di Diego Conticello
Leggendo questo nuovo testo di Giulio Maffii, tutto incentrato sul movimento e la musicalità delle scene mi viene subito da pensare alle pose teatrali de L’Esequie della Luna di Lucio Piccolo, ovvero quello che l’autore stesso dei Canti Barocchi soleva definire un “balletto lunare”, sulla caduta della Luna e la “trovatura” miracolosa della stessa in un lontano vicereame favolistico sulla scorta degli Idilli di Teocrito e sul Frammento Odi Melisso io vo’ contarti un sogno di Leopardi. Ora questo appena uscito volumetto di Maffii me lo ricorda molto da vicino proprio per la musicalità impeccabile del dettato che, tramite rimandi e spigolature anche dialogiche accenna fortemente persino alla polifonia, anzi alla più antica variante dell’eterofonia, dove “parti” – in questo caso lemmi e incisi – si sovrappongono con estro ma anche con debita armonia e con pochissime dissonanze, a creare l’ordito.
Un esempio programmatico di tale poetica si ha immediatamente nel testo incipitario:
La caduta provoca mutazioni
nel tono della voce
lo sanno bene le debuttanti
che rinunciano all’urlo
alle tentazioni
strette affamate chiuse
ciottoli di respiro
e tutto ha una risposta
una corrispondenza
un tratto di luce
tra spazio e corpo
Le “note” vengono talvolta “legate” con l’espediente dell’iterazione, talvolta spezzate affondando le chiavi di lettura nella contrapposizione tra memoria come profondità e presenza come percezione, o anche attraverso una sorta di correlativo soggettivo in cui l’autore affida direttamente all’oggetto la comunicazione di uno stato d’animo, come avviene con l’elemento “finestra” nel testo che segue:
Segue segue segue sempre
il trapasso alla memoria
qualcuno si spezza dentro
ed esce dal ballo
ma tu c’eri
eri presente
nella possessione dell’attimo –
Siamo nel punto
Ridi ma non posso accettare
che le cose siano state
macerate in un pas de deux
L’orgoglio dei vestiti
la decadenza delle gocce
alla fine della pioggia
Piange la finestra per una vita scarsa
per l’oscurità che piove
nella tua bocca
Altro tema forte che fa da “bordone” per tutta la raccolta è certamente quello della parola intesa come convogliatore del dire, ma col limite nel cogliere appieno quanto è nascosto nelle pieghe della coscienza, sebbene essa non perda mai la propria capacità “attrattiva” e, in parte, anche curativa: «La parola investiga l’esistenza immiserita/ l’odore vago e assente della calamita», oppure: «non servono miracoli per ricucire/ lo smottamento dei corpi/ è necessaria qualche parola in controluce/ e la sbarra per gli esercizi/ a pochi centimetri dal suolo», il tutto in sottili richiami fonici di marca “segnica” che sicuramente hanno in Cattafi uno dei riferimenti imprescindibili per il nostro.
Questo chiodo piantato
tra la gola e la parola
la sterpaglia degli oggetti
e qualcuno si attardava alla vostra voce
vi compenetrava
si faceva vivo
La preveggenza e gli oroscopi
sono stati un azzardo
niente più
l’essenza di una inutile battaglia
Ci siamo persi nel punto non geometrico
La parola vola sotto traccia
deflagra quel che resta
senza faccia.
Vi ritroviamo infatti l’uso emblematico del dimostrativo in posizione iniziale, l’uso iconico e fissante della rima interna, l’uso di lemmi simil scientifici (geometrico, traccia, deflagra, ecc.) e l’impeccabile costruzione rimico-ritmica tanto cari al poeta barcellonese, oppure altri elementi quali la triplicazione sostantivale e il vezzo dell’accostamento improbabile ma incisivo come in quest’altro testo:
Una volta ho interrotto la musa
impollinato ampollato annullato
da un tempo in bilico
tra stragi e serenità
luoghi affollati
ed il colle ventoso di una bocca
tacco punta
vestizioni metalliche
l’immacolata concezione delle parole
a ridosso dello scricchiolio
notturno del caffè
che borbotta molto più di una ferita
e sembra che non c’è
e sembra
La musica tuttavia non è mai fine a se stessa ma preclude a un movimento, un’azione che sia sempre in direzione della possibile piena consapevolezza, che poi è anelito continuamente incompiuto – perché messo sempre sotto scacco – verso la conoscenza (ne è un esempio lampante il testo qui proposto):
Gli anni in minore
- si vir es –
in cui non succede niente
se non quello
che succede ad altri
perché gli oggetti le persone le parole
ci ingannano
con la loro somiglianza
Il sacrificio ha inizio con il respiro
Il gioco comporta dunque anche la possibilità dell’inganno e dell’attesa vana che spesso sottende l’inutile sacrificio del movimento compiuto ma inservibile, del non detto (e dunque anche del silenzio e della musica non eseguita) che “fanno gioco” allo spalancarsi dell’abisso, del nulla:
I sogni sfumano in profezie
- il corso di affinamento al ballo –
tempo inutile di incudine
apprendistato al niente
Costretto ad un altro attraversamento
a recarmi ad Angers
Non si può danzare
senza corpi eviscerati
A testimonianza del fatto che la poesia di Maffii si giochi in una dimensione di teatro della vita e della parola per un esserci nel mondo più consapevole il testo a mio avviso più emblematico di questa nuova raccolta, rappresenta e tratteggia questi cardini con un’eleganza armonica assai originale negli esiti compositivi.
Eravamo già qui
in un’altra età
in altre occasioni
sgretolati e sepolti nella rete del verbo e dei nomi
c’è chi esce adesso
dal sipario grammaticale
elude ad ellisse ogni bombardamento
siamo strati siamo stati
un granello
un’insegna posta in movimento
ecco
qui
non altrove
il dondolio di una promessa
io loro la stessa cosa
a nostra insaputa
in altre occasioni
arrotolati alla traiettoria imperfetta
il giorno il tempo il volto dei pronomi
Sempre con l’assillo che non si tratti di un ripelliniano “teatro della morte”, un ultimo atto prima di chiudere il sipario sulla definitiva scomparsa (o quantomeno appannamento) di una supposta bellezza originaria (del tempo, del gusto, della natura, dunque dell’esistenza stessa?).
E ci sentiamo atti mancati
parole oggetti dimenticati
lo scroscio delle sillabe sul rogo
il fumo il fuoco la reticenza
***
Giulio Maffii dorme abitualmente dal lato della porta, ma non disdegna il lato opposto. Osserva il mondo dagli zigomi delle finestre, dai balconi, dai finestrini d’auto. Spesso ci scappa un porticato. Adora attraversare corridoi. Vive e scrive. Studia e narra. Si può trovare di frequente sul web. Incentiva la piccola editoria, però quella seria e appassionata: qui pubblica volentieri. Ogni tanto accetta di buon grado premi, passeggiando tra l’odore amaro delle felci o incontrando sul cammino mucche che non leggono Montale. Prova ad essere saggio preferibilmente a giorni alterni.