“Come un sottile schermo” di Mario Fresa: “Night” di Enrico D’Angelo, Di Felice Edizioni, Martinsicuro (TE) 2013

enrico-dangelo
Enrico D’Angelo

Night

 

Come un sottile schermo

di Mario Fresa

Libro di incanti e di inquietudine, Night di Enrico D’Angelo (Di Felice Edizioni, 2013, con foto di Ennio Brilli e uno spartito di Andrea Strappa) sorprende il lettore per il costante miscelamento di mistero e di trasparenza che lo attraversa.
Il luogo della rappresentazione, un locale notturno; il tema fondante, l’interrogazione amorosa. Ora, la prima antinomia poetica che si rileva è questa: lo spazio della scena narrata è chiuso e buio (e lo immagini, anche, labirintico e sotterraneo); il verso, al contrario, è tutto calibrato e lieve, aperto e luminoso, discreto e lineare; un canto sussurrato che pare discendere da una remota, superna dimensione.
Ma si noti un’altra singolare caratteristica che mostra la bivalenza amletica e liquidamente anfibola della raccolta: il desiderio e la richiesta d’amore non sono diretti alla fervida gioia di un vicino compimento, ma si concentrano, col sostegno di una delicatezza saturnina, sulla contemplazione di una presenza divenuta quasi chimerica e illusoria, perché lontana e intangibile. L’amore non si traduce, dunque, nel riflesso di un’azione viva e presente, ma si rivela, con misterica obliquità, come stupìto ricordo o come sublimata riformulazione della mente, nel segno di una meditazione lucida e ludica, diresti quasi magicamente sospesa e distaccata.
La rigorosa struttura formale dei componimenti (quartine; endecasillabi; rime alternate) mette in rilievo questo senso di fluida sospensione e di quieta distanza dall’oggetto cantato: così l’assorta misura e la compostezza geometrica dei versi tendono a costruire una specie di segreto e sottile schermo, che fa intendere l’impossibilità di descrivere, e forse di comprendere, la sostanza ineffabile dell’Eros; e per alludere all’indicibilità di una tale esperienza, la lingua di Enrico D’Angelo tende alla liquefazione e al dissolvimento, e infine assume, proprio come l’immagine d’amore malinconicamente scrutata nella penombra della lontananza, l’aspetto di una parvenza rarefatta, percorsa da bisbigli fantasmatici e poggiata, con morbida pressione, su immisurabili letti di silenzi.
In questa prospettiva, il Night nel quale si svolge questo alato e sfuggente canzoniere amoroso è quasi un’allegoria di quella «notte oscura» intuita, per via di sottrazione e di azzeramento, da Juan de la Cruz: un luogo intestimoniabile e irriferibile, scandito da attimi eterni e imponderabili, che dicono la profonda inaccessibilità della conoscenza e la finale inadeguatezza della stessa parola.

 

 

Testi da Night

1.
Di notte uscendo per via di preghiera
è quel mio sofferto e dolente bene
la sola mia occasione non straniera
quel teso filo offerto dalla pena.

5.

Tu vuoi ridere quant’io invece piangere
tu sole del deserto io luna in gabbia.
fors’è l’amore un reciproco frangere
di sabbia in acqua, d’acqua entro la sabbia.

9.
È un fuor dal silenzio che non paga
se il dire sciolto pare un frequentarci
col tono proprio dell’amor che vaga.
La voce finirà per ammalarci.

11.
Stanotte ho chiuso la porta del cielo
lassù nei conversarî dei silenzî…
le stelle sciogliendo sguardi di gelo
amando te in quartine senza incendî.

14.
L’insonnia insorgeva pure di notte
posando sul cuscino arresi i sogni,
fermo come in chiesa a ginocchia rotte
un pianto (che non odia o ama) abbisogni.

Enrico D’Angelo, nato nel 1954 a Luzzi (CS). Ha pubblicato le raccolte di versi: Le giornate (Cosenza, 1984), Quasi una serra (Napoli, 1991; postfazione di Gabriele Frasca), Night (Cosenza, 2003; edizione ampliata, Martinsicuro, 2013), Merci madame de la nuit (2005), Il fiore della serpe. Trentasei versi per L’Aquila (Ancona, 2009); Versi esicasti (Martinsicuro, 2013; prefazione di Bruno Pinchard). Ha tradotto Teneri trbuti alla francia di R. M. Rilke. Ha ideato il luogo di civiltà poetche «Smerilliana».

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