Il nuovo Tarantino

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“The Hateful Eight”, il nuovo film di Quentin Tarantino, ha diviso i critici e scatenato dibattiti. Merito di un progetto cinematografico, scritto e diretto dal cineasta di “Pulp Fiction” e “Django Unchained”, che rappresenta quasi una sintesi della sua filmografia. Per altri aspetti, invece, con una minore spettacolarizzazione della violenza, rappresenta una svolta.

In ogni caso, Tarantino mette in gioco la sua idea di  cinema, senza tralasciare il suo punto di vista sul mondo e sulla realtà politica del suo Paese, continuando a investigare a modo suo sulle radici americane, a partire dalla guerra civile. Ancora una volta lo scontro fra bianchi e neri fa da sfondo interpretativo a una narrazione ricca di citazioni disseminate nella storia.

Non mancano gli omaggi agli spaghetti western (con la colonna sonora celebrativa di Ennio Morricone), ai “Dieci piccoli indiani” di Agata Christie e a tanto cinema di seria A e di serie B. Sin dai titoli di testa, in uno scenario innevato dove spicca un crocifisso di legno come richiamo a una morte senza resurrezioni, Tarantino pretende pazienza dallo spettatore, con una prima parte suggestiva ma poco coinvolgente.

Nel clima (anche sonoro) di una tempesta di neve che condiziona i vari personaggi, tuttavia, la seconda parte esalta le svolte narrative e fa esplodere la violenza tra scontri psicologici e armi da fuoco. I lunghi e paradossali dialoghi non sono all’altezza dei film precedenti, né la suddivisione in capitoli e l’irruzione del narratore risultano sempre al servizio di una struttura dotata di una carica innovativa. Qualcosa si perde, in termini di freschezza, ma la riflessione sul cinema oggi – nella doppia versione in 70 mm e in digitale – trova linfa nel senso della visione di “The Hateful Eight”, reso al meglio dalla fotografia di Robert Richardson.

Ottimi gli interpreti, odiosi quanto basta: da Samuel L. Jackson e Kurt Russell a Tim Roth e alla ripugnante Daisy di Jennifer Jason Leigh. Appare geniale l’impiego della finta lettera di Lincoln al nero Marquis come metafora di una nazione incompiuta e di un’integrazione ancora lontana. Nel complesso, un buon Tarantino, con picchi, qualche momento di stanca e un finale potente.

Marco Olivieri

Si segnalano anche i seguenti articoli, con differenti punti di vista:

http://www.internazionale.it/opinione/goffredo-fofi/2016/02/09/the-hateful-eight-tarantino-recensione

http://espresso.repubblica.it/visioni/cultura/2016/02/03/news/quentin-tarantino-stavolta-fa-il-verso-a-se-stesso-1.248752

http://www.gazzettadelsud.it/news/spettacoli—cultura/183156/Quegli-spregevoli-otto.html

Una parte di questa recensione è stata pubblicata su Centonove Press del 10 febbraio 2016, rubrica Visioni.

 

Il trailer: https://www.youtube.com/watch?v=69UwVX6Riv8

 

Immagini dalla pagina Facebook https://www.facebook.com/TheHatefulEight.ilfilm/?fref=photo

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