CONSONANZE E DISSONANZE / Se cerchiamo di capire il messaggio: “Distonia” (Kurumuny, 2018) di Daniele Barbieri

La Distonia citata da Daniele Barbieri nel titolo del suo più recente lavoro poetico, pubblicato nella collana Rosada della casa editrice Kurumuny nella primavera del 2018, non è solo, come da dizionario, un’alterazione del tono muscolare o nervoso che produce, tra i suoi vari effetti, difficoltà nel mantenimento dell’equilibrio e nell’esecuzione di movimenti volontari.

L’equilibrio formale, d’altronde, è rigorosamente mantenuto in tutta la raccolta di Barbieri, mentre il dérèglement de tous les sens invocato da Rimbaud, e comunque ogni tipo di abbandono all’involontarietà, è mantenuto sotto ferreo controllo.

Vi è, anzi, un possibile approccio alla lettura che è tutto “muscolare”, se si assolutizza quanto Barbieri scrive nei ringraziamenti finali: “Queste poesie esistono infine anche perché mi trovo in dialogo, polemico ma credo costruttivo, con l’ambiente della cosiddetta poesia di ricerca, in particolare attraverso il blog Nazione Indiana e chi ci scrive” (pp. 89-90).

Di tale dialogo si può trovare un esempio qui, in questa densa conversazione tra Daniele Barbieri e Marco Giovenale (che non è forse fra i redattori di Nazione Indiana, ma è sicuramente un autore/critico di quella poesia o, meglio, di quelle scritture di ricerca menzionate da Barbieri).

Tuttavia, facendo perno su quell’anche che fa capolino tra le parole dell’autore, pare opportuno riconoscere come Barbieri, nella sua poesia, non assuma rigidamente alcuna posizione. (Tra l’altro, in questo modo, darebbe luogo a una contrazione muscolare, più che a una qualche forma di distonia…). Ed è così che la scrittura di Barbieri ottiene di uscire dalle schermaglie e talvolta dalle strettoie ideologiche del dibattito poetico a noi contemporaneo per acquisire infine una sua, ancora diversa voce. Ne è un esempio il testo iniziale (“eppure sono qualcuno tutti, sono io nessuno, // nell’adesso dell’adesso nessuno e qualcuno scorrono, / nessuno vede qualcuno”, p. 15), dove restano certamente le tracce di un discorso sul soggetto in poesia, ma, già ad una lettura immediata, la polisemia cui dà luogo la flessibilità sintattica di questi versi si coniuga con un dettato fortemente  e sinuosamente ritmato.

Come si diceva, però, Distonia non è solo segno di un’alterazione muscolare o nervosa, ma anche un dis-accordo portato nei confronti della sintonia, che è termine in primo luogo musicale. La scrittura di Barbieri, infatti, non si abbandona a un tutto sommato facile metricismo o neometricismo, né ad una tendenza quasi lallante all’iterazione (della quale “nell’adesso dell’adesso”, ma anche “ora, nell’ora dell’ora”, sempre nel testo iniziale, sono alcuni dei rari esempi). Mentre le varie sezioni della raccolta devono i loro titoli ad andamenti musicali (“Allegro”, “Andante con moto” “Scherzo [allegro non troppo]”, “Allegro energico e appassionato”), il rapporto dei testi con questa loro macro-organizzazione è anche, se non soprattutto, psicologico ed emotivo, rompendo quindi l’unitarietà del dettato musicale con una serie di deviazioni sempre diverse tra loro.

Se quest’ultimo è un espediente di un certo tipo di lirismo, è necessario, però, leggerla in disgiunzione dai passaggi più didascalici del libro (l’omaggio a Federico García Lorca, a p. 24, il ritorno alla diade parole-cose, p. 26, o l’incipit consolatorio di p. 42: “se guardi il mare a lungo puoi capire il messaggio…”) e congiungerlo invece ad esiti ibridi più compiuti come quelli dei Camini (p. 28: “uno due tre, i camini, ecco che avanzano, stanno, / contro la luna nel fondo, rossi e immobili, avanzano, // uno due tre, stanno, avanzano ancora, si manterrebbero / quieti se loro potessero, al caldo, al tepore interno // del loro fumo, del loro stesso intestino, ci guardano…) o del testo finale (p. 74: “si fa guardare, la vera osservatrice del mondo, / la vita che è vera, essere autenticamente vivi…”).

Ed è a partire da questa congiunzione che si realizza, infine, una nuova sintonia, con i due blocchi di prosa di Ida Travi che chiudono (come già in precedenza, nel caso di Cantu Maru di Sergio Rotino e il testo di Enzo Mansueto, nonché delle altre uscite di Rosada) con un magnifico sigillo il libro.