Benny Nonasky

a cura di Natàlia Castaldi

Benny Nonasky (1987) è calabrese, ma da alcuni anni risiede a Torino.
È finalista e vincitore di diversi premi (come il primo premio nel “Premio Internazionale di Poesia, Poseidonia-Paestum”).
Presente in diverse antologie in Italia (Fili di Parole, G. Perrone Editore; Chorus, Ibiskos Edizioni) e all’estero (finalista al 50esimo Festival d’Atene).
Attore e scrittore di teatro (AIRBALAC, Sindrome di Crono, ecc.).
Presente con performance di letture poetiche in diverse manifestazioni in Italia come il Festival Internazionale di Poesia a Genova o Poesia a Strappo a Crema, Bolzano, Verona o Paratissima a Torino. È stato cofondatore della rivista online “Trasumanar” e gestisce un blog dedicato alla poesia, con video-letture e recensioni (venerdidipoesia.blogspot.com).

Ha pubblicato:

2017: la silloge poetica “LA CITTÀ DELLE MOSCHE”, Gilgamesh Ed.
2017: l’ebook gratuito “UN PEZZO DI ME PER DIRE NOI”
(http://www.bennynonasky.it/un-pezzo-di-me-per-dire-noi-13-poesie-inedite-ebook-gratuito/)
2016: l’ebook gratuito “CACO PETALI DI ROSA”
(http://www.bennynonasky.it/caco-petali-di-rosa-13-poesie-inedite-ebook-gratuito/)
2013: l’antologia poetica “THE TEARS OF THINGS”, a Berkeley (California), tradotta da Jack Hirschman
2012: la silloge poetica “IMÀGENES TRASMUNDO” per Albeggi Editore 2010: un quaderno poetico intitolato “VESTITO A NOZZE, CARNE E TRENTA LAMETTE”, GDS Edizioni
2009: la silloge poetica “NELLE TRASPARENZE CAOTICHE DI NUVOLA PERPETUA”, Ed. Montag.
Sul suo sito internet, oltre a un blog di articoli, racconti, recensioni e poesie, troverete i primi quattro libri pubblicati scaricabili gratuitamente. Questo è l’indirizzo web: www.bennynonasky.it

Di seguito proponiamo suoi pregevoli lavori.

*****

.Sant’Ilarione1.

Tira violento vento del sud, tira

scoprendo siepi, spogliando rami,
abbattendo condomini
dove mandorli marciscono
dove oleandri appassiscono.

Tira violento vento del sud, tira

nei campi, negli ovili,
nelle mani dei padrini
nelle tasche degli gnuri2
tra i porcili e le serre

tira violento vento del sud

in via Crucis, via Roma, via Niutta,
tra predicatori e pasticcieri
e Sant’Ilarione, tira,
che a lui chiediamo perdono
– tirittuppitielariullà3 –

Lavaci e dissetaci col tuo sangue
di gloria e di misericordia.
Chiediamo la tua grazia
per tutto il dolore afflitto
– tirittuppitielariullà –

Siamo peccatori
(non conosciamo altra gioia;
non professiamo altro gioco)
Dacci grazia oh Misericordioso!
– tirittuppitielariullà –

Da Gerusalemme a New York,
da Mumbai a San Nicola,
ogni teatro è identica rappresentazione:

Bambini che rincorrono gli autunni
Donne che si nascondono dietro tende
Uomini su travi che inchiodano i loro giorni

Spariscono con identica rappresentazione,
col silenzio ghiacciato dei monti
col rombo di auto in galleria.

Deve scorrere.
Deve scorrere.

È vita
e anche se non funziona
deve scorrere
deve scorrere
senza intoppi:
con occhi grigi
vestiti da giudici
tra pilastri d’azoto
con ville d’uranio
e cortili al plutonio.

Tutto va bene,
tranquillo
deve scorrere
deve scorrere
tranquillo,
tana libera tutti.

(dal libro “Nelle trasparenze caotiche di nuvola perpetua”)

Note
1 Santo Patrono di Caulonia, città natale del poeta.
2 In dialetto locale, i proprietari terrieri: i “principi” che amministravano le terre del paese.
3 Ritornello della canzone clericale dedicata a Sant’Ilarione.

***

.1948 forever1.

Ci avevano detto di poter giocare
con le pistole e le pietre.
Ci avevano detto di correre lungo il confine,
a ridosso del muro.

Ogni giorno ci sono figli che saltano in aria
e qualche voce di donna che,
dall’altra parte, chiama i loro nomi.

A quant’è la partita?
Quanto manca che la falce recida l’ultima spiga?
Chi, dopo, dormirà facendo sogni tranquilli?

Evita di porti domande:
la notte è calata,
i lupi sono in agguato
e l’esile cavallo è solo.

Qualcuno ci penserà.

Ma se altrove i bambini rientrano a casa,
il televisore è acceso,
il cibo ben disposto sulla tavola,
come può mai passar per la testa che
la notte è calata,
i lupi sono in agguato
e l’esile cavallo è solo?
(dal libro “Imàgenes Trasmundo”)

Note.
1 Primo esodo palestinese (detto nakba) durante la guerra araba-isrealiana del 1948. Il passo successivo fu riconoscere, da parte dell’ONU, lo stato Israeliano e non quello Palestinese. Lo studioso israeliano Ilan Pappé ha definito l’esodo palestinese (oltre settecento mila persone) come il primo atto di pulizia etnica.

***

.Forse le tue labbra non dicono.

Forse le tue labbra non dicono
il cuore, incedere di passi
sta salendo
va su
I coriandoli dalla tua bocca
Sono in festa
permanente

Forse non bisogna dire
è un vicolo cieco
la rete assorbe
stiamo precipitando
dove/quando
Se nel tuo tenero ondulare
l’oscillazione molecolare
non sentire
sbattere
e non sentire

Forse lo hai detto
sono io il cranio rotto
sono io il cielo scomparso
Io

Non dovevi dire niente
non lo hai fatto

e non siamo sommersi

(legano cose in noi,
cose che vogliono noi)

e siamo invincibili.

(Dall’ebook “Caco petali di rosa”)

***

.Il campo.

C’era un campo al di là dei ricordi.
Si prendevano le misure delle nuvole,
analizzavamo gl’insetti e occupavamo
ruderi di epoche eziologiche, tanto
per sopravvivere alla noia del luogo.

Io vivevo tra le mura antiche della
povertà: una stanza coperta dal cielo
e qualche nido di rondine. Per vivere
ci avevo messo un tavolo trovato
in cantina e qualche libro da edicola.

Quando qualcuno veniva a trovarmi gli
offrivo sogni d’accurata perseveranza.
Bisognava immedesimarsi, indirizzare la
bussola verso nord, inchiodare l’estate,
diventare fenomeni calcistici o svanire.

I vicini di casa masticavano la medesima
dispersione. Cosa cercare nel cataclisma
della mente quando fuori ogni cosa è in
ritardo? Abbiamo affisso orologi su ogni
parete per commemorare i nostri limiti.

I vicini di casa ogni tanto tornavano giù
in paese e m’invitavano a rovistare nella
loro dimensione, per certificare la necrosi
della favola. Osservavo le parole
scomparire, la liquirizia frinire. Perché?

Non sempre il vento trasporta. È lì, ti
tormenta le ossa. L’unico riparo sono le
mani in tasca, sbatterci contro. Non c’erano
persiane: gli aeroplani di carta uscivano
come missili ad impollinare il mondo.

E i fiori sono parole non dette.
Hanno perso la loro solidità strappati
nelle mie mani. È una battaglia muta.
Molte più croci che possibilità.
L’ultima riga o l’assenza che resta.

*

C’era un campo al di là dei ricordi.
Quando lo raggiunsi i resti delle case
erano intatte. C’erano ancora il tavolo
e i libri da edicola. Tutti ricoperti
di muschio, muffa, nostalgia e me.

*****