Carla Saracino

a cura di Pasquale Vitagliano

Carla Saracino è nata a Maruggio, in Puglia, nel marzo del 1980. Sue poesie sono apparse su varie riviste tra cui: Nuovi Argomenti (Mondadori), l’immaginazione (Manni) e l’Almanacco dello Specchio 2010-2011 (Mondadori). Ha scritto I milioni di luoghi (Lietocolle 2007, Premio Saba opera prima), La Sposa Barocca (AA.VV. Lietocolle 2010) e due libri per bambini, 14 fiabe ai 4 venti (Lupo 2009) e Gli orologi del paese di Zaulù (Lupo 2012). Scrive per la rivista letteraria Le Voci della Luna. Vive e insegna a Milano.

Testi

Il treno per Sezze

Nella teoria del verde dopo il verde,
arriva questo treno che batte ogni paese:
Sezze, Fondi, Itri. Campi, bestiame, cimiteri.

Si riavvicina pericolosamente
al golfo di Gaeta che ci attende inutilmente:
cose e persone che sono ormai ricordi
s’infrangono nel sole, e ogni inizio è una fine,
questo dicono i tempi, bagagli alla mano. Orologio mortale.

Lo sanno gli alberi che questa è una malattia.
Lo dicono i parchi che siamo già scaduti.
Persino il giornale a questa vista dolorosa
si fa più piccolo mentre salgono i pendolari.

Il bruco del treno ritorna nel presente,
nel gorgo della folla e nella pratica del niente.

Ma io che baratto volentieri morte a cecità,
rivedo un letto che odora di lavanda, l’anno ’85,
stanze in affitto e la casa di via Filiberto.

Nelle notti più atroci tutto prende il colore del sangue,
le pareti fanno un giro intorno all’aria, come le parole.
Quella gonna, quel momento, quell’odore,
il calvario di quell’attaccapanni, sigarette con belle compagnie
mentre noi andavamo a dormire come altari umani,
rimboccando le coperte al domani:
niente è reale di ciò che verrà dopo.


Napoli rivisitata

Ogni volta che hai pianto ti ho visto
perdere a dadi ogni volontà, e come
se fossi una madonna abbandonata
in una delle mille edicole di quartiere,
ho cercato la tua essenza da amare
dentro un barattolo di complimenti a ore,
saperesti regalarmi ancora un po’ di castità,
fermarti dove si passa dal diluvio alla sciagura,
essere in tempo per salvare ancora te
dalla tua storia e insieme prendermi e farmi
ancora tuo, come quando ero
uno dei tuoi fantasmi arroventati.


Diario, 2.1.2004

Andrea è in Francia e io me ne sto qui,
cercando di guarire ma peggioro –
E’ tremendo
come può avvoltolarsi
la vita intera in un gambo di ortica,
succhiarne anche il succo,
bollire sulle labbra, morire di bruciore,


Camminiamo, dentro la neve.

Mai i nomi degli alberi hanno trovato
luogo nella mia testa.
Se la memoria ha un vuoto, si origina
da me.

Lasciamo impronte, senza godere.
Temiamo gli animali selvatici, le foglie ingrassate
e volate in cielo su emisferi che ignoriamo
e che orientano la nostra vita.

Concludi separando il mio silenzio dal tuo.
Tutta questa gioia di spartire non viene a me.


I miei amici sono tutti morti, anche i vivi.
Sono restati nella farmacia della notte
dove li ho trovati.
Adesso cenano, portano alla bocca un vino
della casa, io non ci sono.
Inghiotto questa scena e di me neppure l’ombra


Va sparendo il giorno
meno poetico della mia vita.
Per il privilegio di qualcosa
di inabitato
non so se offrire lo spreco
o tacere.


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