In uscita in questi giorni un pequeño gioiello letterario : “Una piccolissima morte” di Francesca Del Moro per le Edizionifolli di Silvia Secco (libri prodotti artigianalmente e di ottima fattura). La ventina di poesie che compongono il lavoro sono in realtà un unicum, raccontano una storia, hanno corpo e spessore. Proprio il corpo è uno degli elementi base dei testi. Un corpo offerto, accettato e al contempo ferito. Una voce in filigrana “confessional” sfiora il racconto poetico con un piccolo omaggio sextiano (ma solo quello visto li dettato personalissimo e precipuo della Del Moro) :
Il mio amante se n’è andato
è tornato da sua moglie
tutto il tempo ho pensato
al mio amore, anche lui ha una moglie,
dei bambini e una vita giusta,
io ho corso troppo lentamente
nel gioco delle sedie, sono tutte prese,
mi metto in grembo all’uno all’altro
ma per me non c’è posto
scivolo mi rialzo mi risiedo
cado.
Tutti i testi sono autonomamente validi ma formano, concettualmente, attraverso richiami, rimandi, parole chiave, quella “storia”, che deve essere necessariamente presente quando si fa bella poesia e non semplice agglomerato di versi.
L’autrice de “Gli obbedienti” (Cicorivolta 2016), regala una ennesima prova di ottima scrittura che ti scivola dentro fino alle viscere, in maniera diretta, senza sconti e restituisce alle parole i medesimi graffi ricevuti nella realtà. Alla fine del libro si comprende che ogni verso è reale, ogni verso, ogni singola goccia di sofferenza.
Apparso sulla soglia
dopo le tante attese
sembravi una supernova
mentre armeggiavi con la porta
e lascia stare ti ho detto
che è rotta e vedo la valigia
dico che bello vieni a vivere da me
e scoppi a ridere e ti abbraccio
ti stringo forte e tu mi stringi
e non ti lascio e non ti lascio più
ora che posso tenerti e poi stacco
il viso dal tuo collo e mi baci
– quel bacio mille volte sognato –
hai la lingua morbida e dolce
ed è la felicità è l’happy ending
ma subito fai scivolare
la mano sulla mia schiena
liberi il gancio mi abbassi
la testa mi riempi la bocca
dai istruzioni per il tuo piacere
io abbandono il mio corpo
alle tue mani che sagge
lo muovono senza sforzo
alle tue mani esperte e grandi
e calde io mi strofino
sul tuo petto respiro la forza
la protezione il pericolo
e mi guardo allo specchio
e sono grandissima e bella
e tu dici sei una meraviglia
e poi mi volto e mi avvolgo
nell’amore senza scampo
mi avvolgo nel filo spinato
nel filo elettrificato tu mi metti
a rovescio e mi affondi
la lingua nel sesso e io resto
così come tu vuoi e prego
di poter fermare il tempo
di fermarti qui in eterno
e poi ingoio il tuo seme
ci fertilizzo il cuore
e lo spezzo.
La copertina del libro è della brava artista e poetessa Nina Nasilli,” Prima del Nido”, pastello ad acqua su carta, 32 x 48, 2010
La foto della Del Moro è opera di Valentina Gaglione
L’Autrice continua, a dipanare, dal Suo personale Arcolaio, come Andromaca capace di epifanie,lo stesso fil rouge,de la Recherche..avendo come boe direzionali,un pervasivo (virale,direi) sentimento di mancata pienezza nell’essere Amati,e la conseguente ricerca identitaria segnata dall’onnipresente(spesso onnivoro/a) coscienza della finitudine solitaria. In questo,di Minosse labirinto encefalico, La piccola Arianna (Francesca)si personifica nella amante mancata di Paolo, che di pietose lagrime bagna il “libro galeotto” e si disperde il “bel Lancillotto”, e la regale Ginevra. Ne rimane, letteralmente, come residuo mnestico, una stanca,sisifica,spesso mortifera, incipriata di ultrarelativismo,figlio di una pervasiva,vecchia, “Krisis”, nichilista, un pò vuota, a mio avviso ,totalmente superata, come approccio all’indagazione linguistica,e non solo ,che rapperesenta,il cammino euristico del poetare..itinerante…