IL CICLO MITICO DI CANDRA, IL DIO LUNA a cura di Laura Liberale − 3) II. Spose trascurate e spose rubate

Il ciclo mitico di Candra, il dio Luna
di Laura Liberale

II. Spose trascurate e spose rubate

II.1 Le figlie di Dakṣa (segue)

La maledizione di Dakṣa, presiedendo Candra alla fecondità universale, ha dunque un’inevitabile ripercussione sul mondo e ne mette a repentaglio il benessere.
In Brahmavaivarta-purāa, I, 9, 49 ss., leggiamo invece l’epilogo che chiama esplicitamente in causa Śiva come salvatore di Candra.

Candra si consumava, giorno dopo giorno [in seguito alla maledizione di Dakṣa]. Col corpo ridotto a metà, consunto e afflitto, cercò rifugio presso Śakara [Śiva il Benefattore]. Vedutolo così ridotto, in cerca di protezione, Śakara, Oceano di compassione, gli diede pietosamente conforto. Liberatolo dalla consunzione, gli concesse un posto sulla sua testa. Candra, ormai privo di paura, si stabilì sulla sommità del capo di Śiva, e questi, avendolo ivi collocato, diventò Candraśekhara, Colui che sulla testa ha Candra.

Allora le ventisette figlie di Dakṣa si recano di nuovo dal padre per riottenere l’amato sposo. Dakṣa minaccia di maledire Śiva, qualora si ostini a non restituirgli il genero, ma il dio, con voce dolce come nettare risponde:

“Riducimi in cenere o maledicimi, ma io non posso darti Candra, rifugiatosi in me!”
Udite le parole di Śiva, Daka cominciò a maledirlo, ma il dio ricordò Govinda [Kṛṣṇa il Mandriano], l’Artefice della liberazione dalle calamità. In quel mentre, assunta la forma di un vecchio brahmano, Kṛṣṇa giunse dai due.

Kṛṣṇa consiglia a Śiva di sottomettersi al volere di Dakṣa, ma egli continua a rifiutarsi di tradire la speranza di chi ha cercato la sua protezione. Si decide così di lasciare metà Luna – libera dalla consunzione – sul capo di Śiva e di riconsegnare a Dakṣa l’altra metà, che sarà appunto condannata a decrescere per mezzo mese.
La versione di Skanda-purāa, V, ii, 26, 1 ss. è invece interessante almeno per due motivi. Intanto per la presenza di “due” Candra: l’uno, maledetto da Dakṣa e costretto a scomparire, l’altro, sostituto del precedente, fatto sorgere dallo sbattimento dell’oceano di latte, conformemente al mito della doppia nascita della Luna. In secondo luogo perché, come spesso accade nei Purāa, il racconto è “adattato” allo scopo di celebrare un luogo santo:

Daka aveva ventisette figlie. Esse sono conosciute come le spose di Soma. Fra loro la principale era Rohiī. Udimmo che Soma godeva di lei soltanto e non delle altre. Queste, dopo essersi recate al cospetto di Daka, riferirono lo stato delle cose. Daka, allora, andò da lui e lo rimproverò. Soma non fece [ciò che doveva]. Quando, seppur avvisato, egli non fu fermo [nella sua condotta], Daka s’infuriò. Adirato, maledì Soma: “Che tu scompaia presto!”.
Così maledetto, egli invero scomparve. Allora Soma maledì a sua volta Daka: “Anche tu! Privato della condizione della molteplicità, il tuo sarà un eterno corpo acqueo” (…) Così, maledetto da Daka, Soma scomparve. Dèi, serpenti, geni, musici celesti, insieme con gli antenati, si recarono da Brahmā, alla sua dimora. Dopo essersi prosternati ripetutamente, dissero: “O glorioso Signore, sei l’Autogeno, l’Artefice primo di tutti gli esseri viventi (…) Proteggici, noi che abbiamo preso rifugio in Te!”. Udito e compreso il discorso degli dèi, il dio Brahmā-Prajāpati consolò gli dèi con parole esaurienti. “O Dèi in numero di trenta, egli deve necessariamente cogliere il frutto della sua azione. La fine della maledizione potrà giungere solo dal glorioso dio Viṣṇu”.
Ecco che allora, avendo ascoltato il discorso di Colui che è nato dal loto, gli dèi, liberati dall’afflizione, cercarono rifugio in Viṣṇu, Colui che è degno d’essere rifugio. Accompagnati da Brahmā, levarono la loro lode con mente assorta: “Omaggio a Te, Signore dei migliori fra gli dèi, omaggio a Te, Creatore dell’universo! Sia omaggio a Te, Grande Maschio primordiale, Nārāyaa, Signore dell’universo! Gli dèi hanno preso rifugio in Te. Invero Tu sei il nostro supremo Oggetto di meditazione, invero il nostro supremo Guru, invero il nostro – di Brahmā e gli altri – supremo Dio, o Primo fra gli dèi! Soma è scomparso perché maledetto da Daka, o Stimolatore degli uomini e, a causa della sua assenza, le piante sulla terra sono perite, o Dio!”.
Udite le loro parole, Viṣṇu disse: “Liberatevi dal timore, o Immortali! Vi accordo [il dono] dell’assenza di paura. Riporterò subito indietro lo scomparso Candramas, senza alcun dubbio. Avendo così parlato, Colui che reca la conchiglia, il disco e la mazza, il glorioso Signore, immediatamente dopo aver congedato la divina Trentina, richiamò alla mente Soma, e quando quegli non giunse, nemmeno dopo essere stato ricordato, si adirò. Il Dio, Maschio primordiale, disse a Brahmā: “Che dagli dèi e dalle moltitudini dei demoni venga sbattuto l’oceano! Allorquando sarà sbattuto, Candra apparirà di nuovo. In tale occasione otterrete anche il nettare dell’immortalità e svariati gioielli”.
All’udire quelle parole, dopo aver fatto del monte Mandara un bastone da zangola e del serpente Vāsuki una corda, allo scopo di riavere Soma, gli dèi cominciarono a sbattere l’oceano, ricettacolo di acque, e così pure i demoni (…) In quell’oceano così sbattuto con l’impegno di Viṣṇu sorse, splendente, Soma dai raggi bianchi e dalla natura gentile. Gli dèi, gli uomini, gli antenati, gli alberi e così pure le piante medicinali dipendono da lui, il Solitario, per la loro sussistenza. Allora, avendolo visto rinascere, il glorioso Viṣṇu disse: “O Candra, proteggi questi esseri! Che Tu sia il Primo dell’universo!”. Così a Śaśin venne detto da Viṣṇu di proteggere le creature.
Precedentemente, lo scomparso Soma era penetrato in una fitta foresta. Nārada gli raccontò subito tutto. Udito il discorso del magnanimo saggio divino Nārada, Soma, che era afflitto dalla maledizione di Daka ed era scomparso, prese rifugio in Brahmā. Dopo essersi colà recato, con voce rotta, il primo Candra raccontò della maledizione. Udito quel discorso, Brahmā disse: “Questo mio primo figlio è stato fortemente afflitto da Śaśin. Che cosa devo fare con quello nuovo sorto dall’oceano? Da Viṣṇu è stata accordata un’enorme forza a quel Candramas. Andrò dunque là dove si trova il dio”.
Una volta veduto Viṣṇu, l’Uccisore di Madhu, Brahmā gli disse: “Su tuo ordine è stato da me creato questo Candra, o Jagannātha. Egli è afflitto a causa del nuovo Portatore del segno della lepre, o Dio”. Così fu detto da Brahmā, e allora Viṣṇu, il Signore dell’universo, narrò ripetutamente l’accaduto a Brahmā. Quest’ultimo, nell’interesse del primo Candra, dopo essersi inchinato e aver giunto le mani nel segno d’omaggio, celebrò Viṣṇu, Colui dinnanzi al quale il mondo intero si prosterna (…) Allora, così lodato da Brahmā, l’Artefice dell’universo, Viṣṇu guardò Soma, che stava lì vicino, e disse: “O Soma, su mio ordine recati all’eminente foresta di Śiva-Mahākāla. A nord del Muktiliga v’è un liga[1] di estremo fulgore. Propizialo strenuamente! Esso ti accorderà un corpo”. Così fu detto ripetutamente da Viṣṇu e da Brahmā, e quindi Soma giunse all’eminente foresta. Dopo aver veduto il liga, levò il suo inno di lode a Śiva (…) Così lodato da quel Candra che era scomparso, il gran Dio in forma di liga, appagato, pronunciò il seguente discorso: “Sono compiaciuto da questo inno di lode. Dimmi, o Soma, cosa desideri. Non v’è dubbio che io sarò l’artefice di ciò che da te è desiderato”. Soma disse: “Se sono davvero degno di ricevere favori, o Signore, se Tu sei compiaciuto di me, per grazia tua desidero svolgere il mio compito con forma fisica, splendore, luminosità e bellezza, o grande Signore!”. Immediatamente il liga [disse:] “Così sia, o Facitore della notte”. Quanto [richiesto] fu ottenuto grazie al favore di questo liga. Poiché propiziato da Soma, il Dio degli dèi è quindi diventato famoso nel trimundio con il nome di Someśvara [‟Signore di Soma”].

La maledizione di Dakṣa ha un’altra conseguenza oltre la consunzione, ovvero il sorgere delle macchie a forma di lepre sul “corpo” lunare. Spesso, però, le fonti collegano miticamente tali macchie all’episodio del rapimento di Tārā, e questo rapimento sarà il nostro prossimo tema.

Laura Liberale

[1] È il simbolo fallico di Śiva, come asse del mondo e potere creativo.

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In copertina: Śiva.

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