#ArnesiDaSuono 20 – Sono Goto: cetra a pizzico giapponese

Il sono goto, detto anche goto o Koto, è un cordofono semplice, strumento tra i più importanti della musica giapponese la cui invenzione risale all’ VIII secolo circa. È una grande cetra a pizzico, molto simile ai “salteri” perché formati da corde che “saltano” su una cassa armonica.
La sua struttura prevede un corpo di legno (costruito con legname di Paulownia Tomentosa) – la cassa armonica, appunto, lunga circa due metri e larga poco più di venti centimetri – su cui sono tese tredici corde di seta di uguale diametro e tensione, poggiate su centrali ponticelli mobili e collegate a ponticelli fissi che le bloccano all’estremità dello strumento. Simbolicamente rappresenta il corpo di un drago giapponese per cui la parte superiore della cassa armonica è detta Ryuko (schiena del drago) e le estremità dello strumento sono dette Ryuto e ryubi (testa e coda del drago).

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Il Goto è dotato di quattro piccoli piedini di legno e per essere suonato viene poggiato sul terreno; lo strumentista, in ginocchio o seduto, ne pizzica le corde con tre plettri, detti tsume, stretti da pollice, indice e medio della mano destra. Le due scuole musicali tradizionali, per l’insegnamento delle tecniche esecutive al Goto, utilizzano due diversi tipologie di plettro: il plettro ovale (scuola Yamada) e il plettro quadrato (scuola Ikuta). Anticamente la mano sinistra non pizzicava le corde ma esercitava delle variazioni sulla tensione delle corde dando vita ad una serie di abbellimenti; nel tempo, la tecnica subì le influenze della musica occidentale ed anche la mano sinistra venne impiegata nel pizzicato al fine di ottenere sovrapposizioni sonore e polifonia. Nei tempi antichi il Goto era esclusivamente impiegato presso la corte imperiale ma dal XVII secolo in avanti lo strumento raggiunse il favore e l’interesse del popolo soprattutto grazie a Yatsuhashi Kengyô (1614-1684), compositore di numerosi brani divenuti classici nel repertorio per Goto (tra cui Rokudan e Midaree) ed inventore dell’accordatura hirajoshi.

Marta Cutugno

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