Promenade – [la notte] – Hesse, Chopin, Van Gogh

di Marta Cutugno

Una passeggiata nelle evanescenti atmosfere della notte, con le sue suadenti e sensibili sonorità ed i suoi lucenti astri, attraverso i versi di Hermann Hesse, le note di Frédéric Chopin e l’arte di Vincent Van Gogh per Promenade, nuova rubrica di Carteggi Letterari.

“Notturno” di Hermann Hesse

Un bravo artista è destinato ad essere infelice nella vita: ogni volta che ha fame e apre il suo sacco, vi trova dentro solo perle”. Così parla del bravo artista Hermann Hesse, premio Nobel per la letteratura nel 1946 con la seguente motivazione: “Per la sua scrittura ispirata che nel crescere in audacia e penetrazione esemplifica gli ideali umanitari classici, e per l’alta qualità dello stile“. Oscurità e chiarore nei versi notturni che seguono, suggestioni al contempo dolci ed inquiete: sulle note di Frédéric Chopin, l’incontro silenzioso di due amanti. Nell’universo in moto coi suoi astri, una coppia di cigni segna presenza di vita nel vicino lago ed un girocollo di luce lunare cinge le forme sottili dell’amata.

(da “Figlio di re” e altre poesie, cura e traduzione di Massimo Baldi, Via del Vento Edizioni)

Notturno di Chopin in mi bemolle. L’arco
dell’alta finestra era pieno di luce.
Anche al tuo serio volto
un nimbo andava levitando.

In nessuna altra notte la tacita
luna d’argento m’ha tanto inquietato,
che nel profondo ho sentito
innominabile e dolce un cantico dei cantici.

Tacevi. Io pure; la muta distanza
passava nella luce. Non c’erano vite
tranne nel lago una coppia di cigni
e sopra di noi le orbite degli astri.

Arrivasti all’arco della finestra,
e un orlo d’argento di luna fu teso
intorno alle tue mani spiegate
e intorno al tuo collo sottile.

Notturno op.9 n 2 di Frédéric Chopin

Il Notturno in Mi bemolle a cui si riferisce Hesse, nei versi or ora citati, è il secondo dei tre op. 9 di Chopin, pagine in forma di diario intimo che il compositore polacco fissò su pentagramma per immortalare le amarezze suscitate dall’accoglienza viennese. L’op. 9 n.2 è un notturno amoroso, un messaggio sussurrato all’orecchio della fanciulla che ne ispirò la stesura. Usurato dalla popolarità a partire dalle prime trascrizioni per violino e violoncello fino al frequente impiego nella pubblicità, il brano – come l’intera op.9 – è dedicato a Madame Camille Pleyel, all’anagrafe Maria Moke, illustre pianista del tempo e affascinante donna dalle finissime beltà e dai numerosi corteggiatori. Madame Camille aveva avuto una relazione con Berlioz ma, in un secondo tempo, aveva deciso di interromperla approfittando del soggiorno del compositore a Roma. Berlioz, armato di pistola, dosi di veleno e cattive intenzioni, partì per Parigi al solo scopo di porre fine alla vita dell’ex amante ma il bagaglio del crimine venne smarrito nel viaggio e la tragedia evitata si tramutò in periodo di vacanza in Riviera.

“Notte stellata” di Vincent Van Gogh

Per dipingere questo paesaggio notturno, poco prima che giungesse un’alba del 1889, Vincent Van Gogh pensò bene di aiutarsi sistemando delle candele accese sulla sommità del suo cappello. L’intenzione era quella di annotare nell’immediato ciò che avesse dinanzi agli occhi e stabilire un contatto con il mondo naturale ma dalla sua potente immaginazione venne fuori una luminosa furia cosmica, vortice di comete, gran correre di astri che abbaglia Saint-Rémy de Provence, in una delle tante notti trascorse da internato mentale nella clinica della vicina Saint-Paul-de-Mausole. Il dipinto è potente e vibrante. La linea diagonale delle montagne, sorretta da un fascio di luci gialle, segna il confine tra il blu del cielo, entro cui galleggiano le spirali accese, e la valle, in cui, tra case e arbusti, due forme allungate tendono all’infinito, il campanile lontano ed il cipresso in primo piano. Tra l’ultramarino, i blu cobalto, il giallo indiano e zinco, la pennellata è corposa, materica e lascia anche spazio a piccoli vuoti che permettono di vedere la tela sottostante, per rendere ancora più realistico il tremore stellato.

Con un quadro vorrei poter esprimere qualcosa di commovente come una musica. Vorrei dipingere uomini e donne con un non so che di eterno, di cui un tempo era simbolo l’aureola, e che noi cerchiamo di rendere con lo stesso raggiare, con la vibrazione dei colori […]. Ah il ritratto, il ritratto che mostri i pensieri, l’anima del modello: ecco cosa credo debba vedersi”.
(Vincent Van Gogh, Arles, 3 settembre 1888)

 

De sterrennacht (Notte stellata), Vincent Van Gogh, olio su tela, 72x92cm, Museum of Modern Art, New York.

 

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