"La terra dei santi"

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Il film “La terra dei santi” racconta la ‘ndrangheta da una prospettiva nuova. Nell’opera prima del calabrese Fernando Muraca si assiste alla contrapposizione tra una magistrata coraggiosa, interpretata da Valeria Solarino, e un mondo chiuso e disumano dove due sorelle, impersonate da Lorenza Indovina e Daniela Marra, condividono regole feroci e familismo criminale. Prodotto dall’indipendente Kinesis Film e girato grazie all’Apulia Film Commission, con il set in Puglia, nonostante l’ambientazione calabrese, “La terra dei santi” si interroga sulla necessità, oggi tema di dibattito in ambito politico, se lo Stato debba togliere la patria potestà ai genitori appartenenti alle organizzazioni mafiose.

Prendendo spunto dal suo primo romanzo, “Il cielo a metà”, la sceneggiatrice Monica Zapelli (“I cento passi”) ha scritto con il regista un racconto che offre punti di vista interessanti e inediti, tra condizione femminile e regole ataviche di un Sud refrattario a ogni svolta legalitaria. Presentato a Messina, nella sala Fasola – dallo storico del cinema Nino Genovese, dal giornalista Massimiliano Cavaleri e da uno dei protagonisti, Ninni Bruschetta, nel ruolo di un commissario che protegge giorno e notte l’inflessibile giudice Solarino – il film merita di essere visto e tiene bene il ritmo.

Da segnalare alcune soluzioni registiche convincenti, la fotografia curata di Federico Annichiarico,  qualche passaggio narrativo felice e un buon cast. Tuttavia, alcune scelte visive e parecchi dialoghi si mantengono lontani da un respiro cinematografico più profondo e rendono meno interessante l’impianto realistico. In determinati momenti, sembra prevalere un modello narrativo che sacrifica sfumature e sottigliezze. Non è più la “terra dei santi”, la Calabria, ma da “Anime nere” in poi si sta affermando come nuovo scenario cinematografico adatto per raccontare un Meridione prigioniero del disastro.

  Marco Olivieri   Dal settimanale “Centonove” del 2 aprile 2015

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