InVersi Fotografici XVIII – Della natura umana e altre oscenità – Erich Fried Vs Jan Saudek

di Cinzia Accetta

Quello di oggi è un InVerso dissacrante, sotterraneo che scava nella debolezza dell’umano troppo umano. Jan Saudek, scampato agli orrori del campo di concentramento esorcizza la morte rappresentando la vita e l’amore in tutta la sua crudezza. Il corpo si fa materia oscena:  OSCENO significa “fuori dalla scena” – come diceva Carmelo Bene – ovvero “o-skenè”. Fuori dalla scena siamo fragili, grotteschi e bisognosi di uno sguardo benevolo che vada oltre la corruttibilità della carne. Il tema della morte ricorre spesso nelle sue composizioni in studio, rievocando il crudo romanticismo di tanta pittura di fine ottocento. Il taglio netto della luce, virato su forti contrasti enfatizzati dall’uso posticcio dell’acquerello, rievocano tanta pittura ottocentesca da Goya a Gericault. I set si arricchiscono di suppellettili e materiali teatrali che suggeriscono uomini e donne d’altri tempi, un’umanità sospesa nel tempo e alla ricerca di un giocoso edonismo. L’erotismo come antidoto alla paura della morte.  Alcuni richiami pittorici sono espliciti come l’uso dei girasoli in  Omaggio al grande Vincent, altre volte si nota più un’introspezione psicologica dei personaggi che ricordano Balthus nella sua Lezione di chitarra del 1934, e ancora  Edward Munch e il gruppo Die Brücke nella rappresentazione di una pubertà plumbea.

In molti libri | ho letto | me | e nient’altro che me.

(Erich Fried da Limitazione)

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L’amore dissacrato e privato dell’aura romantica  resta puro istinto, tensione del corpo, antidoto alla perdita di umanità. Erich Fried condivide lo stesso periodo storico di Saudek. Entrambi sopravvissuti all’orrore, entrambi innamorati dell’umanità. La parola e l’immagine come antidoto alla perdita di identità.

Poesie «d’amore di paura di collera» che scandagliano l’animo umano, mine vaganti prive di compiacimento, scomode radiografie di come siamo. «Restare vulnerabile è, in qualche modo, più difficile ma anche più vitale» continuare a stupirsi e emozionarsi nonostante.

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L’amore come riconoscimento di ciò che è. Al di là delle aspettative, delle volontà, delle attese, delle paure, dei giudizi: è sempre ciò che è. L’amore per l’essere umani, l’accettazione dell’altro che scaturisce da una profonda comprensione delle debolezze e contraddizioni dell’umanità, “la tenerezza e la furia/quel che vuole sottrarsi/e quel che vuole aderire”.

Questa stella è mia, 1975

Te

Te
lasciarti essere te
tutta intera
Vedere
che tu sei tu solo
se sei
tutto ciò che sei
la tenerezza
e la furia
quel che vuole sottrarsi
e quel che vuole aderire
Chi ama solo una metà
non ti ama a metà
ma per nulla
ti vuole ritagliare a misura
amputare
mutilare
Lasciarti essere te
è difficile o facile?
Non dipende da quanta
intenzione e saggezza
ma da quanto amore e quanta
aperta nostalgia di tutto-
di tutto
quel che tu sei
Del calore
e del freddo
della bontà
e della protervia
della tua volontà
e irritazione
di ogni tuo gesto
della tua ritrosia
incostanza
costanza
Allora questo
lasciarti essere te
non è forse
così difficile.

da “È quel che è. Poesie d’amore di paura di collera”, Einaudi 1988

*

Quel che è

È assurdo
dice la ragione.
È quel che è
dice l’amore.

È infelicità
dice il calcolo.
Non è altro che dolore
dice la paura.
È vano
dice il giudizio.
È quel che è
dice l’amore.

È ridicolo
dice l’orgoglio.
È avventato
dice la prudenza.
È impossibile
dice l’esperienza.
È quel che è
dice l’amore.

da “È quel che è. Poesie d’amore di paura di collera”, Einaudi 1988

*

Topologia

Ti amo
ma dove mai ti amo?
Qualcosa in me
si torce
perché è proprio
così com’è
(proprio
perché è così)

sono fuori di me
quando mi calo in me
e fuori di te
forse anche
E allora
dov’è
il dove?
E dove va?

Mi sono
fatto cuore
con un cuore di Möbius
che
si sfrangia
in tante strisce
senza vie d’uscita

da “È quel che è. Poesie d’amore di paura di collera”, Einaudi 1988

the lovers


Erich Fried – Scrittore austriaco (Vienna 1921 – Londra 1988).

Emigrato a Londra nel 1938 per sottrarsi alle persecuzioni antisemite, lavorò – oltre che come scrittore – anche da bibliotecario, operaio chimico, giornalista e commentatore del programma in lingua tedesca della BBC. Ha assunto una posizione eminente e singolare in seno alla letteratura impegnata, unendo la sua attenzione critica agli eventi storici del presente a una marcata propensione per il magico e per il metaforico. Ciò si avverte non tanto nella narrativa (Ein Soldat und ein Mädchen, 1960, trad. it. 1963; Kinder und Narren, 1965), quanto nella lirica, dove più a lungo insiste assumendo talora toni agitatorî: Warngedichte (1964); und Vietnam und (1966); Die Freiheit, den Mund aufzumachen (1972); So kam ich unter die Deutschen (1977); 100 Gedichte ohne Vaterland (1978, trad. it. 1979); Zur Zeit und zur Unzeit (1981); Es ist was es ist (1983, trad. it. 1988); Vorübungen für Wunder (1987). Da ricordare il vol. autobiografico Mitunter sogar Lachen. Zwischenfällen und Erinnerungen (1986; trad. it. 1989). Fried nel corso della sua carriera ricevette numerosi premi letterari tra cui: Fordergabe des Shiller (1965) Österreichischer Wurdigunggspreis für Literarur (1965); Prix International des éditeurs (1977); Literaturpreis der Stadt Wien (1980); Literaturpreis der Stadt Bremen (1983); Georg-Büchner-Preis (1987, un anno prima della sua morte).

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Jan Saudek

Quella di Jan Saudek è un’arte visionaria, erotica, malinconica e vitale. Ebreo nato a Praga nel 1935, visse l’orrore della Seconda Guerra Mondiale: alcuni dei suoi fratelli morirono in campo di concentramento.
Nel 1963, colpito dalle opere di Edward Steichen, decide di coltivare a fondo la sua passione e di diventare fotografo professionista. Dopo le prime fotografie in bianco e nero o virate seppia, a metà degli anni settanta inizia a colorare ad acquerello le sue stampe in bianco e nero, creando così il suo stile unico e inconfondibile che lo ha reso un grande protagonista della fotografia.

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