“Buchettino” al Teatro Vittorio Emanuele: fiaba e incanto per la regia di Chiara Guidi

  di Marta Cutugno

Al via il cartellone Teatro Ragazzi del Vittorio Emanuele di Messina, nell’ambito del progetto “L’Atelier. Itinerari culturali”. In scena da martedì 17 a giovedì 19 novembre, la prima assoluta siciliana di “Buchettino” per la regia di Chiara Guidi, scene e ambientazione sonora di Romeo Castellucci, adattamento al testo di Claudia Castellucci e regia sonora di Paolo Baldini. Nel repertorio della Socìetas Raffaello Sanzio dal 2 maggio 1995 – data del debutto presso il Teatro Comandini di Cesena, sede della compagnia – Buchettino ha incantato, in vent’anni, giovani spettatori di tutto il mondo vantando versioni (curate e dirette da Chiara Guidi) anche in Cina, Corea e Giappone ed entrando così, a pieno titolo, nella schiera dei più importanti ed innovativi spettacoli di teatro per ragazzi. È una fiaba per adulti e bambini, tratta da “Le Petit Poucet” di Charles Perrault (1628-1703), in cui primo eroe è l’ultimo di sette figli maschi di un taglialegna e di una taglialegna:

La cosa che maggiormente li tormentava era che il minore veniva su delicato e non parlava mai: e questo che era un segno manifesto di bontà del suo carattere, lo scambiavano per un segno di stupidaggine. Il ragazzo era minuto di persona; e quando venne al mondo, non passava la grossezza di un dito pollice” ( traduzione di Collodi, da “I racconti delle fate“).

Grande quanto un pollice, Buchettino – così detto perché passava anche attraverso i più piccoli buchi – grazie alla sua furbizia ed intelligenza, indicherà ai fratelli la strada di casa dopo l’abbandono dei genitori, li salverà dalle fauci dell’orco cattivo, scambiando i loro berretti con le corone d’oro delle sue figlie, riscattando poi tutta la famiglia dalle tristi condizioni di fame, le stesse condizioni che, al principio, avevano innescato peripezie.

La storia di questo piccolo eroe, che i francesi chiamano Petit Poucet, perché era grande appena come il dito pollice, è stata forse inventata apposta per dar ragione e autorità a quell’antico proverbio che dice: “Gli uomini non si misurano a canne!” (Carlo Collodi)

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Nella produzione della Socìetas Raffaello Sanzio, lo spettacolo si svolge dentro una casetta in legno, qui posta sul retro del palcoscenico, un unico ambiente avvolto nella semi oscurità. Sola al centro della scena, l’eccellente narratrice Monica Demuru è seduta su una seggiola con un libro tra le mani. Sulla sua testa, un lume – l’unico della piccola casa in mezzo al bosco – e intorno a lei tanti lettini, in due file sul centro e a castello sul perimetro, occupati da una cinquantina di spettatori, bambini ed insegnanti. Primo impulso è la voce di Monica che invita tutti a sistemarsi sotto lenzuola e coperte, a posare la testa sul cuscino e predisporsi all’ascolto: da quella voce passeranno via via tutti i personaggi della favola. Il racconto si accompagna ad effetti sonori e rumori dal vivo realizzati da Andrei Benchea e Carmen Castellucci. Dietro le pareti o sul soffitto, Andrei e Carmen ricostruiscono ed evocano sonoramente, in coerenza con i fatti narrati, gli spostamenti e le dinamiche emotive. Dall’interno si odono i passi stretti e spediti di Buchettino, le vocine, la sua e quelle dei suoi fratelli, l’acqua del ruscello, i sassolini seminati sul sentiero, il pianto di pentimento della mamma taglialegna, lo sfrigolare della carne sul fuoco, l’andatura zoppa della moglie dell’orco ed ogni altro piccolo particolare, espresso in traccia sonora ed invisibilmente trasformato in immagine fantasiosa della mente.

È come immergersi in uno di quei libri pop up tanto amati dai più piccoli, le cui pagine si sfogliano in sonorità realistiche e continui cambiamenti di registro. Tra sezioni narrative e parti dialogate, Monica Demuru, con ottima padronanza e capacità di tenere sempre alta l’attenzione, passa abilmente da un personaggio all’altro attraverso la naturale modulazione della voce e l’ausilio di distorsioni microfoniche. Il suo movimento in un ristretto campo di azione è nucleo da cui l’energia si propaga, sostenuto dalla illimitata potenza del suono vocale e della traccia acustica esterna. Come dentro una grande scatola di legno, chiusa ma estremamente flessibile, le pareti ed il soffitto scricchiolano sotto i passi dei personaggi, i letti tremano al vociare dell’orco, la lampada dondola durante la tempesta. I bambini restano catturati, non resistono all’interazione manifestando a loro modo stupore, attesa, timore in un (quasi) silenzio ottenuto faticosamente. Monica rassicura: “finché sarete qui dentro, niente potrà accadervi“. 60 minuti da favola senza intervallo, teatro sperimentale fuori dalla realtà e lontano dalle frenesie di oggi, in una dimensione protetta che custodisce anche quando giunge la paura per i fortissimi rumori della tempesta di grandine e per i feroci spasmi d’ira dell’orco. Lo spettacolo prende forma intorno allo spettatore, la sua fantasia è stimolata al massimo, mentre resta adagiato nel suo lettino come nella cameretta di casa, un momento prima di dormire, in un’esperienza sensoriale in cui “non c’è nulla da vedere, c’è soltanto da ascoltare“. (Produzione: Socìetas Raffaello Sanzio; cura: Valentina Bertolino, Stefania Lora; amministrazione: Michela Medri, Elisa Bruno, Simona Barducci, Massimiliano Coli)

I prossimi appuntamenti nella programmazione Teatro Ragazzi del Vittorio Emanuele saranno “Blue” della compagnia TPO (14-15 dicembre 2015), “Histoire du soldat”, musica di Stravinsky, regia di Gianni Fortunato Pisani (18 febbraio 2016) e “Il grande viaggio” della Compagnia Teatropersona (15-16 marzo 2016).

Immagine in articolo: Illustrazione di Gustave Dorè

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