicamente, l’astro-coppa d’ambrosia la cui crescita e decrescita è attribuibile al consumo periodico da parte di dèi e antenati:

[Nella metà scura del mese, quando] Soma viene consumato dagli dèi, il Sole lo riempie costantemente con un unico raggio chiamato Suumna. Questo corpo di Soma è riempito gradualmente dall’energia di Sūrya, e nel giorno di Luna Piena lo si vede colmo. Poiché si nutrono di nettare, gli dèi bevono la Luna piena essenziata di ambrosia nel corso di mezzo mese. Quando ne resta un quindicesimo, nella misura di un solo digito, le moltitudini di antenati condividono l’ultima parte nel pomeriggio. Bevono in due attimi il digito residuo della Luna. Esso è fatto di nettare ed è sacro. Assumendo nel giorno di Luna Nuova il nettare detto Svadhā, scaturito dai raggi, gli antenati vengono appagati per un mese. O venerabilissimi, non v’è distruzione di Soma. Il nettare è bevuto dagli dèi. Dunque la crescita e la decrescita della Luna è da attribuirsi al Sole.[1]

A cominciare dal secondo giorno [della metà scura] fino al quattordicesimo, gli dèi bevono il nettare liquido di Soma – il quale è fatto dell’essenza delle acque ed è del tutto succoso – e si appagano. È grazie allo splendore del Sole che il nettare viene raccolto nel corso di mezzo mese. Il nettare è il loro cibo. Da tutti gli dèi, dagli antenati, assieme ai veggenti, Soma viene raggiunto in una notte, nel giorno di Luna piena. All’inizio della metà scura, bevute da antenati e dèi, le kalā [i digiti] di Soma, che fronteggia il Sole, gradualmente si riducono (…) Le kalā scure di Colui che da quelli è bevuto aumentano. Di conseguenza le kalā chiare si riducono e quelle scure crescono. Così, giorno dopo giorno, il Facitore della notte è consumato dagli dèi. Dopo aver bevuto per mezzo mese, gli eccellenti dèi se ne vanno nel giorno di Luna nuova. Gli antenati ricorrono al Facitore della notte nel giorno di Luna nuova. Allora il quindicesimo giorno, quando le kalā sono ridotte al minimo, il gruppo degli antenati attinge l’ultimo residuo nel pomeriggio. In due attimi essi bevono ciò che resta delle kalā lunari. Il nettare di Svadhā è stillato dai raggi nel giorno di Luna nuova. Dopo aver bevuto quella Svadhā, per il loro appagamento mensile, se ne vanno.[2]

Il rapporto tra Luna e antenati è molto antico.
Le Upaniad fanno riferimento al duplice cammino del defunto nelle sfere dell’aldilà. I sapienti, coloro che hanno attinto la verità, entrano nella fiamma della pira funebre; dalla fiamma passano nel giorno, dal giorno nella quindicina di Luna crescente, dalla quindicina di Luna crescente nei sei mesi del corso settentrionale del Sole, dai sei mesi nell’anno, dall’anno nel Sole, dal Sole nella Luna, dalla Luna nella folgore, dalla folgore nel supremo Brahman. Questa è la via degli dèi, priva di ritorno.
Coloro che, invece, in vita si sono dedicati ai sacrifici e alle opere di bene percorrono il sentiero che dal fumo del rogo entra nella notte, dalla notte nella quindicina di Luna calante, dalla quindicina di Luna calante nei sei mesi del corso meridionale del Sole, dai sei mesi nel mondo degli antenati, dal mondo degli antenati allo spazio etereo, dallo spazio etereo alla Luna:

La Luna è il re Soma, ed egli è il cibo degli dèi; gli dèi si nutrono di esso. Dopo aver dimorato lì finché possibile, essi ritornano lungo quel cammino fino allo spazio etereo; dallo spazio etereo nel vento, divenuto vento, uno diventa fumo; divenuto fumo, diventa nebbia; divenuto nebbia, diventa nube; divenuto nube, piove. Sulla terra nascono come riso e orzo, piante e alberi, sesamo e legumi. Invero l’uscita è ardua [da tale stato]. Solo se vi è chi mangia il cibo ed effonde lo sperma, essi avanzano [nel ciclo]. Coloro che qui tengono una buona condotta possono attingere una buona matrice, sacerdotale, reale o del popolo. Quelli che qui tengono una condotta disprezzabile attingeranno una matrice disprezzabile, di cagna, scrofa o fuori casta.[3]

Ricordo infine che nell’astrologia hindū la Luna crescente è considerata naturalmente benefica, mentre la Luna calante naturalmente malefica. L’influsso lunare dipende da tutta una serie di variabili astronomiche/astrologiche su cui è impossibile soffermarsi qui. Riporto solo, a titolo di esempio, un breve passo:

La Luna con la cuspide meridionale più alta [di quella settentrionale] è benefica nei segni Pesci e Ariete. In Gemelli e Capricorno è benefica se con la cuspide settentrionale più alta [di quella meridionale] (…) La Luna dall’orbe ampio è apportatrice di abbondanza di cibo. La Luna dall’orbe ridotto [indica] perdita. Se [si presenta] a faccia in giù [prefigura] una minaccia di armi; se simile a un bastone: una disputa.[4]

Laura Liberale

[1] Kūrma-purāa, I, 43, 35-41.
[2] Brahmāṇḍa-purāa, I, 2, 23, 59 ss.
[3] Chāndogya-upaniad, V, 10, 4 ss.
[4] Nārada-purāa, II, 56, 18 e 25-26.

In copertina: il mitico frullamento dell’oceano.

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