CONSONANZE E DISSONANZE / Tre versioni + una di Mario Martín Gijón (traduzioni e cura di Stefano Pradel)

Proponiamo al lettore italiano tre versioni del poeta Mario Martín Gijón, tratte dalla sua raccolta Rendicción (2013), e un inedito dalla prossima, Des en canto. Parliamo propriamente di versioni, e non di traduzioni, data l’implicita, ed esplicita, (il)leggibilità e (in)traducibilità della poesia di Gijón, che ci riporta al cuore dell’annosa e irrisolta, ma solo aggirata, questione della traduzione poetica. La scrittura di Gijón, “rupturista” e neoavanguardista, mostra un lavoro chirurgico sulla specificità anatomica del castigliano (sulla composizione/scomposizione morfologica, sulle combinazioni sintagmatiche e sul collage poliglotta) attraverso un’operazione di addizione e sottrazione algebrica dei significa(n)ti, che restituisce, nella sovrapposizione e nel dispiegamento, la paradossale, e a volte impossibile, compresenza del senso. Il traduttore viene posto di fronte a un vero e proprio labirinto di scelte che si rivelano, nella maggior parte dei casi, insidiose e impercorribili nella loro longitudine, vedendosi obbligato ad abbandonarsi alla “resa della dizione” (della struttura, dell’intenzione), sebbene, fin dall’inizio, sia invitato d’onore al gioco dell’espansione dei significa(n)ti. Il lettore, al pari del traduttore, viene chiamato qui alla risoluzione attiva di un’equazione, la cui incognita finale è emblema delle potenzialità della lingua e della poesia. (Stefano Pradel)

 

 

 

el averno de no ver

                                te

 

el callado son de tu son

                                      risa

la gozosa caída de tus pa

                                        sos tan bella

 

tu labrar mis palabras en silencio

el templado mar de tu mirada con

                                                      templada

                                                                      luz

navegando el tiempo de mis ojos

 

toda esta carencia endurece

los muros de mi in(v/f)ierno

 

*

 

l’averno di non a-ve(de)r

                              ti

la silenziosa musica del tuo essere mu

                                                            s(ic)a

l’allegra cadenza dei tuoi pas

                                                                                          s(e)i così bella

 

il tuo coltivare le mie parole in silenzio

il contenuto mare del tuo sguardo con

                                                            sidera(le/ta)

                                                                                          luce

che naviga il tempo dei miei occhi

 

tutta questa carenza rende dure

le pareti del mio in(v/f)erno

 

 

*

 

la promesa de me-d(ec)irte hasta tu me

                                                            dio

fuerza esperanzada para seguir

 

apalabrando la labranza

trazando los surcos

de tu cuerpo ausente

 

*

 

la promessa di a-m(isur/usic)arti fino al mi

                                                       d(u/o)l[l]o

forza speranzosa per continuare

 

a concertare la semina

tracciando i solchi

del tuo corpo assente

 

 

reloj interno

 

sanguinaria arena la del tiempo

que cae por mis venas en tu ausencia

saja la aguja la carne de las horas

adversas de mi extraviado reloj

oculto imán orientado hacia ti

 

*

 

orologio interno

 

sanguinaria sabbia quella del tempo

che scende per le mie vene in tua assenza

lacera la lancetta la carne delle ore

contrarie del mio scombussolato orologio

occulto magnete puntato verso te

 

dedicálogo

 

que des amparo

a la sombra de ti

que des precio

(de/a) lo que tienes

que des pecho

(de/a) lo adverso

 

que des gracias

a quien te hizo sufrir

que des cartas

a quien sepa ju(z)gar

 

que des dicha

a quien guardó silencio

que des nudos

para seguir atados

que des en tu mecer

el cuerpo sobre un abismo

 

que des en más cara

vida que ésta

que des en canto

de lo perdido

 

dedicalogo

 

quale abbandono

(dai cura)

all’ombra di te

quale disprezzo

(dai valore)

per/a ciò che hai

quale rancore

(dai benevolenza)

per/al la sventura.

 

Quale avversione

(dai grazia)

per/a chi ti ha ferito

quale rifiuto

(dai la mano)

per/a chi sappia giu(di/o)care

 

quale infelicità

(dai allegria)

a chi stette in silenzio

quale nudità

(dai freno)

per rimanere uniti

quale allentarsi

(dai stretta)

del/al corpo sull’abisso

 

quale sospetto

(dai fiducia)

per/a (questa/nuova) vita

quale disinganno

(dai finzione)

per/a ciò che è perduto

 

 

Mario Martín Gijón

 

Mario Martín Gijón (Villanueva de la Serena, Badajoz, 1979) ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Filologia Spagnola presso l’Università dell’Extremadura dove, dopo un lungo percorso di ricerca e docenza all’estero (Francia, Germania e Repubblica Ceca), è ora Professore Associato. Nella sua già copiosa bibliografia scientifica si segnalano i due libri di saggistica Una poesía de la presencia. José Herrera Petere en el surrealismo, la guerra y el exilio (Pre-Textos / Fundación Gerardo Diego, 2009) e Entre la fantasía y el compromiso. La obra narrativa de José Herrera Petere (Renacimiento – Biblioteca del Exilio, 2010). Sul versante della poesia, ha pubblicato Latidos y desplantes (Vitruvio, 2011), Rendicción (Amargord, 2013), Tratado de entrañeza (Polibea, 2014); Des en canto è in corso di pubblicazione.

 

Per “Consonanze e Dissonanze”, Stefano Pradel ha già tradotto i Monostici del poeta Jordi Doce.

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