Agostino Bonalumi

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Agostino Bonalumi

mi sorprendo che mi stringo
al mio ristagno
come la mano al morso
che la inchioda

Agostino Bonalumi, scomparso nel settembre 2013, è stato tra le personalità più significative per la pittura contemporanea del secondo Novecento, guadagnando  notorietà ed attenzione critica, soprattutto per il rigore che imponeva alla ricerca di ogni possibilità di luce attraverso le tecniche di estroflessione e introflessione di elementi nelle sue tele poste in tensione (sì da esaltarne e scolpirne la modulazione geometrica del colore in tutte le sue sfaccettate espressioni d’ombra e luce). Tuttavia, questo estremo rigore per la ricerca, negli anni, sembra aver imposto allo stesso artista la volontà di non tradurre descrittivamente l’idea in immagine, operando e infliggendo altresì una precisione chirurgica, “fredda”, alle coltellate con cui definisce lo spaziotempo all’interno delle sue tele. Meno noto, di contro, è il Bonalumi poeta, di cui andremo a leggere alcune poesie espunte dalla silloge “da te ascolto tornare le cose” (fuoricollana, Book editore, 2001), che ritengo significative per il netto contrasto che esplicano se contrapposte alla “distaccata” poetica delle sue tele.
Leggendo le pagine di questo libro saremo costretti a confrontarci con un Bonalumi che sembra stemperarsi nella parola, fino a trovare quella chiave espressiva necessaria a smussare il rigore della ricerca della geometricità della luce, che qui si scompone e ricompone mettendo a fuoco una narrazione surreale di immagini oniriche, che si alternano ritmicamente alla scansione descrittiva del quotidiano e dell’intrinseco rapporto che causa ed effetto di ogni singola azione, svolgono sull’aspetto più intimo ed emotivo dell’essere umano.

natàlia castaldi

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era un gioco innocente

era un gioco innocente
mettere alle stelle
i colletti bianchi
offerti dal sambuco
e un crescere di vero
se intanto
con la mia ombra
altro già non fosse
a trafficare di suo

*

non eri tu

il giallo che mi figuravo
salire le scale
muore
nei passi che non salgono
dalla finestra.

alta sulla piazza grigia
avevo visto scendere
la diagonale
sopra due gambe viola
un ombrello giallo

*

tramonto

ormai da tempo osservo
la memoria
avvitarsi riportando
i giorni nei giorni.

osservo
che mette radici di morbida criniera
il passato
e nell’anima si preparano stanze alla nostalgia
ché la mente si volge
e stanchezza nel corpo fa prove
di lungo sonno

*

incertezza

essere ha un profilo di perdita
e la coniugazione al presente
che cade
tra le mani del tempo
mi trattiene irresponsabile
di un pensiero
che nemmeno nasce.

… in bilico sulla luce
di una porta che un attimo ha tagliato
il nero dell’ora
sorgendo segni dalla voglia di pioggia
nell’aria

*

taciuto

la voce che non ha detto
le parole che restano
la ragione che ripiega il profilo
un incavo che si scava
il tempo che scorre fisso
la notte dei sonni tranquilli
che mette labbra
di silenzio malato

*

importa che i conti tornino

oltre l’ultima moneta
non c’è chi pesi un resto
già che del resto anche
si dissangua il sospetto.

importa che i conti tornino.

e poiché la disputa del sillabo
si mantiene ambigua
al circolo dei santi
nessuno osserverà un arresto di bandiere
pendere da corde d’afasia
quando premura sarebbe
di un miserere

*

pausa

la pioggia che bagna la strada
rasenta di essere solo un’idea
plausibile
in fondo all’odore di chiuso
parallela all’esitare del tarlo
che frammenta
sull’altro profilo dell’ascolto
e sottostante
nel poco di luce della stanza
la pausa che trasale
di assenza-presenza


Agostino Bonalumi nasce a Vimercate il 10 luglio 1935, tra il 2000 e il 2010 ha pubblicato sei libri di poesia:

scherzo io (Colophon, 2000);
da te ascolto tornare le cose (con un pensiero di Concetto Pozzati, Book Editore, 2001);
Difficile cogliersi (Edizioni Il Bulino, 2002);
Giusto provarci (Colophon, 2006);
è stato un nulla (Book Editore, 2008);
Difficile esserci (con un’introduzione di Leonardo Conti, Vanillaedizioni, 2010).

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