Cesare Pavese ~ tre poesie da “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi” #poetiepoesie

Cesare Pavese nacque il 9 settembre 1908, a Santo Stefano Belbo, un paesino delle Langhe in provincia di Cuneo. Quarantadue anni dopo, nell’agosto del 1950, Pavese si tolse la vita ingerendo una fortissima dose di barbiturici, vittima di una grave forma depressiva che lo aveva tormentato quasi tutta la vita. Fu ritrovato esamine in una camera dell’albergo “Roma” di Piazza Carlo Felice a Torino. Sulla prima pagina dei Dialoghi con Leucò, rinvenuto sul comodino della stanza, solo poche parole … «Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi».

IMG_0088

La biografia completa dell’autore sul sito della Fondazione Cesare Pavese.

Le tre poesie che seguono sono tratte da “La terra e la morte” in “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, Giulio Einaudi Editore. Dalla prefazione al libro leggiamo: “I versi de La terra e la morte che Pavese scrisse a Roma tra il 27 ottobre e il 3 dicembre 1945 si distaccano nettamente da quella che era stata la sua produzione poetica fino a cinque anni prima, e vanno situati nel quadro degli altri scritti pavesani di quell’intensa stagione: l’atmosfera di mitologia mediterranea è la stessa dei Dialoghi con Leucò e del romanzo scritto a capitoli alterni con Bianca Garufi (Fuoco grande); l’impegno politico, che qui si esprime sotto forma di rimorso elegiaco di fronte ai caduti nella lotta, è quello che vien qui definito nelle pagine saggistiche e programmatiche di quel periodo”.

IMG_0087

*
Tu sei come una terra
che nessuno ha mai detto.
Tu non attendi nulla
se non la tua parola
che sgorgherà dal fondo
come un frutto tra i rami.
C’è un vento che ti giunge.
Cose secche e rimorte
t’ingrombano e vanno nel vento.
Membra e parole antiche.
Tu tremi nell’estate.

29 ottobre 1945

*
Hai viso di pietra scolpita,
sangue di terra dura,
sei venuta dal mare.
Tutto accogli e scruti
e respingi da te
come il mare. Nel cuore
hai silenzio, hai parole
inghiottite. Sei buia.
Per te l’alba è silenzio.

E sei come le voci
della terra – l’urto
della secchia nel pozzo,
la canzone del fuoco,
il tonfo di una mela;
le parole rassegnate
e cupe sulle soglie,
il grido del bimbo – le cose
che non passano mai.
Tu non muti. Sei buia.

Sei la cantina chiusa,
dal battuto di terra,
dov’è entrato una volta
ch’era scalzo il bambino,
e ci ripensa sempre.
Sei la camera buia
cui si ripensa sempre,
come al cortile antico
dove s’apriva l’alba.

5 novembre 1945

*
Sempre vieni dal mare
e ne hai la voce roca,
sempre hai occhi segreti
d’acqua viva tra i rovi,
e fronte bassa, come
cielo basso di nubi.
Ogni volta rivivi
come una cosa antica
e selvaggia, che il cuore
già sapeva e si serra.

Ogni volta è uno strappo,
ogni volta è la morte.
Noi sempre combattemmo.
Chi si risolve all’urto
ha gustato la morte
e la porta nel sangue.
Come buoni nemici
che non s’odiano più
noi abbiamo una stessa
voce, una stessa pena
e viviamo affrontati
sotto povero cielo.
Tra noi non insidie,
non inutili cose –
combatteremo sempre.

Combatteremo ancora,
combatteremo sempre,
perché cerchiamo il sonno
della morte affiancati,
e abbiamo voce roca
fronte bassa e selvaggia
e un identico cielo.

Fummo fatti per questo.
Se tu od io cede all’urto,
segue una notte lunga
che non è pace o tregua
e non è morte vera.
Tu non sei più. Le braccia
si dibattono invano.

Fin che ci trema il cuore.
Hanno detto un tuo nome.
Ricomincia la morte.
Cosa ignota e selvaggia
sei rinata dal mare.

19-20 novembre 1945

Immagine di copertina (particolare) ed immagine che segue : opera originale di Manuele Fior da Il Circolo dei Lettori. 

IMG_0091

Rispondi