Si chiamava Carlo anche il mio Carlo
diciassette anni e un colpo di fucile da sotto il mento
il giorno del funerale la chiesa era piena di dolore
un dolore giovane, un’intera generazione
sono passati ventisei anni da quello sparo
la metà per l’altro Carlo, quello di tutti
quello che gli intitolano una piazza
per cancellare il sangue dalla coscienza di Stato
Passano gli anni, aumentano i vuoti
di Carlo in Carlo, di gioia in dolore.
Se nasce un figlio tu non dargli mai il suo nome
non dargli neanche il mio qualora fosse una bambina
questo mondo si apre e si chiude
nel vagito di un travaglio interiore
e a nulla importa chi mantenga la traccia
l’ombra veritiera di una vergogna, di una memoria.
perdonatemi, non è una gran poesia e solitamente evito di mettere cose mie su Carteggi Letterari, ma questo è un giorno particolare per me che si ripete da ventisei anni e ci tenevo a dire a Carlo che non è mai stato dimenticato.
L’ha ribloggato su GIOVANNI ABBATE.