D’Alema legge libri, Renzi i tweet

«Io faccio sicuramente una cosa contro il Pd: leggo molti libri, al contrario del nostro partito che prevede soltanto la lettura dei tweet». Così Massimo D’Alema davanti ad un platea affollata di almeno 200 persone, alla festa Pd di Campagnola di giovedì sera (Gazzetta di Reggio, 15 luglio 2016).

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(D’Alema e Renzi nel 2014)

Ormai non c’è giorno che Massimo D’Alema non lanci una frecciatina a Matteo Renzi. Il leader Maximo è in guerra aperta, senza esclusioni di colpi: dalla critica del risultato delle amministrative al dichiarare di fare campagna per il No al referendum sul Senato, dal mettere Renzi in relazione all’insider trading di banca Etruria al dire apertamente che non può ricoprire contemporaneamente la carica di presidente del consiglio e segretario del Pd.

Mi diverte la guerra che il compagno D’Alema sta facendo a Renzi. Ha tutte le ragioni, a mio parere, sia chiaro, nel dire No al referendum, nel criticare la linea del Pd e il doppio incarico di premier e capo partito, e nel mettere in evidenza i problemi dell’entità Renzi-Boschi con le banche. Anche se, quando si arriva a sospettare il capo del proprio partito di giri loschi con le banche, occorrerebbe divorziare in modo chiaro (un comunista vero non  avrebbe mai criticato il suo segretario in quei termini).

Ma D’Alema non riesce a staccarsi da Renzi e dal Pd, e questo per la contiguità di fondo che unisce il loro operato: Renzi e D’Alema sono uniti dal detenere la principale responsabilità della fine della sinistra italiana.

La sinistra ex comunista ha abdicato al suo ruolo già negli anni Novanta: mentre falliva la Dc si è appiattita sugli ex democristiani (Prodi) che hanno fatto una discutibile politica di austerity (ora ce ne rendiamo conto) e non si sono battuti contro la corruzione e la casta politica, allontanando così l’elettorato di sinistra (che prima si rifugiava nell’IdV, ora nel M5s). Poi D’Alema e Veltroni (semplifico, ma tant’è) hanno fatto fuori rispettivamente il Prodi1 e il Prodi2, per arrivare al Pd dal PdS: hanno tolto la “sinistra”. Il Pd, secondo il suo statuto e la sua mission, deve presentarsi da solo alle elezioni (addio all’alleanza con la Sinistra radicale, che da allora ha perso rappresentanza in Parlamento salvo quel poco di Sel), vincerle e governare col suo capo. Veltroni infatti volle così: non si alleò con la sinistra, si presentò come capo del Pd e come candidato premier (a sostenerlo c’era D’Alema con tutto l’apparto ex ds): perse miseramente.

Ora Renzi da capo partito fa anche il premier, come previsto dallo statuto del Pd (e lo fa dopo un 41% alle europee, quando Fassino-D’Alema-Veltroni-Bersani erano sul 31%); ma tutta l’opposizione interna al Pd, con D’Alema in prima fila,  reclama del doppio incarico, ossia di quello che loro stessi hanno voluto per il Pd. Sempre l’opposizione interna, è critica anche verso la riforma del Senato, la stessa riforma che Renzi considerava il suo baluardo imprescindibile quando parlava alle primarie, che poi ha stravinto.

In pratica, D’Alema, e con lui la sinistra del Pd (che pavidamente non ha il coraggio di schierarsi con lui) se la prende con Renzi perché è coerente con lo statuto del Pd e con quel che ha detto alle primarie!

Ecco perché mi diverte.

Io credo che Renzi sia quasi più di centrodestra che di centrosinistra, ma almeno sa governare, fa seguire le azioni alle dichiarazioni in modo lineare, direi quasi compulsivo: è affetto da decisionismo ed è incapace di stare fermo; D’Alema al contrario è l’esempio più lampante dell’esponente di centrosinistra incapace di avere una linea politica, di essere efficace ossia di sapere che strumenti utilizzare per arrivare agli scopi che si prefigge, è in definitiva uno che boicotta se stesso e che di fatto ha contribuito più di ogni altro a portare la sinistra ad un vicolo cieco. Renzi non è altro che il frutto coerente (ma più efficace cioè maturo) della politica che D’Alema (con la complicità di Fassino, Veltroni, Bersani) ha impresso al PdS.

Ora D’Alema sta cercando di fare marcire anche il suo frutto di centrodestra, per tornare a un centrosinistra insipido, irriconoscibile, incapace di germogliare ossia di fare atti coerenti ed efficaci, insomma destinato al suicidio. A meno che, marcito Renzi, trovino un frutto vitale come Renzi, ebbene sì, un frutto che mentre twitta sia tutto centrato sul raggiungimento del risultato, solo che… sia di centrosinistra, stavolta, ossia… come minimo legga molti libri.

Lorenzo Galbiati

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