a cura di Pasquale Vitagliano
Giacomo Leronni è nato il 22 luglio 1963 a Gioia del Colle (BA), dove vive. Laureato in lingue e letterature straniere presso l’Università di Bari, è insegnante di lingua francese nella scuola secondaria. Il suo primo libro è “Polvere del bene” (Manni, 2008). Il libro è giunto semifinalista al Premio “LericiPea” 2009 e ha vinto il Premio “Alessandro Contini Bonacossi” 2009 per l’opera prima. Un suo testo inedito è inserito nel volume “Puglia in versi”, guida turistico-poetica della regione a cura di L. Angiuli e D.M. Pegorari (Gelsorosso, 2009). Le sue poesie sono già state pubblicate, negli anni, sui seguenti periodici e riviste: “Hebenon”, “l’immaginazione”, “Avvenimenti”, “clanDestino”, “il Cobold”, “L’Area di Broca”, “Frontiera”, “Pagine”, “incroci”, “ATELIER”, “Il Giornale”, “Vernice”, “Le Méridien – Stanze”.
Testi
Questo non è
un giorno più difficile degli altri
questa non è una strada più lunga
questo è il giorno
questa è la strada
e così i fiori sono il fiore
e c’è una sola notte
una sola guerra
la molteplicità è un inganno
e così le forme, i messaggi
c’è unità, unità assoluta
nel mosaico vociante
della morte.
Quando dico amore è per eludere
la dogana del senso.
La coscienza
è in attesa delle ombre
più in fondo la giustizia declama
principi inattingibili.
L’amore
con cui scendiamo a patti
l’ardore dei matti
che sognano l’idea
è allora
quel dolore vibratile
quell’arteria che non trova posto
nel corpo.
Per alcuni l’estetica
coincide con la religione
per altri è data
dall’osso che marcisce.
Le case intanto
dispongono radici
oltre l’apparenza.
Alcuni
vi dimorano con gesti nitidi
altri le occupano
per caso o frenetici
e abitandole le svuotano.
Sospendere il giudizio
la pietà
conformarsi a ciò che regge
la vertigine come scudo
lo sguardo più della parola.
La mano esitante
che aderisce al buio
un giardino intorno
come arsura possibile:
l’incredibile
a rilento
la perplessità incedibile
più che lo spavento.
Vedo un prato, lo cingo
con l’occhio
desto insetti di buio
l’erba è sfacciata
le pietre ristagnano.
Zolle più chiare
zolle più scure:
uccelli le radono
mentre fisso le pozze
i canali.
Osservo il prato
a poco a poco lo domino
nella sua totalità:
quel prato è l’anima.
E l’anima infanga.
Un universo imprevisto:
il superamento del fenomeno
l’alba ispessita
il maggio che si porta nell’autunno.
Comincio a credere
all’altalena del mutevole
del flusso indistinto
dell’osso fatto d’aria
e più che crederle
ne capto il cigolio
le vado incontro
la vedo.