Daniele Santoro

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Daniele Santoro è nato nel 1972 a Salerno, dove si è laureato in Lettere classiche, e vive a Roma dove insegna materie letterarie nei licei. Ha pubblicato i seguenti libri di poesia: Diario del disertore alle Termopili (Nuova Frontiera, 2006); Sulla strada per Leobschütz (La Vita Felice, 2012).
Suoi testi poetici e di critica sono stati pubblicati in varie riviste di letteratura nazionali e internazionali tra cui: Studi Danteschi», «Erba d’Arno», «Sincronie», «Gradiva. International Journal of Italian Poetry», «Caffè Michelangiolo», «La Mosca di Milano», «Il Monte Analogo», «Italian Poetry Review», «Capoverso», «Hebenon», «I fiori del male».
È incluso in varie riviste on-line e blog letterari, quali «Imperfetta Ellissi», «La dimora del tempo sospeso», «LaRecherche, «LiberInVersi», «Poesia2punto0», «Sagarana» e nelle antologie: Sette poeti campani (Edizioni Orizzonti Meridionali, 2006); V volume dell’Almanacco del Parnaso 2006, a cura di G. Bárberi Squarotti, G. Amoretti e G. Balbis (Zaccagnino Edizioni, 2006); Margherite ad Auschwitz. Poesie sulla Shoah (Stilo Editrice, 2014), a cura di V. M.M. Traversi. È inoltre presente nei volumi di saggi: «La Nuova Poesia Modernista Italiana (1980 – 2009)» (EdiLet, 2010), «Dalla lirica al discorso poetico. Storia della poesia italiana (1945-2010)» (Edilet, 2011); «Dopo il Novecento. Monitoraggio della poesia italiana contemporanea» (Società Editrice Fiorentina, 2013) a cura di G. Linguaglossa; «Margini della parola. Note di letture su autori classici e contemporanei» (La Vita Felice, 2014), a cura di M. Germani.

Testi

Sulla strada per Leobschütz (La Vita Felice, Milano, 2012)

le regole del campo

Jaworski un giorno cercava alla bacheca le regole del campo
ti incontra il capoblocco, lo avvicina
e col dovuto ossequio chiede ragguagli perché non sa la lingua.

quello lo guarda come esterrefatto
gli sferra in faccia un pugno da spaccargli il mento e
aggiunge «eccoti bello pronto il mio regolamento!»

*

la distribuzione del pane

divorato il suo pane
allora il figlio guardò il papà in cagnesco,
(che se lo smollicava ancora piano piano
il suo) e gli si avventò contro
glielo strappò di mano e se lo ficcò in bocca
masticò feroce
feroce come l’animale, gli occhi scarni
e spalancati fissi su quel moribondo che
giaceva a terra.

finché non arrivò di fretta il capoblocco
e lo aiutò ad alzarsi. mollò uno scapaccione
al giovinetto, poi tutti e due se li portò a braccetto
là dove si può bene immaginare …

al campo non li ho visti più tornare.

*

nel fango

non è la prima volta che nel fango
scivoli l’internato sugli zoccoli. però
noi figurarsi se ridiamo
o tanto meno lui che in fretta si rialza
e si dà gran da fare a ripulirsi. la divisa
guai se la sporchi, Guai se è fuori posto.

*

il sole di Mauthausen

Sole che spacchi la pietraia
e bruci sulla fronte e accechi
il prigioniero nelle cave di granito,
soltanto per un attimo Pietà
del tuo grande splendore:
oscùrati, fa’ notte fonda, spegniti!

non una nuvola ti chiude, uno spiraglio
d’ombra miracolosa, un acquazzone
– che abbiamo l’ansia in bocca degli oceani
e dentro gli occhi il mare i fiumi i laghi
delle nostre terre o sole maledetto,
maledetto sole e maledetto il giorno,
il cielo senza nuvole, l’estate
e maledetta l’afa che feroce

strangola il prigioniero nella cava

*

il capo del plotone

il capo del plotone è un tipo in gamba
uno di quelli a cui non sfugge niente
è tiratore scelto, ha militato nei reparti
mobili di stanza in Lituania, nella Bielorussia.
con lui si può star certi che i massacri
filano lisci che è una meraviglia,
d’altronde vanta già un curricolo esemplare
sopravvissuti zero e mai incidenti
coi giustiziati che si avviano alla fossa.
piuttosto, terminata la fucilazione, non è raro
che te lo vedi scendere nel terrapieno
compiere meticolosa l’ispezione.

gira e rigira prima o poi lo sgama
chi ancora non ha reso l’anima al signore
estrae la sua pistola di ordinanza
allora addio speranza!

*

Todesmärsche

una pallottola di troppo non la spreca, l’assassino
col calcio del fucile te l’ammazza
un colpo secco, le fa schizzare fuori le cervella.
al tonfo, il rivolo di sangue seguirà la pozza
che le radici impregnerà dell’albero
a cui si era appoggiata poco prima
stremata dall’inedia, agonizzante.

Pietà
dei suoi occhi aperti sull’orrore avrà la prima neve,
avrà quel primo fiocco immacolato sopra la pupilla.
altri di fiocchi in processione lenta scenderanno
e la ricopriranno, la seppelliranno
immacolatamente

***

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