Attilio Bertolucci – Versi da “Fuochi in novembre” #poetiepoesie

 

Il 18 novembre 1911 nasceva a San Prospero Parmense, Attilio Bertolucci, non solo poeta riconosciuto ed elevato dalla critica, ma fine e poliedrico intellettuale, traduttore, critico, docente di storia dell’arte, giornalista, documentarista, sceneggiatore, collaboratore televisivo.

Nel giorno di nascita di Bertolucci, Carteggi Letterari propone una selezione di poesie da “Fuochi in novembre” (1934).

Dalla nota introduttiva in “Antologia della poesia italiana – Novecento”, Segre-Ossola, Einaudi, vol I, pag 556:

Certo è che con da Fuochi in novembre – ma per vari presentimenti fin da Sirio – la poesia di Bertolucci si colloca entro una linea poetica “antinovecentesca” (secondo la definizione di Pasolini), lontana dal “sublime” di tanta poesia “pura” dominante. Precocemente orientata in direzione elegiaca e campestre, entro una collocazione familiare e raffinata insieme, la vena di B. s’irrobustisce in testi di crescente quota narrativa (il verso stesso tende ad arcate metrico-sintattiche sempre più complesse), dalla dimensione diaristico-epistolare (emblematico un titolo come Lettera da casa) fino al poemetto, al poema”.

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La rosa bianca

Coglierò per te
l’ultima rosa del giardino,
la rosa bianca che fiorisce
nelle prime nebbie.
Le avide api l’hanno visitata
sino a ieri,
ma è ancora così dolce
che fa tremare.
È un ritratto di te a trent’anni.
Un po’ smemorata, come tu sarai allora.

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Ricordo di fanciullezza

Le gaggie della mia fanciullezza
dalle fresche foglie che suonano in bocca…
Si cammina per il Cinghio asciutto,
qualche ramo più lungo ci accarezza
la faccia fervida, e allora, scostando
il ramo dolce e fastidioso, per inconscia vendetta
si spoglia di una manata di tenere foglie.
Se ne sceglie una, si pone lieve
sulle labbra e si suona camminando,
dimentichi dei compagni.
Passano libellule, s’odono le trebbiatrici lontane,
si vive come in un caldo sogno.
Quando più la cicala non s’ode cantare,
e le prime ombre e il silenzio della sera ci colgono,
quasi all’improvviso, una smania prende le gambe
e si corre sino a perdere il fiato,
nella fresca sera, paurosi e felici.

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Pagina di diario

A Bologna, alla Fontanina,
un cameriere furbo e liso
senza parlare, con un sorriso
aprì per noi una porticina.

La stanza vuota e assolata dava
su un canale
per cui silenziosa, uguale,
una flotta d’anatre navigava.

Un vino d’oro splendeva nei bicchieri
che ci inebriò;
l’amore, nei tuoi occhi neri,
fuoco in una radura si incendiò.

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Paese d’inverno

Che il sole dopo la neve
appaia, e le nuvole si tingano di rosso
come schiave: la neve sui tetti
un rossore colorirà, guancia di principessa.
S’alzi un leggero vento
e spenga l’acqua, che s’era addormentata,
con assonnata voce di pastore;
escano fanciulle con scialli,
lampeggiando gli occhi neri,
e improvvisamente corrano punte dall’aria
simili a uccelli che s’alzino a volo.
E gli zingari rubino ragazzi.

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Immagine di copertina: da artcityemiliaromagna.com

(a cura di Marta Cutugno)

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