“Perfect Holidays”: la mostra fotografica di Gianmarco Vetrano – l’intervista

di Marta Cutugno

In esposizione da Venerdì 13 novembre alla Sala Laudamo di Messina, Perfect Holidays, la mostra del fotografo Gianmarco Vetrano, aperta al pubblico fino ad oggi, dalle 17:00 alle 19:00, in concomitanza con lo spettacolo “Vento da Sud Est”, per la regia di Angelo Campolo. (Spettacolo QUI già recensito).

La mostra è stata curata dal critico d’arte Mosè Previti. Riportiamo, di seguito, una sua nota al progetto:

Perfect Holidays” vuole essere una riflessione sul fenomeno sociale più importante di questo scorcio di XXI secolo: l’immigrazione. La dolorosa vicenda umana di milioni di persone che ogni giorno lasciano la propria casa per fuggire da guerre e carestie, e il perpetrarsi, nell’immaginario comune, dei miti del divertissement e del lusso, stridono con la realtà del nostro tempo. Una realtà complessa che pare culturalmente e politicamente impreparata a considerare i fenomeni delle migrazioni e dell’impoverimento delle risorse come una conseguenza di quella globalizzazione che, per strade assai più sicure, muove l’economia del mondo. L’elemento acquatico vuole richiamare quel momento cruciale delle migrazioni, vale a dire l’attraversamento del mar Mediterraneo, che, come già accaduto nella secolare guerra tra occidente cristiano e oriente islamico, è oggi diventato un campo di battaglia, un cimitero di questioni irrisolte. Questioni che ben lungi dall’essere la cartolina esotica di un disastro distante, sono messe a fuoco da Vetrano nel paesaggio ludico dell’acquapark, ambiente simbolo di una distensione che ben lungi dall’essere confinata alla ritualità del ritmo del lavoro umano, è diventata il mito assoluto della nostra esistenza. Con la parola relax la modernità pare aver inghiottito il tempo del riposo, dell’otium latino, quando la pausa dal mondo era anche il momento per la sua critica, per una meditata riflessione individuale. “La società dello spettacolo” sembra nutrirsi del dibattito esagitato e superficiale dei media, accettando che la banalità del razzismo e dell’odio torni a reclamare una legittimità che la Storia sembrava aver drammaticamente estromesso per sempre. Infine, le grandi dimensioni delle foto vogliono rievocare sia il grande spazio architettonico che le ha generate, sia dialogare criticamente con la superficie chiassosa dello schermo televisivo, sia, soprattutto, portare lo sguardo e la mente dello spettatore nel campo di forze concettuali ed emotive del silenzioso rettangolo dei quadri”.

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Gianmarco Vetrano è un fotografo professionista. Ha ottenuto diversi riconoscimenti a livello nazionale e internazionale, le sue fotografie sono state pubblicate su diverse testate del settore e le sue mostre, apprezzate da pubblico e critica. Fa parte dell’ ANFM – che gli ha conferito menzioni e premi per i suoi lavori fotografici – e di molte altre prestigiose associazioni di categoria.
Parallelamente all’opera fotografica si dedica a progetti videografici. Supportato dal suo staff e da altri collaboratori, produce cortometraggi, documentari e spot. È stato inoltre direttore della fotografia per alcuni cortometraggi, lungometraggi cinematografici, tra cui “Ragazze a mano armata” (2014) di Fabio Segatori. Il suo studio ha sede in Sicilia, ma opera su tutto il territorio nazionale.

Perfect Holidays è la ricostruzione fotografica surreale di quel triste fenomeno sociale che, amaramente, vede in gioco un numero inquantificabile di vite: persone, uomini, donne e bambini che, per fuggire da guerra e fame, lasciano terra, casa e radici in cerca di vita.
Il progetto, che ufficialmente ha debuttato al “Sol Levante e Terra del Sole” – evento Expo organizzato dal Museo del Fango presso il castello di Montesegale – è stato curato dal critico d’arte Mosè Previti e viene presentato al pubblico in cinque stampe digitali su gatorfoam (formato 70×100) che – versione ridotta dell’intero progetto – portano comunque a termine le intenzioni ed il messaggio del fotografo. Con la partecipazione straordinaria di Bright Dankwak Siaw, Osman Mohammed, Ismail Yakubu, Abdurahif Mohammed Sami, Omar Tunkara, Oto Chiruzo, Omom Elimiam e grazie alla collaborazione del centro di accoglienza “Ahmed” di Messina ed al supporto di Antonino Previti e Clelia Marano, le foto in mostra ritraggono un gruppo di migranti che, imponendo le loro figure nella cornice di un Acquapark abbandonato, rappresentano il disperato flusso migratorio verso le nostre coste. L’acqua, alle volte presente e alle volte asciutta ed invisibile, assume una doppia simbolica valenza: da un lato, evoca il divertimento, essendone motore, in quel luogo destinato a momenti di relax, dall’altro, è elemento di morte che affonda, inghiotte, distrugge. Nell’intrecciarsi vorticoso dell’imponente scivolo è possibile distinguere diverse figure di uomo: restano di spalle e, nel loro rispettoso distanziarsi, suggeriscono l’idea del cammino: la prospettiva è quella del viaggio e dell’ incertezza. Nei pressi del grande fungo, dentro la piscina con acqua bassa adibita al gioco dei più piccoli, i loro corpi galleggiano a testa in giù o immersi fino a metà volto. Il cielo è nuvoloso, le onde assenti, l’acqua chiara: lontani dal mare aperto, agitato e scuro che li ha graziati, simulano il destino toccato a molti altri fratelli, abbandonando le loro sagome inermi e sovrapposte. Sullo sfondo, rilassanti e distaccate visioni di ombrelloni, scivoli e palme. Restano, poi, all’ombra, distesi sulle sdraio a bordo piscina, costume alle ginocchia con su scritto “Italia” ed il capo e lo sguardo negato all’obiettivo: sospesa è la sorte e la memoria torna alle immagini dei corpi spenti sulle nostre spiagge. “Vacanze perfette” in cui contrasto e provocazione si sciolgono come lietmotiv. L’occhio dello spettatore, reso ormai saturo dai media, sarà in grado di coglierne l’intrinseco, crudo e doloroso messaggio e muoversi alla riflessione.

Intervista a Gianmarco Vetrano

  • imageGianmarcocos’è “Perfect Holidays”?

È un progetto in cui, con la mia sensibilità di fotografo, ho soltanto cercato di far arrivare agli altri il mio personale modo di vedere le cose rispetto alla triste realtà dell’immigrazione. La fotografia, a mio avviso, non può essere arte fine a se stessa ma deve possedere congiunzioni sociali forti, deve far incontrare concettuale ed attuale.

  • Perché hai scelto come contenuto della tua riflessione proprio il fenomeno dell’immigrazione?

Quando nel 2013 intrapresi un viaggio di turismo responsabile in Senegal insieme a Federica De Cola, Clelia Marano e Linda Schipani, non sapevo ancora che sarei tornato a casa con un bagaglio di sorrisi e la gioia di quei bambini stampata in viso. Un’esperienza che mi ha sconvolto a tal punto da alimentare in me il bisogno di dire, di raccontare di quella terra e provare a sensibilizzare anche solo una persona tra mille. E l’arte della fotografia è il mio strumento.

  • Come si è svolto il servizio fotografico? Quali le dinamiche instauratesi tra te fotografo ed i migranti davanti l’obiettivo?

In una mattina di settembre, alle sette in punto sono entrato nell’Acquapark di Catania grazie alla grande disponibilità dei proprietari. Avevo bisogno di quella luce, di quel cielo che tendeva al grigio ma soprattutto del silenzio e della desolazione più totale. Insieme a me, i migranti provenienti perlopiù dal Ghana ed Antonino Previti del centro “Ahmed”. In quella location, icona occidentale del divertimento effimero, il contrasto, ovvero ciò che volevo comunicare, trovava il giusto spazio. Metterli sopra o accanto ad un barcone avrebbe solo imitato la realtà senza costituire svolta. Prima di intraprendere il progetto, ho spiegato chiaramente a quei ragazzi quale sarebbe stato il percorso ed hanno compreso tutto coscientemente. Dall’esterno potrei forse essere additato come cinico o insensibile, per aver sottolineato il loro dolore e momenti vissuti realmente, ma, da subito, i ragazzi migranti hanno colto i miei intenti. La loro disponibilità, la loro approvazione è stata la mia forza. Abbiamo avuto qualche difficoltà perché molti di loro non sanno nuotare e parlano poco l’inglese per cui spesso io stesso ho mostrato le pose da assumere sul set. Tutto si è svolto nella massima serenità e, a volte, ridendoci anche su per sdrammatizzare.

  • Qual’ è il messaggio ultimo che vuoi lanciare?
    Spero che lo spettatore viva questa mostra come un viaggio. Io la vivo così, come se avessi viaggiato per ognuno di loro, perché credo che il viaggio, sia esso fotografico, simbolico o fisico, “costringa” ad amare le diversità,  un’occasione unica per superare ogni chiusura.

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