di Marta Cutugno
Membranofono a percussione dell’Africa del Nord – dal Maghreb al Medio Oriente – il Bendir è un tamburo a cornice legato ai rituali Dhikr del sufismo islamico ed alle cerimonie di tradizione rurale. Il suono del Bendir, insieme a particolari pratiche di danza sul posto, sostiene la preghiera e favorisce la dimensione dell’abbandono Dhikr, una sorta di estasi, lontana dalla trance, perché stato cosciente di forte tensione religiosa e devozionale.
Su una cornice di legno – di variabile diametro, dai 40 ai 70 cm – è tesa una membrana di pelle di capra assicurata al suo telaio con l’ausilio di colla o di chiodi. Per maggiore stabilità nella presa e maneggevolezza, il Bendir presenta un foro laterale entro il quale si inserisce il pollice della mano sinistra che sorregge il tamburo (e le dita della stessa mano possono talvolta intervenire suonando accenti deboli); le dita della mano destra, invece, colpiscono il bordo della cornice producendo suoni di bassa timbrica detti Dum oppure percuotono il centro della membrana, senza farla risuonare, dando voce ai suoni Pa.
Lo strumento non è dotato di cembali (come il tamburello) ma di alcune corde di risonanza (originariamente in budello animale, oggi in nylon) tese subito sotto la membrana che, così come la cordiera nel rullante, conferiscono allo strumento una sonorità “ronzante“; questo effetto, comunque, viene applicato solo ed esclusivamente al genere profano – un esempio, la musica da ballo delle donne – e bandito dalla musica di carattere sacro – rituali religiosi e mistici del Dhikr e cerimonie maschili.
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