L’InVerso Fotografico di oggi è incentrato sul tema del ricordo. Operazione imprescindibile di rielaborazione del passato affinché il presente possa radicarsi e il futuro attecchire e germogliare. I ricordi di un fotografo e di un poeta si susseguono senza scansione temporale, secondo gerarchie imprevedibili si contraddicono. Si mescolano cosi da risultare confusi, non attendibili. Perché non c’è linearità nella percezione del passato, la mente distorce secondo la necessità del presente. Ognuno costruisce il proprio diorama lavorando di forbici, colla, vecchie foto e locandine a creare nuovi desideri.
E’ una trama di paure e nostalgie, paesaggi onirici, personaggi immaginari, emozioni sfumate e rarefatte quella rappresentata da Ayumi Tanaka. Sembrano ombre cinesi ma in realtà sono fotografie. Utilizza vecchi album di famiglia, negativi e oggetti di uso comune per costruire i diversi livelli di un diorama che infine verrà fotografato. La sua tela è la pellicola trasparente su cui sovrappone strati e materiali diversi, fino a comporre una storia personale: la favola dell’infanzia, un non luogo della fantasia fatto di pura emozione. Se la fotografia solitamente si propone di fissare nel presente un momento o un’emozione particolare, Ayumi Tanaka usa la fotografia per ricostruire i ricordi perduti della propria infanzia.
Nella pratica, decostruire e ricomporre fotografie sono azioni fondamentali per rivisitare l’infanzia dell’artista. I set tridimensionali sono realizzati temporaneamente giusto il tempo necessario a scattare la fotografia, resi fragili dalla presenza di materiali deperibili quali carta e fogli di alluminio.
Il fallimento, padre, di queste mani / che schermano tramonti e la vergogna / per un altro giorno; dell’amore / alla fine, che muore.
Pietro Russo l’ho scelto perché nelle sue poesie ho intravisto la stessa tecnica del diorama, frammenti di ricordi più o meno reconditi sovrapposti a formare una nuova immagine che è quella che il poeta da di se agli altri e a se stesso. L’uomo, il ragazzo, il padre, il poeta, il professore, lo studente sono solo alcune tessere di un mosaico ben più complesso che a tratti l’autore lascia scorgere tra le righe di confessioni a mani giunte, resoconti che non sempre quadrano col tempo trascorso e quello ancora a venire. Le aspirazioni, i fallimenti inevitabili, le conquiste frutto del coraggio di sbagliare. Quello che mi colpisce delle poesie di Pietro è il dolore, il disincanto, il peso dei ricordi che tiene nascosto agli occhi.
Nodi
Ma cos’è, poi, la memoria? Arriva dalle regioni del cervello
E poi se ne ritorna indietro.
(Durs Grünbein)
La memoria rigenera mostri, non redime
la storia non ne conosce gli scarti, non può
abbandonarsi alle strozzature in cui
si sfogliano uno dopo l’altro i giorni.
Per questo faccio due nodi alla polvere.
Ma quel neonato richiamalo quanto vuoi,
è un’altra ombra e basta, un solo impasto
con i suoi aguzzini, un gruppo
nemmeno d’aria che si aggrega per poi
sfarsi in un dopopranzo del secolo scorso
torrido e indolente, prettamente mediterraneo
nella casa al mare, che è ragionevole supporre
non sia mai esistito davvero.
*
Niente giustificazioni
Siete lì, uno per uno vi riconosco
sulle tre file. I professori di greco e scienze
seduti al centro, quella di matematica
la prima in alto a sinistra. Siete tutti così belli.
Di mio c’è solo il nome aggiunto a penna
e, tra parentesi, “assente”. Stornato
da milioni di sirene subito zittite, subito
redento, “salute” o “motivi di famiglia”
con scarsa fantasia di sicuro
avrò scritto sul libretto delle giustificazioni. Ma
retrocedendo, quasi una sola cosa
con il muro freddo anche appiattendomi
non c’è scampo dalla sola domanda, l’unica
che fingerò di non sentire: «Ma tu dov’eri, papà?»
*
Aspetta. Il corpo però
non esita mai. Sangue che chiama
l’idiozia degli occhi. Guarda
la piena dei volti, cosa mi dici?
Cosa dice il corpo che non smette, cede
alla paura dei venti entrati come anni, cosa
dicono i sintomi, questa sera, non lo sappiamo.
Però aspetta, se vuoi. Non tardare.
Di questo avrei voluto parlarti
con il fiato a pezzi del pugile, faccia
contro faccia nella congiuntura
ripetuta e sempre persa, dirti è tutto vero
che c’è un silenzio più grande dei nostri anni
e che il cielo è sempre uguale
e le rondini non muoiono dopo l’estate
se ci credi. Senti? Gli anni luce
si radunano nella maniglia
e non ha oracoli la buganvillea ma lo stesso chiedi
la strada del mare se è mare o un’idea
dietro i palazzi o l’assedio
nelle tempie. Apri la finestra,
lascia parlare i venti, lascia che parlino.
Biografie
Ayumi Tanaka è un’artista giapponese di nascita, vive e lavora a New York City. Ha trascorso la sua infanzia in un piccolo villaggio chiamato “Oda”, con una popolazione di circa 3.500 persone, situato in zona di montagna nel distretto di Shikoku, nel sud della parte occidentale del Giappone. Come risultato dello spopolamento, la città “Oda” è stata fusa con la città di “Uchiko, il nome della città scomparve dalla mappe ufficiali nel 2005.
“Mentre cerco di rintracciare il ricordo, mi imbatto in frammenti surreali e confusi, questo mi obbliga a confrontarmi con emozioni rudimentali, come il piacere, paura e desiderio, il sentire astratto, inspiegabile dei bambini“.
Ha ricevuto un BFA dalla Osaka University of Arts in Giappone nel 2003 e ha studiato presso il Centro Internazionale di Fotografia nel 2010. Il suo lavoro è stato esposto a livello internazionale in mostre presso la United Photo Industries Gallery di New York, Tokyo Institute of Photography di Tokyo in Giappone, 25 CPW Gallery di New York, Pictura Gallery di Bloomington IN, Dumbo Arts Festival 2011 a New York, il Look3 festival of the Photographs 2012 e Athens Photo Festival 2015. Il suo lavoro è stato pubblicato in numerose riviste anche sul New York Times, Blow Foto (Dublino, Irlanda), Phat Foto (Tokyo, Giappone), Lettre International (Beriln, Germania), LensCulture, GUP Magazine, Featureshoot. A Tanaka è stato assegnato l’International Center of Photography Direttore Fellowship nel 2010 (New York), il Gran Premio al Tokyo al Concorso Internazionale di Fotografia 2013 (Tokyo, New York), Photolucida Critical Mass Top 50 and Feature Shoot Emerging Photography Award 2014. A novembre 2015 il New York Times a pubblicato la serie “WISH YOU WERE HERE”.
Pietro Russo vive a Catania dove insegna materie letterarie nei licei e negli istituti tecnici e professionali, nonché Italiano a stranieri presso il comitato di Catania della Società Dante Alighieri, di cui è anche responsabile delle attività culturali. Collabora con varie testate cartacee e online con articoli di critica e recensioni letterarie. Nel 2013 ha pubblicato il saggio La memoria e lo specchio. Parole del Petrarca nella poesia di Sereni. È segretario del Centro di Poesia Contemporanea di Catania che ha fondato nel 2014 insieme ad alcuni amici e colleghi. Alcune sue poesie sono apparse sul web e in varie antologie.
L’ha ribloggato su Cinzia Accetta.