Diretta Fb con Teresa Forcades e Roberta Trucco sul “mercato dei corpi”

“Il mercato dei corpi: ultima frontiera del filantrocapitalismo?”. Sul tema interverranno in diretta Facebook, sulla pagina https://www.facebook.com/MarlinEditoreCava, mercoledì 11 novembre, alle 18.00, suor Teresa Forcades, monaca benedettina, medico e saggista, esponente della teologia femminista Queer, e Roberta Trucco, autrice del romanzo “Il mio nome è Maria Maddalena”, Marlin editore. Sulla scia di questo libro, punto di riferimento per una riflessione su maternità surrogata e armonia tra Oriente e Occidente, le due relatrici, in un dibattito moderato da Marco Olivieri, ufficio stampa Marlin editore, dialogheranno su un argomento cruciale per il nostro futuro.

Teresa Forcades i Vila, tra le sue pubblicazioni, è autrice del libro “Siamo tutti diversi – Per una teologia Queer”, in conversazione con Cristina Guarnieri e la stessa Roberta Trucco, edito da Castelvecchi, e del saggio “Il corpo, gioia di Dio”, Gabrielli editore.

Il romanzo

Maria Maddalena ha 22 anni e vive a Los Angeles. Studia Antropologia all’Università della California (UCLA) e coltiva un sogno: andare in Amazzonia grazie a un progetto universitario. Esclusa dalle selezioni, decide di affittare il suo utero. Ha bisogno di guadagnare alla svelta dei soldi che le consentano di andarci in modo autonomo. La sua vita però si complica quando, in seguito alla fecondazione in vitro, rimane incinta di due gemelli. Nel frattempo, l’Università la richiama: la sua candidatura al progetto in Amazzonia era stata respinta per errore.

Il romanzo s’intitola “Il mio nome è Maria Maddalena”, Marlin editore, alla terza edizione (collana Il portico, www.marlineditore.it), che tocca l’argomento attuale, discusso in ambito legislativo in Italia, in questo periodo, della maternità surrogata e che affronta, in chiave romanzesca, la crisi dell’Occidente con postfazione di Grazia Francescato. L’autrice, Roberta Trucco, genovese, è una scrittrice esordiente di 53 anni. Femminista tardiva ma tenace, scrive per diverse testate, ha curato per Nutrimenti e Castelvecchi i libri di suor Teresa Forcades, teologa femminista promulgatrice della teologia Queer e ha fondato, nella sua città, il comitato “Se non ora quando”. Da allora collabora con molte donne, voci autorevoli del femminismo contemporaneo, tra cui Francesca Izzo, Licia Conte, Cristina Comencini, Sara Ventroni, Serena Sapegno, Rita Cavallari e molte altre, nelle battaglie per i diritti delle donne.

Coinvolgente e appassionante, “Il mio nome è Maria Maddalena” colpisce per il ritmo, interiore e narrativo, della scrittura e per la cura in ogni parola, descrizione, immagine, raggiungendo un’efficace combinazione di trasparenza, limpidezza quasi, e apertura alla complessità al tempo stesso. L’attenzione alle sfumature, in un’apprezzabile alternanza di voce narrante della protagonista e descrizione dei tumulti interiori degli altri personaggi, acquisisce forza nel racconto del mondo alternativo di un’Amazzonia tratteggiata con colori, suoni, pensieri, emozioni evocativi. Il confronto/scontro Oriente/Occidente e la crescita graduale della figura di Maria Maddalena risultano al servizio di una scrittura che apre nuove domande.

Nel romanzo di Roberta Trucco, il tema delicato, controverso, politicamente scorretto, ma correttissimo dal punto di vista del rispetto della stessa natura umana, è quello dell’utero in affitto e della maternità surrogata, del corpo delle donne messo alla mercé del desiderio altrui nel nome del dio denaro.

«In questo caso si tratta di un desiderio di genitorialità che, con la forza dei soldi, non ha riguardo di nulla, nemmeno di andare a comprare, legalmente autorizzato, la parte più intima di una donna, che è quella di mettere tutta la sua fisicità nel diventare madre. Un corpo che si lascia forzare per bisogno, vendendo e affittando. E l’interesse economico è talmente forte da fare di questo argomento un tabù, che è meglio sottrarre a qualunque discussione», sottolinea l’autrice.

L’evento

Per l’ambientalista Grazia Francescato, autrice della postfazione, lo «scontro arcaicità/modernità percorre l’intero libro come un filo guizzante e carsico. Il ventre gravido di Maria Maddalena si innesta nell’immenso ventre della Foresta, (…). Instradata dalla saggia bambina Arepuchi, eletta a sua guida spirituale, e nutrita dagli ancestrali riti tribali della comunità che sta studiando e con cui vive, Maria Maddalena sente sciogliere dentro di sé il nodo gordiano dei dilemmi avvitati alla ‘maternità moderna”. Ma, molto di più, approda alla consapevolezza che la cosmovisione indigena, basata sulla sacralità della Pacha Mama (la Madre Terra) e dell’interdipendenza di tutto il vivente, è nutrimento necessario, anzi indispensabile, per noi occidentali in questo inquietante inizio di Millennio. “La conoscenza di queste popolazioni ci può salvare dal buco nero in cui ci siamo cacciati. Non c’è tecnologia che può insegnarci a vivere, dobbiamo ripensarci antropologicamente.” A identica conclusione sono arrivata io, attraverso decenni e dopo numerosi viaggi e periodi di vita trascorsi con le etnie indigene dell’Amazzonia», scrive Francescato.

In Amazzonia Maria Maddalena ritrova il contatto viscerale con la natura, col senso stesso di umanità e di maternità, che è fatto di anima e sangue. La narrazione è veloce, ricca di fantasia e a tratti ironica, spesso spiazzante. Non proclama nessuna sentenza, spingendo il lettore a interrogarsi, senza sottrarsi a più punti di vista.

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