TAT − WE ARE BUT ONE a cura di Laura Liberale − 10) I love you, I know

TAT (WE ARE BUT ONE)

—–Messaggio originale—–
Da: Laura Liberale
A: Claudia Boscolo

Oggetto: I love you, I know

 

Bisogna che questo corpo esploda, vada in ogni direzione, parta alla conquista degli spazi, di terre nuove
Gina Pane

I love you as I fall apartI love you and your secret heartI love you every single dayI love it when I hear you sayHave mercyHave mercyLalalalaHave mercy on meI love you I doAnd I love it when you turn me downI love it even in your townI love you every single dayI love it every single wayYou love me and I love youThese are the things we want to doHave mercyHave mercyLalalalaHave mercy on meI love you I doIn nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti amenAnd I love it when you turn me down I love it even when you frownAnd I love it when you kiss meI love it when you kiss meHave mercyHave mercyLalalalaHave mercy on meI love youI love you I doAnd I love you every single dayI love you every time you sayYou are the one who makes me freeYou are the one who understands meLove me oh love me oh love me againLove me oh love me and be my friendI love you I really doI love you you know it’s trueYou are the one who makes me smileYou are the one who stays awhileThink of me and I’ll let you goThink of me and I’ll try to knowHave mercyHave mercyLalalalaHave mercy on meI love you I doAnd I love you every single dayI love you even when you playYou are the one who makes me sayYou are the one who wants to be freeLove me oh love me oh love me againLove me oh love me and be my friendI love you oh yes I doI’m the one who tries to be trueContent me content me embrace me nowContent me content me anyhowYou are the one who makes me smileYou are the one who stays awhileHave mercyHave mercyLalalalaHave mercy on meI love you

Papal Breakdance, Psychic TV3
(dall’album Mr. Alien Brain vs. The Skinwalkers)

 

Nel video c’è un ring. Sul ring, tra femmine e maschi di dubbia avvenenza, sono in dieci, più ovviamente SHe, Genesis P-Orridge.
Le femmine hanno maglie a strisce e tutù rossi. I maschi indossano costumini retrò da inizi del secolo scorso. SHe è in bianco minimale Twiggy-style, a seno sciolto e ammiccante, fulgidAO d’oro a denti e collo.
I dieci realizzano buffe coreografie tra il circo, la balera, il luna park, il carillon e la società canottieri, e in mezzo a loro, un po’ barcollante, tutt’occhi e bocca, s’aggira, cantando, SHe.
Papal Breakdance vuole essere un pezzo allegro, ironico (fin dal titolo), solare, con quei campionamenti di batteria così anni ’80 e quella melodia facile facile. Il testo è quel che è. Parrebbe, tanto per dire, l’esordio da paroliere in inglese di un quindicenne italiano, ma è proprio questo – sapendo che la dedicataria della canzone, nonché dell’intero album (uscito il 9 ottobre del 2008, primo anniversario di morte) è naturalmente Lady Jaye – a piacere. Piace il fatto che a tanta giocosa naïveté dance sia stato concesso di entrare comunque a far parte, quasi fuori luogo, di un album simile, come a controbilanciarne l’intensità dolente.
“Have mercy on meI love you.”
Puntuale, due tracce dopo, la “controdedica” di Jaye, dalla sua bella, profondissima voce “postuma”: I’m making a mirror, una poesia d’amore scritta per Genesis.
Penultima traccia dell’album l’ipnotica I love you I know: Genesis e Jaye insieme, a reiterare quell’unico, fondamentale messaggio.
Ti amo. Lo so.    

“SHe is here He is her”
(da In Thee Body, Psychic TV3, album Hell is Invisible Heaven is Here, 2007)

 

Senza titolo

 

 

Lasciandosi dietro le rade luci della baia, corrono nudi verso l’oceano, verso la luna piena bassa all’orizzonte.
Le cavigliere indiane di lei tintinnano nella corsa, venti sonagli che serviranno ad annunciarli. In mano stringe il collo di una bottiglia.
I dreadlocks di lui sono tempestati di perline e dei pezzetti bianchi di conchiglia che lei ha raccolto sulla spiaggia e gli ha infilato tra i capelli.
L’acqua è fredda, ma non così fredda, e appena increspata. Si immergono fino alle cosce.
Canta, gli dice lei tremando. Dobbiamo farci sentire.
Che cosa? chiede lui abbracciandola con il braccio sano.
Qualsiasi cosa, ma forte.
Lui comincia a starnazzare dei vocalizzi.
Lo sapevo. Lei rovescia gli occhi, poi ride.    
Hai detto qualsiasi cosa.
Un’ultima volta, e che sia finita!
I KISSED YOU ON THE LIPS ONCE MORE AND WE SAID GOODBYE JUST ADORING THE NIGHTTIME YEAH THAT’S THE RIGHT TIME TO FEEL THE WAY THAT YOUNG LOVERS DO!
La strofa non è un problema, no. Lui la canta più o meno come nell’originale. Il problema sono quei tremendi e comici acuti, esasperati apposta per lei, con cui cerca d’imitare l’angelo dell’East Village che alcune sere prima li ha folgorati con la sua voce in quell’incredibile, ineffabile cover[1].
OH BABY BABY I LOOOOOOVE YOU!
Ok, Lei ti ha sentito di sicuro, ora basta!
THE WAY YOUNG LOVERS DO THE WAY YOUNG LOVERS DO THE WAY YOUNG LOVERS DO THE WAY YOUNG LOVERS DO!
Sulla scia dell’ultimo DO lui solleva il braccio e fa navigare in aria la barchetta di latta colorata, poi si getta sul collo di lei e glielo bacia.
Lo champagne, Gen. Piegati.
Obbedisco, Bunny.  
Versandogli il vino sulla testa, lei dice:
Yemaya, Madre delle Acque, Signora delle correnti, Dea della luna, dei venti, dei coralli, degli squali e… dei cavallucci marini…
… Cavallucci marini…
Shhh!… Dea dei cavallucci marini, veglia sul mio amore per lui e sul suo amore per me! Ora possiamo bere.
Beviamo.
Un colpo di vento improvviso. Vento caldo.
Si baciano e mescolano il vino nelle bocche, senza accorgersi dell’onda che rotola da lontano, ingrossando a poco a poco. La vedono quand’ormai non è più onda ma Donna, un’enorme Femmina che sorge dall’acqua davanti a loro.
I capelli sono un groviglio di lucide alghe scure e gli occhi due gorghi neri. La pelle blu è avvolta in sette veli ondosi cangianti ai raggi lunari, in una mano stringe un machete, l’altra è appoggiata sulla testa di una gigantesca foca.
Presto, Gen, la barca! Dalle la barca! urla lei.
Lui lancia la barchetta di latta verso la Dea. È l’offerta, il dono che ingenuamente pensavano di poter abbandonare in tutta calma alla corrente.
Yemaya immerge il machete e lentamente comincia a rimestare, ridendo. Il livello dell’acqua si alza mulinando, e il vortice li tira giù. Lui, impedito nei movimenti dal gesso al braccio, non ce la fa a riemergere da solo. Lei lo cerca, lo afferra e lo perde di nuovo, esce a prender aria, poi ancora dentro, sotto, fino a ghermirgli il braccio buono e tirare, tirare. È mio! grida. È solo mio!
Quando finalmente raggiungono la riva, lei guarda l’oceano, ora soltanto increspato come prima, poi lui ansante tra le sue braccia.
Tu sei mio. Di nessun altro. Mai più, gli dice.

[1] Si tratta di Jeff Buckley.

Laura Liberale

In copertina: Genesis Breyer P-Orridge

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