Una donna fantastica

 

Una macchina da presa appassionata partecipa alle traversie che vedono protagonista Marina, discriminata perché a un corpo da uomo contrappone una mente, un look e una sensibilità da donna. Non a caso il titolo, “Una mujer fantástica” e in italiano “Una donna fantastica”, gioca con quest’ambiguità ma senza assecondare luoghi comuni e banalità.

Sospeso tra una dimensione realistica, una vena surreale e una legata a un mistero connaturato con l’essenza della protagonista, il film di Sebastián Lelio, celebre soprattutto per “Gloria” (2013), si muove in questo equilibrio con misura e intelligenza, in una combinazione di rigore espressivo e incisività narrativa. Merito della fotografia di Benjamín Echazarreta, del montaggio di Soledad Salfate, delle musiche di Matthew Herbert (oltre alla colonna sonora non originale) e di una regia e una scrittura che rispettano le oscurità e i silenzi in funzione di un personaggio principale che coinvolge senza svelarsi fino in fondo.

Orso d’argento al Festival di Berlino 2017 per la sceneggiatura di Gonzalo Maza e di Lelio, oltre che Teddy Award per il legame con le tematiche LGBT e menzione speciale della giuria ecumenica, “Una donna fantastica” è frutto di una produzione cilena, statunitense, tedesca e spagnola e vede tra i produttori il regista Pablo Larraín, l’autore di “Neruda” e “Jackie”.

La forza visiva e del racconto trova nella protagonista, interpretata da Daniela Vega, che vive nella realtà l’identità transgender, un punto di forza: dai primi e primissimi piani a un rapporto con il corpo e ai conflitti con gli altri, spesso molestatori o indiscreti, Marina/Daniela risulta autentica e favorisce la partecipazione dello spettatore.  Così come è autentico il suo rapporto con la musica e con il canto, vere e proprie ancore di salvezza dalla brutalità e rozzezza della vita, popolata da esseri umani meschini o privi di fantasia.

L’epilogo di “Una donna fantastica”, con l’aria “Ombra mai fu”, conferma questo slittamento verso una dimensione lontana da chiusure mentali e cuori asfittici, secondo uno stile visionario e realistico al tempo stesso. In corsa per la candidatura all’Oscar come miglior film straniero in rappresentanza del Cile.

Marco Olivieri

Dalla rubrica Visioni, settimanale 109press, 2 novembre 2017.

 

Immagini tratte dalle pagine Facebook.

 

 

 

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