Elio Tavilla: La Capinera

Elio Tavilla
Elio Tavilla

Elio Tavilla è nato a Messina nel 1957. È docente di Storia del diritto medievale e moderno all’Università di Modena e Reggio Emilia.
Tra i suoi libri di poesia, Il cubo e l’assenza, con prefazione di Maria Luisa Spaziani (Premio internazionale per l’inedito “Eugenio Montale” 1983; Società di Poesia, Milano 1984), Concetti semplici, con prefazione di Rosita Copioli (Prova d’Autore, Catania 1989; finalista al premio Alfonso Gatto 1989), L’amore di due, con postfazione di Alberto Bertoni (Book Editore, Castel Maggiore 1999; Premio Dario Bellezza 2000; finalista al Premio San Pellegrino Terme 2000), La cometa, con nota introduttiva di Giampiero Neri e postfazione di Emilio Rentocchini (Gallo&Calzati editori, San Giovanni Persiceto 2005; Premio Sandro Penna 2005).

La scrittura di Tavilla si presenta immediatamente al lettore ricca di echi e rimandi privi di zavorra, leggeri e pieni come solo la padronanza del mezzo poetico e della sua tradizione può permettersi di mostrare senza rischiare di inciampare nella trappola dell’ostentazione, con la serenità della citazione che non teme se stessa dispiegandosi in tutta la sua naturalezza e semplicità. L’allegoria naturalistica della capinera pascoliana in questi inediti riecheggia insieme alla fascinazione del verismo narrativo del Verga, per prendere tuttavia una via decisa e personale che ci conduce a interrogativi intimi e universali, raccogliendo i lettori sotto l’ala del comune spaesamento dinanzi al complesso mistero dell’esistenza con la sua più totale precarietà e inevitabile solitudine, che rinchiude nelle “rarefatte voliere” del quotidiano vivere la moltitudine delle singole voci in un unico coro sordo a se stesso. Ed è così che mentre Tavilla scrive

nel nulla delle cose da nulla che avevo da dirti
ce n’è una importante

le schegge dilaniano i corpi
come fossero merce di scambio e intanto

…] chiedeva mercede
la vita che sgorgava al centro della foto

a chiedere pietà non è il poeta, ma la vicenda personale di ciascun lettore che in ogni frammento di questi inediti si ancora al senso di nullità e caducità che ne “l’alito dell’aracoeli attorno” accomuna ogni canto in una sola “tiritera / dei tormenti”, cui il poeta non contrappone litanie e controcanti di finte speranze o opportunità di salvezza, indicando invece quale unica fonte di resilienza la consapevolezza di non poter trovare facili “vie d’uscita” per lenire il dolore e vincere la paura al di fuori delle nostre stesse forze, accettando quindi quel che è così com’è, con l’unica possibile e incondizionata attitudine alla perfezione sociale propria dei fiori che amano per loro generosa natura: senza null’altro chiedere, senza riserve.

natàlia castaldi

***

1.
o la capinera, la nera capinera
affondata e alta, tutta luce tutta voce
o finita capinera che si staglia

dalla fila ultima, stordente
capinera

2.
———— la voliera era cosa
rarefatta che diceva di te tutto
che sembrava
———— ———-   fosse
l’alito dell’aracoeli attorno

3.
a mente lo ripeti, tiritera
dei tormenti. Avessi visto il giorno dopo
dei bombardamenti a San Lorenzo che cos’era
il vetro falcidiato delle auto, sogno
di sventura e schiuma.
———— ———— ———— Mi chiamano

perché ci fosse acqua mi tenevo stretto
a te
———— che non c’eri

4.
non trovare via d’uscita, essere
e non essere, dire che non importa e invece
il lago era profondo, ci si può morire.

La perfezione sociale dei fiori non attende
il tuo ritorno, vede che è bene amarti
e lo fa senza riserve

5.
non c’era nulla da ascoltare a parte il tram
un diciotto o un trentacinque che con terrea
ostinazione si affanna sulle rotatorie

sono semplici fioriere devastate
dalla polvere
———— —a furia di metafore scambiano
il furore degli uccelli con l’inverno

6.
sono come i giocattoli, si rompono
sul più bello e invariabilmente prometti di
non piangere, gli specchietti, i giri
di parole per distrarti
————————   di notte era meglio
durava di quel tanto per confondere
qui, qui e qui

7.
i fornelli tuonano dentro le cucine
hanno l’aria dell’ultimo pasto da affamare
anche se

————       è che nessuno è morto mai di fame
solo un languore infinito ingigantito
dalla febbre, una nuvola complessa dalla pioggia
ispirata, smorta, come non se ne vede

8.
sì, la mia notte è come a mezzogiorno
le lune ingombrano il vaso e il vaso oscilla
con il suo carico di peonie. Ama
e smetti di strillare, hai sonno
non ne hai, è uguale
———— ———— ————cosa importa
a te del resto, non hai visto il segno d’arresto
e mi hai schiantato

9.
nel nulla delle cose da nulla che avevo da dirti
ce n’è una importante
———————le schegge dilaniano i corpi
come fossero merce di scambio e intanto
sanguina, resta e mercede chiede pietosa
la vita che sgorgava al centro della foto

***

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