Pillole di poesia – Erich Mühsam

di Ilaria Grasso

Ho incontrato questa poesia al Pigneto, uno dei quartieri simbolo della Resistenza romana, il giorno 25 aprile. L’ho scelta perché in questi versi ci sono elementi e capisaldi che sono andati perduti e che dovrebbero a mio parere ritornare in auge negli uffici, nelle fabbriche e in tutti i contesti lavorativi e istituzionali. In ragione di ciò l’ho scelta per la Festa dei lavoratori che viene celebrata il 1º maggio di ogni anno in molti paesi del mondo per ricordare la lotta dei lavoratori per la riduzione della giornata lavorativa.

Mühsam è stato un anarchico, poeta e attivista tedesco. Il libro da cui la poesia è stata tratta è IL POETA ANARCHICO e ha una storia molto particolare. Originariamente pubblicato da una casa editrice della Germania dell’Est (DDR) ed è stato ripubblicato un po’ più tardi da una casa editrice della Germania dell’Ovest (RFG) all’interno di una raccolta dei ‘poeti bruciati’(in riferimento al rogo dei libri degli scrittori proibiti ed esiliati durante il Terzo Reich). Leonhard Schaefer ha curato la traduzione dei testi raccogliendoli per la casa editrice ZERO IN CONDOTTA.

Il messaggio che vuole trasmettere è chiaro e lo esplicita senza infingimenti. Invita all’impegno civile e umano e alla costruzione di una fratellanza lavorativa che sappia rimanere coesa di fronte alle ingiustizie e all’usurpazione dei diritti ben consapevole che i diritti non solo vanno costantemente negoziati secondo l’epoca e le esigenze dell’individuo ma che essi hanno la necessità di essere regolarmente e tenacemente custoditi e difesi. I diritti non sono cosa scontata e noi abbiamo il diritto/dovere di lottare per loro. Spesso l’anarchia viene intesa come assenza di regole, invece essa parte dall’assunto che a ogni diritto corrisponde un dovere e una responsabilità. Essere facilitati nel godimento dei diritti spesso ci pone in una condizione di sudditanza e di schiavitù ben peggiore e noi, inebriati solo dal pieno possesso del diritto, non ci rendiamo conto che sono le modalità a fare la differenza. I versi sembrano invitarci a non accusare i colleghi, a non giudicarli ma a stimolarli costantemente verso un’etica del lavoro ed essere coerenti nel pensiero e nell’azione. Solo così le catene si spezzeranno e saremo tutti liberi, senza nazionalismi, razzismi e sessismi. Nei versi finali trovo riverberi di una frase di Anna Kuliscioff, sua contemporanea, che vi riporto per completezza ma anche per condivisione mai come ora utile con l’augurio di tenere bene a mente che se manca la consapevolezza è possibile forse vincere una manciata di battaglie ma non la guerra vera. Il prezzo che pagheremo sarà l’eterna condizione di schiavi.

[Signore e Signori, Voglio innanzitutto confessarvi che, pensando intorno alla inferiorità della condizione sociale della donna, una domanda mi si affacciò alla mente, che mi tenne per un momento perplessa e indecisa. Come mai – mi dissi – isolare la questione della donna da tanti altri problemi sociali, che hanno tutti origine dall’ingiustizia, che hanno tutti per base il privilegio d’un sesso o d’una classe?] Anna Kuliscioff

IL CANTO DEI LAVORATORI

(Gesang der Arbiter)

Popoli, sorgete per la conquista dei vostri diritti,

Avanti per la grande lotta per la libertà!

Il tempo urge, apprestatevi al gran cimento;

Si spezzino le catene: non più servi né padroni.

Fratelli di fatica, un sol fascio ci stringa,

La nostra unione avrà ragione dei tiranni,

La loro potenza si spezzerà contro la nostra.

Non vi sfugga fratelli, l’ora propizia!

Il patto che affratellerà i popoli sarà opera nostra,

Non della lega dei governanti inetti.

Poniam mano alla costruzione del mondo

libero e concorde.

In cui si istauri alfine la pace duratura!

Cessino le guerre, le rapine, non più sangue sparso;

Scompaia ogni contrasto fra popoli, razze e sessi!

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