Daìta Martinez: il ciato e la terra

Daìta Martinez
Daìta Martinez

Daìta Martinez è nata e vive a Palermo. Segnalata e premiata in diversi concorsi ha pubblicato in antologica con LietoColle, La Vita Felice, Mondadori, Akkuaria, Fusibilialibri, Ursini Edizioni.
E’ autrice dei testi in video tour Kalavria 2009.
(dietro l’una) è la sua opera prima, edita LietoColle, 2011, segnalata alla V Edizione del Premio Nazionale di Poesia “Maria Marino”.
Suoi inediti sono stati segnalati dalla giuria del Premio poetico “Ossi di Seppia”, 2011, 2013, 2014
Suo racconto inedito è stato segnalato dalla giuria del Premio di narrativa “Ossi di Seppia”, 2012.
. la bottega di via alloro . è il suo ultimo lavoro poetico, edito LietoColle, 2013.

La scrittura della Martinez fonde ricerca e linguaggio in un unico percorso musicale. Il dialetto è rivissuto come lingua originaria da cui far risbocciare il lessico italiano, ovvero la lingua che accomuna le diverse realtà regionali in una comune direzione dell’umano. Miti, leggende, odori, profumi, gusti, dicerie e suggestioni tipiche dell’Isola confluiscono in questa poesia allegorica per suono, onomatopea ed immagine sì da dar luce ad una lingua nuova che scava “archeologicamente” in un passato ancorato alle pietre e assimilato nell’immaginifico del dna indigeno con una prepotenza unica e magica che solo un’isola, per sua natura, può preservare.
Qui di seguito leggeremo tre testi della Martinez, i primi due sono inediti che l’autrice ha donato a Carteggi letterari e ai suoi lettori, il terzo invece è un testo espunto dal suo ultimo libro . la bottega di via alloro .
In tutti i testi qui presentati noteremo che la sistemazione architettonica delle parole, gioca un ruolo fondamentale nella ricerca stilistica dell’autrice. Ogni segno di interpunzione, spaziatura e posizione non rispondono a un mero schema affidato al caso, ma una consolidata volontà di creazione che conferisca alla lettura il fiato, o per dirla alla Martinez il più veritiero e incarnato “ciato” della sua lingua.
Il ricorso al dialogo viene sottolineato dall’alternarsi di interrogativi e sussurrati in corsivo, che mettono in scena una recita drammaturgica e cantilenata del detto e non detto, del ricordo e del peccato, del celato e del velato tipico di un immaginario femminile dirompente e schermato da remore e ancestrali limiti, che fanno della donna una creatura magica, custode di impulsi vitali e segreti indicibili legati a una religiosità arcana e terrena.

natàlia castaldi

*** *** *** ***

la stanza di t .

impressione
un dito ha toccato

bemolle
parola

imboccata
adesiva sostanza

miseria
cortile

non erano questione di rami gli alberi usciti di bocca
appassita la frutta sopra camicie stirate a mente gli
spostamenti di schiena sorprendono il tempo che ci
appende nascita la piastrella del verbo incendiato l’
altare della sposa pizzicano al velo rosso dei tempi

macerie
la stanza di t .

bucato
stomaco

acustico
sorgere a lungo

squisito
orrore

il gioco ritratto colpisce di schiena una sigaretta
dal soffitto caduta alla guerra risuola l’inclusione
a strofinacci allungati senza attenuanti le sevizie
spostano mollette alla terminologia delle braccia
rifugiate di ora espressioni significate nel sangue

*** *** ***

nun vogghiu scappari

u capisci ?
capisci

c’havi lu senu granni
d’aranci cu li fogghie
chine d’amuri lu suli

nun ti vutare l’occhi

all’avutra
banna

e nun chianciri sutta
li balate chi lu ciatu
arrucia li passi chini

cu la spiranza matri

m’ascuti

   matri ?

   ascuta

comu batti lu core
mentri nni crisci a
vuci nta lu jardinu

addumatu di fami e

      chista erva
d’acqua

ca ci scummogghia
tènnira la vuccuzza
di zagara quannu lu

celu

:

grapi

_

    un canuzzu
    s’addifenni
         a libirtà

*** *** ***

: la pioggia :

discende ricolmo il calore del ginocchio
appiccicato all’asfalto che andremo svegliando
sulla punta del fucile prima del coraggio
dove si alloggia spasmo sottratto il guinzaglio

dallo sparo
di latta
la lingua
sgorgata

: dei richiami

lacrimati parentesi sotto le serrande
un giorno ai primordi della piazza
e quei limoni fasciati all’ingresso degli sguardi
dentro la fronte slacciata d’inganni e di albori

divorati
i guanciali
allarmano
le idee

: delle gambe assassinate

sopra l’incendio delle dita incarnate poi abbaglio
quando è cenere il rigo fiutato ade in quella virgola
di letti impigliati tra i denti allo scadere della sete
nell’identico dei seni precipitati edicole dopo la preghiera

spiegato il confine
squilibrate oscurità
come solitudini
riconsegnando

: la pioggia :

( da . la bottega di via alloro . LietoColle, 2013 )

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