Donne per procura, mandate a ritirare

Donne per procura, mandate a ritirare. Prima di Amazon, o Ebay. Sposate tenendo in mano una foto. Prima di Facebook, Meetic e le chat. Sposate per consensuale “sensalìa” di padri padroni, madri padrone, madri povere, padri vedovi. Sposate due volte. Qui e là. In luoghi lontani e senza ritorno. Sposate da una Chiesa sempre complice a mantenere simili privilegi e vigliaccherie. Anche quando la foto non corrispondeva al marito che ci si era tirate addosso. Ed in luogo di quello un altro. Magari vecchio, zoppo, o malato. Ma il danno era compiuto. Dall’America o dall’Australia non si tornava. Si partiva mogli di una fortuna che raramente assomigliava a quei pensieri che da fanciulle fanno rimbalzare il cuore. Di questo ci ha parlato l’altra sera Lucia Sardo. In un evento organizzato da Demetra Onlus, Associazione che svolge attività contro la violenza alle donne e la pedofilia. L’attrice siciliana ha onorato l’invito leggendo tranches del suo nuovo progetto teatrale. Introducendo ed interpretando alcuni personaggi di questo lavoro che parla appunto delle Spose per procura. Ed io ero lì. Alle Cucine della Villa Reale di Monza ad ascoltarla. Ed ora sono qui. A fare ciò che per pigrizia non faccio mai: scrivere. Perché? Perché mi punge così tanto questo argomento? Perché da qualche parte, in qualche cassetto, conservo una lettera che mi scrisse mia madre, dove mi racconta che non voleva sposare mio padre. Ma che fu costretta da mia nonna che la prese a cinghiate. Per fortuna qualcuno aveva già inventato il divorzio. Ma c’è dell’altro. Proprio qualche giorno fa, parlando con mio padre al telefono mi raccontò, che fino agli anni ’60, a Rosolini (SR) per trovare moglie era sufficiente lasciare un ceppo di legno davanti a casa della Signorina. Il padre poi, si sarebbe recato in Piazza col ceppo di legno in mano, chiedendo ai sensali, ovvero i mediatori d’affari, chi avesse impegnato la propria figlia, e incominciando una trattativa verso il Matrimonio. Naturalmente in tutto questo, la futura sposa non avrebbe potuto esercitare alcun veto. Ma c’è un ulteriore suggestione che mi trattiene a questi argomenti che molti dei miei colleghi uomini vorrebbero delegare a chi ha più subito, ovvero le donne. Ed è la silloge poetica di Maddalena Capalbi, dal titolo Testa rasata da poco pubblicata da Moretti&Vitali. Il libro parla di Sante, Donne, Martiri. Ma lo fa premettendo un’avvertenza: i maschi / hanno punito anche le Sante / flagellando la volontà col mistero / malato e perfido / senza occhio né parole salvifiche, / oggi / ancora. Oggi ancora come le trentacinque coltellate di Parolisi alla moglie che non sono aggravante? Come Santa Lucia arrestata su denuncia di un giovane innamorato che aveva respinto? Come Sant’Agata accusata da Quinziano, console di Catania, che si diceva tanto innamorato di lei da preferirla morta che con un altro? Ottimo lavoro quello di Lucia Sardo. Ottimo lavoro quello di Maddalena Capalbi. Entrambi fondati su quel materialismo dialettico capace di riportare in chiaro la Storia mettendola in relazione al Presente per illuminarla di una luce nuova, abile a leggere fin lì dove dorme la matrice di troppi, tanti orrori.

Sebastiano Adernò

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