da "singoli plurali" – Viola Amarelli

un elisir di lunghissime adolescenze, stanze in affitto, metropolitane, hot dog e spaghettate, rimpatri, biblioteche, provette, appunti, birrerie, pub, scopate trasverse, aerei, bagagli, traslochi, un’enorme corsa ad ostacoli per arrivare, se pure, e quando e domanda princeps a quanto-fiutando chiamate, concorsi, plurilingue disperso, pomeriggi ghiacciati, mattine cinerine nebbioline opali, vai vai, cammina. ancora? ancora. altro giro, altra corsa, smanettare curriculum, informarsi su tempi, scadenze, stronzi. questo ultimo fondamentale. chiamare a casa. soldi. ritornello costante. qui tutto bene ma. soldi. caricate le carte, ricaricare telefoni, schermi, un enorme casino. piantare pomodori. combattere la mosca olearia. scansare le mosche cocchiere. salire sul cocchio vincente, a trovarlo. essere. bravo-o almeno furbo. o fortunato. suerte, culo, domani- tornare a casa. inventarsi un pasto, un amore. film di stramacchio, sottotitoli in serie, lavoretti al volo, un paio di mesi- vecchiaia-ikea-card sociale, arrivederci.
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si spezzano le sbarre, non tutte non tutte dice la carcerata che ci resta dentro-potrebbe andarsene ma a) non sa come sgusciare nel varco b) non sa dove andare c) è profondamente affezionata alle sbarre anche se non lo ammetterebbe né ora né mai. una posizione di stallo. si arrocca. si sente una torre- nera o bianca non importa, ma le verrebbe voglia di bianco, una volta, e che diamine le toccherebbe. una volta potrebbe essere bianca – per cambiare, si dice. continuano ad arrivare pasti. e acqua. continua a calare la notte e ritornare la luce. insomma cosa altro può fare? ingoia l’ansia del dover fare. per anni ha costruito progetti, intrecciato varianti e curato postille. non aveva che poco da fare e scorreva in gabbia ogni cosa, fluiva ricca, maestosa, senza peso né ostacoli. la infastidivano le compagne dell’ora d’aria. doveva aprire la bocca, cacciar fiato. non darsi delle arie, perché poi? perché parlare con quelle poveracce, sciagurate impigliate mentre lei invece era libera, navigava tra vento e sale, cabrava in aliante, arrampicava cime, cimase e bottoni. soprattutto bottoni. fabbricava bottoni di osso, di paglia e velluto, un artista. roba da esposizione intanto che passavano anni, infermerie, mestrui e caldane e riflessi ormonali. una vita. perfetta. pochi anni là fuori, un eterno esplorare lì dentro fra ragni, cotoni e pagliuzze. briciole e terra. coltivava limoni. un’ora d’aria. fuori non c’è nessuno, neanche dentro. finiti i soldi, hanno chiuso le prigioni. andate, andate, altri ospizi, ostelli, taverne, buone donne, donne dabbene. fra poco finiranno anche i pasti. l‘ hanno avvisata. dovrebbe. dovrebbe andar via. non ricorda dove ha messo le scarpe.
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rasare la testa, fa caldo. un diversivo. è il berretto, gli occhiali di sole. uguale agli uguali. imparare. la faccia immobile. manuale di allenamento. come sviluppare pettorali. il combo degli addominali. bere. schifezze energetiche. vendono olio. senza polimeriprofumisiliconibenzeni-para. compra la lattina di olio d’oliva. vacanze. infinite. giornate coatte. sbattere i chiodi nel muro. uno al giorno. uguale ai carcerati. installazione. colorarli. di carminio miniato. viva il sangue sacro sparso. viva le donne. uguale agli uguali. mangiare. verdure liofilizzate. frutta bio. riso integrale.le fibre. per gli interessanti dibattiti sugli scarti. evitare assolutamente schermi, d’ogni genere e pixel. camminare veloce ma misurato, niente marcia niun jogging, camminare come camminano gli altri. uguale. prendere appunti. nel cervello. guardare le bocche, di aria, di fogna, i fili dei cavi. gli impianti di allarme. memorizzare. girare la testa. la cervicale. in sostanza, sabotare la cabina elettrica. più sicuro e più nei tempi. stanotte. da solo. gli artisti lavorano da soli. tale e quale gli scassinatori. si deve pur sopravvivere, poi morire. uguale. medesimo. tale e quale. è inutile dirlo agli uguali.
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camminiamo. in una luce di miele. piano. stiamo morendo. non possiamo farci niente, tanto, prima o poi. profittiamo di un miracolo qualunque, fotoni, schegge chiarissime dove mettere i piedi, le caviglie improvvisamente leggere. potremmo anche darci la mano. abbracciarci, ma per camminare occorre star soli, allora le fila, uno a fianco dell’altro, uno dietro l’altro. siamo rimasti in pochi. i superstiti. quel che resta, che è sempre tanto, nella luce. fare attenzione. al respiro, alla terra sotto i piedi, che non è terra ma la parola è antichissima, si è conservata. cosa si conserverà di noi? qualcuno se lo chiede, con malinconia. non c’è bisogno di malinconia. c’è bisogno di un altro passo e di restare leggeri. il viaggio è lungo. cosa succede dopo. abbiamo le mappe. e le istruzioni. abbiamo la luce, per poco ancora. l’aria. respirate, con le bombole e i caschi. nuotiamo nel chiaro. nessuno ha molta paura. andarsene è naturale. le scorte di gas nervino sono pronte. appena deflagra – questo giorno, questo pianeta, questo sogno, scompariamo anche noi. normale. godiamo. il silenzio di questo pianeta, esaurito, consunto. magnesio. potassio. formule. l’abbiamo costruito noi. o meglio gli antichi, millenni fa. tra poco. la luce sarà più intensa, spettri, gli ultravioletti, un peana di gas e fiammelle, un boato per milioni di anni. noi dentro, noi fuori. scivolare, al multiverso. chissà dopo. chissà che altra luce. e terra. chissà se c’è aria. o acqua. o che altro. cerchiamo. ancora. un verde, dorato, miracolo.

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