Vera D’Atri

a cura di natàlia castaldi

Vera D’Atri è nata a Roma nel marzo del ’48. Vive a Napoli dal ’92. Archivista, solo dopo il ’97 si interessa di scrittura redigendo racconti che verranno pubblicati su riviste e antologie e prime raccolte di poesie tra cui “ Il museo di vaniglia” e la raccolta “Abitare Sparta” con la quale ottiene menzione di merito al Premio Lorenzo. Montano XVII edizione. A ottobre del 2009 esce “Una data segnata per partire” silloge poetica pubblicata dalla Kolibris di Bologna con prefazione di Rossella Tempesta cui fa seguito il romanzo “Buona bella brava” edito dalla Robin edizioni di Roma, romanzo recensito su “L’indice dei libri” a cura di Enzo Rega. Suoi testi poetici figurano in numerosi blog e continuano ad essere editi in ambito antologico. Altri riconoscimenti arrivano dal premio internazionale di poesia “Di Liegro” nel quale è tra i vincitori ed è finalista al premio M. Sovente II edizione. Finalista al premio Mazzacurati Russo per le edizioni d’If 2012-2013 con la plaquette “Tutte donne”. Più di recente, a maggio del 2013, esce la plaquette “Una tenace invadenza” edita da Libro Aperto per la collana Exosphere Plaquettes.

Testi

Allora scalzo venne il tempo a mantenere segreta
la luce come un campo la semenza.

Cadde l’alba. Con occhi dilatati il più piccolo
dei tuoi respiri spezzò infiniti intrecci.

Sopra il letto l’umido e tenue odore del risveglio
venne a dire è lo spillo, è la farfalla.

A quell’ora, a quell’angolo la città
schiariva la sua larga faccia di travertino
come avesse avuto bisogno di suscitare
ancora un moto di speranza.

*

Ci tocca il districarci in frammenti di buio
nelle prigioni di sempre, la perfezione letale
che evolve in cantucci protetti,

ci tocca svernare a braccia conserte,
custodire l’attesa e che l’opera tutta si compia
superflua. Perché Pan si è ammalto d’asfalto
ed è svanito nel sonno dei tram, al mattino,

nel breve e angosciato colloquio che
teniamo col mondo, ammaestrati
da impervi ripassi.

*

I terremoti incalzano. Un versante
precipita, l’altro s’innalza. La donna aspetta
il marinaio. Il marinaio è solo nella nebbia.

Di qua cresce erba tenera, di là un dedalo di rovi.
Dicono le voci allora: vegliate le vostre vicinanze,
vegliate fratture e opacità, proseguite nei
paesaggi capovolti, si veda di voi sempre
il buon lavoro di chi ama.

*

C’è adesso un rumore impercettibile
nel buio, un velo trascinato per casa. Sono
molti i sussurri dei fantasmi, ma i miei

sussurri dicono di un vetro infrangibile
dove bere latte scremato in attesa del tuo
risveglio e dell’alba, che appare sempre
un trionfo.

*

E quando è tristezza senza fuga allora
presumi d’esser morto, morto a sufficienza, morto
a puntate nella sera.

E quando esci a cercar sollievo dici un dolore
a caso, uno da spartire. Gridi la luce tra i grovigli,
il vuoto della forra, lo spasimo della rugiada,

passi attraverso le bestemmie perché non
t’è rimasto nulla, niente dell’incantamento che
furono i tuoi primi anni, niente di quello che furono
il tempio e le colonne e niente della poesia
che aveva preso a cuore la tua sorte.

***

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