Filippo Facci e il diritto all’odio (dell’Islam e degli islamici)

Filippo Facci lo scorso giugno è stato sospeso per due mesi dall’esercitare la professione di giornalista e dallo stipendio (pende appello) dall’Ordine dei giornalisti per aver scritto su Libero, nel 2016, un articolo, questo:

Odio l’Islam. Ne ho abbastanza di leggere articoli scritti da entomologi che osservano gli insetti umani agitarsi laggiù, dietro le lenti del microscopio: laddove brulica una vita che però gli entomologi non vivono, così come non la vivono tanti giornalisti e politici che la osservano e la giudicano dai loro laboratori separati, asettici, fuori dai quali annasperebbero e perirebbero come in un’acqua che non è la loro. È dal 2001 che leggo analisi basate su altre analisi, sommate ad altre analisi fratto altre analisi, commenti su altri commenti, tanti ne ho scritti senza alzare il culo dalla sedia: con lo stesso rapporto che ha il critico cinematografico coi film dell’esistente, vite degli altri che si limita a guardare e a sezionare da non-attore, da non-protagonista, da non vivente. Ma non ci sono più le parole, scrisse Giuliano Ferrara una quindicina d’anni fa: eppure, da allora, abbiamo fatto solo quelle, anzi, abbiamo anche preso a vendere emozioni anziché notizie. Eccone il risultato, ecco alfine le emozioni, le parole: che io odio l’Islam, tutti gli islam, gli islamici e la loro religione più schifosa addirittura di tutte le altre, odio il loro odio che è proibito odiare, le loro moschee squallide, la cultura aniconica e la puzza di piedi, i tappeti pulciosi e l’oro tarocco, il muezzin, i loro veli, i culi sul mio marciapiede, il loro cibo da schifo, i digiuni, il maiale, l’ipocrisia sull’alcol, le vergini, la loro permalosità sconosciuta alla nostra cultura, le teocrazie, il taglione, le loro povere donne, quel manualetto militare che è il Corano, anzi, quella merda di libro con le sue sireh e le sue sure, e le fatwe, queste parole orrende che ci hanno costretto a imparare. Odio l’Islam perché l’odio è democratico esattamente come l’amare, odio dover precisare che l’anti-islamismo è legittimo mentre l’islamofobia no, perché è solo paura: e io non ne ho, di paura. Io non odio il diverso: odio l’Islam, perché la mia (la nostra) storia è giudaica, cattolica, laica, greco-latina, rousseiana, quello che volete: ma la storia di un’opposizione lenta e progressiva e instancabile a tutto ciò che gli islamici dicono e fanno, gente che non voglio a casa mia, perché non ci voglio parlare, non ne voglio sapere: e un calcio ben assestato contro quel culo che occupa impunemente il mio marciapiede è il mio miglior editoriale. Odio l’Islam, ma gli islamici non sono un mio problema: qui, in Italia, in Occidente, sono io a essere il loro.

Filippo Facci

www.liberoquotidiano.it/news/opinioni/11935139/filippo-facci-odio-islam-violentissimo-commento-libero-.html

Personalmente considero le opinioni espresse in questo articolo razziste, senza dubbio. Credo possano essere prese a modello nei libri scolastici per spiegare cosa sia il razzismo. Mi chiedo anche, ma non sono un giurista, se non debbano essere sanzionate secondo la legge Mancino, che condanna l’istigazione all’odio razziale. L’ordine dei giornalisti, a mio parere, ha giustamente sanzionato opinioni del genere, espresse mezzo stampa su un quotidiano nazionale tra i più noti. Personalmente, credo che due mesi di sospensione siano pochi, e credo anche che se tali opinioni fossero ripetute, a mio parere un giornalista dovrebbe essere soggetto a sanzioni ripetute e maggiori – in particolar modo se le esprime su un giornale o una tivù di diffusione nazionale.

Facci sta continuando a scrivere, in attesa dell’appello, e di recente ha scritto che continua a odiare l’Islam: si veda

http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/12424585/filippo-facci-odiavo-islam-lo-odio-ancora.html

Ho scritto a Facci sulla sua pagina facebook, che è pubblica, e pertanto non c’è bisogno di seguire o essere amici per leggere. Facci mi ha gentilmente risposto. Ecco il nostro scambio di opinioni.

Lorenzo Galbiati:

Se lei avesse scritto Odio l’ebraismo, tutti gli ebrei, odio la loro religione (che poi è alla base sia del cristianesimo che dell’Islam), che è anche peggio delle altre, quel manualetto militare che è la Torah dove un dio degli eserciti stermina a più riprese i nemici del popolo eletto… odio la loro cucina, il modo in cui si vestono, i loro riccioli, il loro fare sempre le vittime anche quando sono carnefici, il loro farci sentire sempre in colpa, come Occidente, per la Shoah, in modo da poter godere nel presente di ogni impunità, quando andrebbero presi a calci in culo i coloni che occupano impunemente terra che non è loro ecc…. potrei fare la parafrasi punto per punto di quel che ha scritto mettendo ebrei per islamici ed ebraismo per islamismo. Se avesse scritto lei un articolo così, cosa pensa sarebbe successo? Glielo dico io: non sarebbe stato un suo collega giornalista a segnarla all’ordine (segno che gli islamici hanno tollerato quel che lei ha scritto senza segnalarla né querelarla né niente), ma la comunità ebraica, e i suoi colleghi giornalisti, buona parte, avrebbero parlato di articolo razzista antisemita, e ci sarebbero pure stati i titoli sul tg con tanto di interviste ai capi della comunità ebraica. E sdegno e riprovazione ovunque: nessuno avrebbe difeso il suo diritto all’odio. Invece l’ha detto degli islamici, che non hanno reagito, non sono stati difesi da nessuno, nessuno ha mandato in tivù una loro intervista, e lei può continuare a parlare di diritto all’odio. Perché è verso gli islamici, ripeto: se lo dichiarasse verso gli ebrei, tutti la accuserebbero di antisemitismo e nessuno o quasi difenderebbe il suo diritto all’odio. Forse verrebbe pure denunciato per violare la legge Mancino (se avesse detto di odiare l’ebraismo e gli ebrei). Questa è la base della discriminazione: ciò che vale per uno, non vale per tutti.

Filippo Facci:

“Può darsi che lei abbia ragione, ma io in questo momento non ho un problema con gli ebrei, ce l’ho con l’Islam. comunque potrei anche dimostrarle di aver avuto i miei bravi problemi con la comunità ebraica, tanto da perdere un posto di lavoro. Per le mie idee, non altro.”

Guardi, ho trovato un mio vecchio articolo, a proposito:

29 giugno alle ore 18:57

Eccolo, del 2008: Devo per forza dire due paroline a Fiamma Nirenstein e e Furio Colombo. Le beghe tra giornalisti sono noiose per davvero, è per questo che ho atteso un po’ di tempo prima di scrivere qualcosa che tuttavia mi è semplicemente d’obbligo scrivere: per dignità personale e perchè altrimenti le parole non significherebbero davvero più nulla, potremmo dirci ormai qualsiasi cosa. Il liquidare una querelle come la milionesima bega tra giornalisti, oltretutto, può divenire anche una maniera di liquidare la discussione che l’ha originata, e non è giusto neanche questo.
Pistolotto a parte, la sostanza è che non sono disposto a farmi dare del fascista da Fiamma Nirenstein e del sostanziale antisemita da Furio Colombo: penso che se ne dovrebbero vergognare, e penso che il loro modo di ragionare sia culturalmente regredito e ricattatorio.
Riassunto. Sul Riformista del 5 giugno, nel mio piccolo, avevo tentato di azzardare addirittura un ragionamento: mi chiedevo perchè in Italia ogni posizione su Israele non potesse avere sfumature; mi dicevo stanco, per colpa dell’opinione di Ahmadinejad, di dover rinunciare ad averne una mia; mi dicevo stufo che ogni discussione su Israele, entro dieci parole, dovesse assumere per forza una valenza meta-storica. A proposito di Fiamma Nirenstein, che legittimamente scrive solo di Israele, vive in Israele, si occupa solo di Israele, avevo scritto questo: «Non ho trovato grottesca la candidatura di Fiamma Nirenstein al Parlamento italiano, ma trovo grottesca la maniera in cui si sta configurando il suo mandato: di fatto è la rappresentante di un Paese che non è quello che l’ha eletta». E questa si chiama critica: stupida o banale che sia. Mi bastava esprimerla, non chiedevo nulla. Fiamma Nirenstein tuttavia ha dapprima rifiutato di replicare sul quotidiano che gliel’aveva chiesto (e sul quale scriviamo entrambi) perchè «è una parlamentare», ha detto, dopodichè sul Riformista ha rilasciato un’intervistina la cui formula ha ritenuto evidentemente più consona e, dopo la premessa secondo la quale «ci ride su», si apprendena che «una cosa che però la impensierisce davvero» e cioè questa: «Gli argomenti del collega sono quelli che usavano i fascisti. Erano proprio i testi del Ventennio che descrivevano gli ebrei come infiltrati, emissari di una potenza straniera. Purtroppo è proprio a causa di argomenti così, usati con troppa leggerezza, che mi ritrovo a vivere sotto scorta». Il che vuol dire: la mia critica è fascista, superficiale nonchè una concausa del fatto che vogliano presumibilmente ammazzare Fiamma Nirenstein.
Ecco: si può accettare una cosa del genere? Con quale leggerezza, con quale arroganza si possono dire cose del genere? Si può – e se lo chiede uno che certo non ci va piano – usare le parole in questo modo? E’ consentito l’essere esentati da eserciti altrui, guerre interiori o effettive altrui, rilasci sbrigativi di patenti non richieste? Peraltro: non è proprio, questa, la dimostrazione dell’impossibilità di sfumature ogni volta che in Italia si parla d’Israele?
Poi è arrivato Furio Colombo. Sull’Unità dell’8 giugno, nel sermone scalfariano della domenica, ha sganciato: «E pensare che Filippo Facci era giunto a scrivere su Il �Giornale che Fiamma Nirenstein non può parlare a nome dell’Italia sulla questione di �Israele perché è ebrea». A parte che era il Riformista e non Il Giornale, ecco che cos’è diventato quel che volevo dire: è un’ebrea e deve stare zitta. E la gente legge.
Ecco, non avete neppure idea di quanto io non ci stia, a questo gioco. Ma non ricadrò nello stesso errore (storizzabile anche quello) di Fiamma Nirenstein: ossia la generalizzazione, laddove ogni generalizzazione suscita prima o poi risposta radicali e controproducenti. Seguito a stringere il mio diritto di critica, per ora, e lo ripeto: devono vergognarsi.

29 giugno alle ore 18:58 · Modificato

 

Lorenzo Galbiati:

il suo articolo su Fiamma Nirenstein dimostra due cose: 1 ci vuol pochissimo per passare per antisemiti del tempo del fascismo/nazismo (motivo per cui ritengo il termine antisemita privo ormai di un reale significato, di fatto è una categoria usata per scopi politici: destra e sinistra israeliane si danno dell’antisemita a vicenda per motivi diversi) quindi si figuri se uno esprime chiaramente odio per gli ebrei e l’ebraismo 2 Come lei stesso scrive, ha fatto una critica circostanziata su una persona, non una generalizzazione, “laddove ogni generalizzazione suscita prima o poi risposta radicali e controproducenti”. Ma non è esattamente quello che ha fatto con gli islamici e l’Islam? Non ha forse generalizzato, facendo di tutta l’erba un fascio, con il rischio di provocare risposte radicali e controproducenti? Infine, lei dice che ha un problema con l’Islam, non con l’ebraismo. Non discuto. Ma concorderà che il suo problema personale con l’Islam è molto meno importante della discriminazione sociale di interi gruppi di persone. E io di questo mi preoccupo. Perché si può dichiarare odio agli islamici impunemente (a meno che un collega deferisca all’Ordine) mentre non si può dichiarare ed esprimere odio (e tutto il resto che lei ha espresso) per gli ebrei? O per le donne? O per i gay? Senza essere stigmatizzati dalla stragrande maggior parte dei giornalisti che ora la difendono? Io vorrei equità e giustizia. Se quel che lei ha espresso per l’Islam è legittimo, allora deve essere legittimo esprimerlo anche verso gli ebrei o verso qualsiasi altro gruppo di persone. Se non è legittimo verso ebrei, donne, gay ecc. allora non deve essere legittimo nemmeno nei confronti degli islamici. Infatti, se io esprimessi odio per le donne, le definissi… c’è l’imbarazzo della scelta… sono mie opinioni no? Certo, ma verrei accusato di essere sessista dalla stampa e sentiremmo la Boldrini, e insieme a lei gran parte dei giornalisti, specie le donne, citare la violenza sulle donne. Oppure potrei dire che odio i gay, il Gay Pride mi fa schifo ecc. con relative conseguenze… Se ogni giornalista usasse le testate nazionali per esprimere odio per un gruppo di persone, senza distinzioni, fino a dire che sono i peggiori e andrebbero presi a calci quando ecc. cosa accadrebbe? E soprattutto, se la legge Mancino prevede di condannare idee basate sulla superiorità o sull’odio razziale, quando mai dovrebbe essere applicata se non lo si fa con giornalisti che lavorano su giornali o tivù nazionali e che esprimono direttamente odio per un preciso gruppo di persone (appartenenti a etnie o religione ecc.)? Mi pare che la Cassazione definisca odio razziale l’odio che si augura morte o grave danno agli odiati: ma il grave danno non mi sembra facile da definire. E allora che si fa? E’ legittimo o no? E se sì, allora perché lo è solo verso gli islamici?

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· Rispondi · 29 giugno alle ore 21:52

Questo è quel che penso io.

https://www.facebook.com/notes/filippo-facci/titolo-non-censurabile/10156414715078009/?comment_id=10155440988032103&reply_comment_id=10155442429987103&notif_t=feed_comment_reply&notif_id=1498773269647523#

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