Segni, cifre e lettere: Fare pienezza nella mancanza. Anna Franceschini

 

(Magdalo Mussio, Senza titolo (… dell’assenza), 1975-80 circa. Tecnica mista su cartoncino)

 

Scrive circondata dal silenzio Anna Franceschini, lì dove esiste uno spazio per riposare, come una vera (e sempre, più rara) artigiana della parola.

A Bologna, città dove vive e lavora, si occupa di organizzare eventi letterari; cura insieme a Roberta Sireno la rassegna poetica UNA COME LEI e fa parte della redazione della rivista LE VOCI DELLA LUNA. Suoi saggi e sue poesie sono apparsi a più riprese su blog e riviste letterarie; è presente nell’antologia collettiva 100 mila poeti per il cambiamento – Bologna – I° Movimento e nel 2017 ha partecipato alla rassegna di scritture di ricerca Riassunto d’ottobre a cura di Sergio Rotino e Marco Giovenale. Nel 2018 ha vinto la sedicesima edizione del Premio Letterario Anna Osti con una raccolta inedita di cinque testi senza titolo. Quest’anno ha partecipato alla rassegna Bologna in Lettere presentando al pubblico alcune poesie più recenti (nota critica di Francesca Del Moro).

Nei mesi scorsi, ho avuto il piacere di leggere la raccolta premiata nel 2018 e anche parte delle poesie successive a cui Anna sta lavorando in vista della pubblicazione della sua opera prima. Il libro si trova ancora in fase di lavorazione e, per quanto sia sempre azzardato scrivere di versi non ancora inquadrati in un’idea organica di libro, mi sembrano tuttavia possibili alcune prime considerazioni critiche.

Una considerazione su tutte: la poesia di Anna parla una lingua precisa, moderna e classica insieme, una lingua che fa il corpo a corpo con il dolore. Libera e audace, la sua parola non vuole compiacere ma vuole raccontare. E in tempi confusi di sovraesposizione mediatica e ricerca ossessiva di un consenso, la sua mi appare un’operazione preziosa. È una parola matura e coraggiosa quella di Anna, una parola pensata per dire il tempo che manca e fare pienezza nella mancanza.

Le immagini scelte sono sempre nitidissime e combattono con un tempo presente che vive ed esiste ma sembra trattenuto e influenzato da qualcosa che è venuto prima; c’è una forma del passato che vuole esistere – scrive Anna e c’è un mondo (che) non soddisfa il senso/ un bisogno scalzo un dio/ nelle scarpe dimesse degli altri. Nei suoi versi è nascosta una morte pensata che però è quella senza colpa e c’è un’altra morte che è perpendicolare di riflesso. Nei suoi versi sono nascoste una madre amata (un io dentro la carne) e una bambina (Non l’aspettava nessuno una bambina seduta/immobile un leggero strabismo/
neanche si accorgeva di una presenza/
il tempo passato da sola) e compare, in punta di piedi senza fare rumore, anche un’esclusa.

Nei suoi versi incontriamo donne inaccessibili (quelle che portano solitudine/ in una casa aperta per essere accolta) e case, tante case, e alcune di queste – ci dice Anna – partoriscono donne gravide. Nei suoi versi incontriamo anche uomini, pochi a dire il vero: uno, in particolare, cerca casa (e) dorme (…) nella confusione, e un altro – N., individuato solo con un’iniziale puntata, – che ha un modo dolce di sperare e (…) guarda aspetta solo di essere chiamato (…) è pago per il bene e per il male. In questo universo di creature vive e sopravvissute incontriamo denti/pezzi di piedi/e ritornelli, isole, acque, corridoi stretti e quartieri, cortili interni e fili da stendere dove non si ha abbastanza fiducia e c’è un liquido che è comune ed è lì che si lavano tutti i figli.

Dal punto di vista stilistico, le strutture linguistiche e sintattiche scelte generano una sensazione di continua instabilità e sospensione; la scrittura di Franceschini sembra sempre colta nell’atto di un attraversamento, di un procedere oltre. Il dettato asciutto ed essenziale non impedisce la presenza di una componente più visiva e visionaria. Si avverte un’urgenza: forse la risposta a un desiderio senza più nome, senza più ricordo. Il rapporto con il femminile, l’idea di uno spazio che sia di nuovo utero e quindi casa, il bisogno di iscriversi in un destino finalmente libero dal senso di colpa – sono elementi costanti della sua poetica.

Come è già stato osservato, l’ampio uso del correlativo oggettivo e i salti logici e consequenziali rintracciabili nei suoi versi fanno pensare a un lavoro di montaggio cinematografico: in alcune poesie, i versi si sommano e talvolta si annientano fino a comporre fotogrammi, diapositive di senso ma anche di vita. Non sappiamo mai veramente dove Franceschini abbia intenzione di condurci ma la seguiamo nelle sue variazioni di registro, nelle sue parabole esistenziali, nei suoi viaggi, anche quando si fanno più oscuri e bui.

Ci sono nei versi di Franceschini ritorni di parole (madre/nascita; acqua/morte; figli /tempo; bene/male; colpa/destino; bambina/bisogni) e tramature sillabiche con cui il lettore deve fare i conti, prendere confidenza. L’operazione richiede il giusto tempo e, in questo senso, la sua non è una poesia immediata. Anche l’inquadratura non è mai perfettamente a fuoco ma è nell’isolamento di quei dettagli fuori campo, colti nella loro incompiutezza e indecifrabilità, che si annida la vera potenza espressiva di questa poesia così fuori dal coro. Concludo citando un verso di Daria Menicanti, a cui per alcuni aspetti la poetica di Anna mi pare accostabile, Mai ti perdoneranno il tuo non fare/ comunella con gli altri, il tuo non essergli/uguale. Quel primo verso, così atroce e cristallino, è intimamente riferibile anche ad Anna e alla sua parola. Per fortuna, i versi che scrive le hanno già perdonato quello che lei fatica a guardare e nominare: il suo non essere uguale è la sua forza e la sua (indiscutibile) ricchezza.

 

*

Uno strano godere dell’esistere.

La casa partorì donne gravide

un pensiero come un tamburo neanche un figlio.

 

Dolore nei passaggi bui che stringe il corpo a rete percossa.

 

Ecco la casa disporsi sui contorni il vuoto

c’è una stanza per un uomo disteso.

Riduce a immagini il sole gli alberi

ha la capacità la capienza gli occhi.

 

Dove risiedono le non parole i non ricordi le non frasi

da qualche parte muovo le braccia a burattino

è un sacrificio e lo concedo

ho osato 
fare pienezza nella mancanza.

 

Quell’uomo che cerca casa dorme con me nella confusione.

 

*

Gru sospese dalla prima

nominazione tirate genuflesse ai segnali

impresse in un avanzo, concentrazione

periferica corneale di un passare distratto.

 

L’apice la variante perdente

la stortura innaturale il repentino

affondamento senza acqua peso a peso

il corpo a corpo del dolore.

 

Margini tagliati

confusioni di strade

la forma del passato che vuole esistere

ancora la morte pensata

 

quella senza una colpa.

 

*

La luce non entra

voglio alzarmi dal letto

non si accende

mi spingo alla porta

il corridoio è lungo ed è buio l

ei si nasconde trascina

l’esclusa.

 

Si è staccato dalla placenta

il mondo non soddisfa il senso

un bisogno scalzo un dio


nelle scarpe dismesse degli altri.

 

*

Hai uno spazio per riposare

lontano da tutto non vedi altri

da te accantona l’idea che esisti

hai abbastanza ferocia da spegnerti

hai abbastanza fame.

Ti hanno assecondato

con materia umana riconosciuta

perdente esclusa pronta all’eliminazione.

C’è del pane hai l’acqua appena

tutto questo andrà in circolo

il bisogno accrescerà il veleno

sarai compressa dal desiderio

il miasma si abbatterà su altri da te.

 

*

È sempre difficile raggiungerlo appare sempre molto distante

anche se dimostra attenzione e lo comprende. Così dice N.

 

Attraversava travi di legno e impalcature per uscirne

lo sapeva che non voleva farsi trovare

sale le scale 
e può osservarlo abbattendo le mura nell’interno.

 

Lei ha un’andatura sgraziata lo soffoca è sempre allo scoperto

esaspera movimenti una mancanza paga la solitudine

le assenze è diventata il fulcro attesa repulsione.

 

Parla della sua duplicità manca di separazione

si è inventato un modo di sentire girato l’angolo

N. guarda aspetta solo di essere chiamato.

 

Il segreto lo mette nella vicinanza stretta e si confonde

ha solo ciò che lo veste e le mani mentre

il corpo si muove e una lacrima è già caduta.

 

Qualcuno l’ha asciugata con il respiro per non vederla

gli specchi assorbono non rimandano.

 

N. ha un modo dolce di sperare

li vede attorno che concedono il sonno

è pago per il bene e per il male.

 

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