CONSONANZE E DISSONANZE / La distopia ai tempi di Cambridge Analytica: “L’ultimo angolo di mondo finito” (Galaad, 2017) di Giovanni Agnoloni

È di qualche giorno fa la notizia della bancarotta e della chiusura di Cambridge Analytica, travolta dal datagate relativo all’uso di ingenti masse di dati prelevate da Facebook (s’intenda questa come una brevissima nota di servizio; una prima e più completa sintesi si può leggere qui). La vicenda, peraltro, ha fatto scendere per qualche tempo anche le quotazioni di Facebook in Borsa, ma non ne ha decretato un’imminente fine, come preconizzato, troppo sbrigativamente, da alcuni.

Eppure, non è difficile pensare a un futuro prossimo nel quale la “bolla” 2.0 (non solo economica, ma anche, e soprattutto, biopolitica) creata nella virtualità di Internet e dei social network cresce a dismisura fino ad esplodere. Ed è questo che succede in un romanzo dalla forte vena distopica, ambientato in un futuro che non è distante più di una decina d’anni da noi, come L’ultimo angolo di mondo finito di Giovanni Agnoloni.

Si tratta dell’ultimo romanzo di una trilogia – tetralogia, se si considera anche lo spin-off Partita di anime (2014) – pubblicata da Galaad edizioni, a degna conclusione di un percorso già delineato in modo chiaro e inequivocabile nelle pubblicazioni precedenti. A questo proposito, leggere L’ultimo angolo di mondo finito insieme agli altri tre (o quattro) libri della serie può aiutare nella ricostruzione della trama e in una più puntuale contestualizzazione del presente romanzo (anche se, a dire il vero, sono frequenti gli inserti che, in modo sempre implicito e ben dosato, danno conto degli elementi utili a intuire l’intera struttura narrativa dell’opera, lasciando al tempo stesso la possibilità di immergersi liberamente nella lettura di questo libro).

E tuttavia l’impianto della narrazione sembra reggersi proprio sull’uso di una narrativa polifonica, da disarticolare e riarticolare insieme: i vari capitoli, perlopiù brevi o brevissimi, sono sì un’esplorazione di diverse temporalità e, soprattutto, il sintomo di un vero e proprio turbinio geografico sul globo terracqueo, ma ciò cui si mira veramente, e in modo insistito, è la possibilità che ciascun brano del romanzo possa aprire squarci – talora lirici, talora metafisici – sui significati ultimi della vicenda narrata.

Come ha scritto sinteticamente Luigi Preziosi nella sua nota di lettura apparsa su Vibrisse, questo si traduce in una “scrittura capace di svariare su inflessioni diverse, modulate in prevalenza su toni medi, ma intervallati con misura da improvvise accensioni liriche, che lascia poi indovinare, oltre una coltre di apparente oggettività, un senso profondo di pena per coloro che abiteranno l’ultimo angolo del mondo raccontato nel romanzo”. La medietas e l’apparente oggettività di molta della scrittura di Agnoloni ne trattengono dunque buona parte dell’afflato lirico, lasciando che questo erompa ma non straripi, e rendendo così la finale apertura verso un suono ultimo, annichilente e rigenerante – diametralmente opposto al “rumore bianco” à la De Lillo cui ci ha abituato l’attuale scenario tecnologico – una meno retorica e più necessaria risoluzione.

È questa un’altra forma di “comunicazione”, come si esplicita nel testo, che nulla a che spartire con il chiacchiericcio dei social network e che si presta, piuttosto, a farsi comunicazione spirituale. Se ne può dare, però, un’interpretazione anche più laica, seguendo in questo le parole dello stesso autore, in questa conversazione con Marino Magliani pubblicata su Nazione Indiana: “se la connessione oggi è globale, non potrebbe non esserlo anche la disconnessione. Ogni luogo, poi, è carico di atmosfere particolari, che sollecitano diversamente i sensi, e questo era molto importante per far sentire il lettore sempre radicato nel qui, in contrapposizione alla percezione di (sterile) ubiquità che internet tende a dare”.

Il lettore dell’Ultimo angolo del mondo finito è costantemente invitato a radicarsi nell’hic et nunc – dimensione affatto contraria a uno sviluppo spirituale, beninteso, ma che può appunto rimanere pienamente laica – e a contrapporre a questa terra desolata eliotiana, dalla quale la Rete, le multinazionali della comunicazione e i più vari apparati di controllo e dominio hanno fatto solo un apparente passo indietro, la passione per il viaggio, per la musica, per la scrittura che contraddistinguono di continuo anche queste pagine.

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