Poesie da L’assedio di Famagosta di Guglielmo Aprile

Rigurgita lo sgabuzzino

di bambole infette, di statue

imbrattate da scritte

oscene, di farine

guaste, di orci tarlati;

 

nel buio in agguato, distinguere

non si può buche, né

sporgenze aguzze. Voci

strane ne escono, buffe

o fameliche: risa

sguaiate di vecchie, grotteschi

vocalizzi di guitti

che imitano animali;

ma come smorzate, sporadiche.

 

Non metto piede in quella

stanza chiusa: non oso, e da tanto,

sfidare i suoi recessi,

discendere la scricchiolante

scala, non ho lucerne

né scorta, se mai mi facessi

coraggio ad affrontare

faccia a faccia il bizzarro

inquilino che sento

al piano di sotto armeggiare.

 

 

 

Quando la folla somiglia

a una ragnatela di ghiaccio e le strade

masticano i miei passi

e il re calza al proprio anulare

l’anello nero

 

mi ritrovo

nel cortile dell’asilo,

con i suoi alberi di nebbia,

il suo scivolo capovolto, a zampe all’aria,

e i suoi cannibali in grembiule azzurro;

 

è lì che torno, dove

ebbe inizio il mio esilio: le colombe

dal palmo delle mie mani, all’unisono,

dileguarono: e fui scaraventato

per la prima volta nel mondo,

 

muro dentato, assassino di gigli.

 

Guglielmo Aprile, L’assedio di Famagosta, Lietocolle, 2015

 

Guglielmo Aprile è nato a Napoli nel 1979. Attualmente vive e lavora a Verona. Ha pubblicato le raccolte di poesia: Il Dio che vaga col vento, Puntoacapo, Nessun mattino sarà mai l’ultimo, Zone, Primavera indomabile danza, Oedipus. Ha collaborato con le riviste: La Mosca di Milano, Capoverso, Italian Poetry Review con recensioni e note letterarie. Rilevanti i saggi critici su Campana, Lorca, Eliot, Thomas, Yeats e altri. Collaborazioni con le riviste accademiche Testo e Critica Letteraria attraverso studi approfonditi su Luzi, Boccaccio, D’Annunzio e Marino.

 

 

 

 

 

 

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