FLASHES E DEDICHE – 111 – POETA LO HA DETTO A MIA MADRE (Francesco Tripaldi)

Circa un anno fa, http://www.carteggiletterari.it/2018/11/05/flashes-e-dediche-98-poeta-lo-dici-a-tua-madre-francesco-tripaldi/, pubblicai questo articolo sul nostro avvocato lucano-meneghino. A distanza di qualche mese è uscito, per la collana Gialla di Pordenonelegge edito da LietoColle, “Il machine learning e la notte stellata”. E’ un libro, e lo ribadisco, che merita molta attenzione. Al di là della capacità di scrittura, evidente e conclamata, è un lavoro ben costruito, che tocca, taglia, infiamma e deride amaramente. Tripaldi  non è soltanto un giocoliere, ha la capacità di utilizzare ironia e serietà, un tocco visionario, quotidianità e competenze (intese come deriva) tecnologiche, contemporaneamente, in un magma di “sacro fuoco”. A tratti è geniale, sempre comunque sopra l’asticella media. Tripaldi è anche un poeta che ride e sorride di se stesso, si prende sul serio soltanto lì dove anche l’universo ha paura del buio. “Il machine learning” è un lavoro di studiato, limato, di grande impatto e intelligenza; non si offenda : Poeta lo dico a lui….che riesce a parlare di metapoesia, di amore e di quel fuoco d’ansia che ci aspetta ad ogni risveglio.

 

 

Anche l’universo ha paura del buio

 

Ad ovest della galassia,
lungo la diagonale della rivelazione,
l’universo produce scorie e antimateria;

sa che l’uomo è il primo tentativo di un Dio
all’epoca ancora inesperto
e che il poeta è il peggior modo di essere uomini.

Sa che ci sono volte in cui la morte conferisce importanza
e altre in cui l’importanza conferisce la morte,
che il poeta non scende a patti con gli isotopi dell’idrogeno
appicca roghi alle tempie dell’uomo,
e sceglie la sfumatura più bella del nero
in una tempesta di diamanti su Nettuno.

Il poeta è un piromane
che vive vite sbagliate,
momenti di completa irrazionalità,
gioie inaspettate,
misere glorie,
depressioni devastatrici;

incendia la sua anima ad ogni istinto,
inseguendo le epifanie di Alceo,
le eruzioni solari
e le sue fiamme pittrici
disegnano arabeschi incandescenti,
che ardono ad anni luce di distanza,
lì dove anche l’universo ha paura del buio.

 

 

 

 

Poeta lo dici a tua madre

 

Ma cosa ne sai tu,
del potere evocativo del dolore,
di bocche sempre sporche di parole,
di totem o di tabù.

Il poeta è un gambero,
ha il cuore nel cranio.

Cosa ne sai,
di consunzione e consustanziazione,
dei lutti di amici immaginari
delle ardenti condoglianze dei dioscuri,
di chi cerca di fare un occhio nero alle nuvole,
del disperato digiuno dei pidocchi
tra le ali degli angeli.

Cosa ne sai tu,
di come rubare alla luna il pallore,
ai bambini il pallone
per non sentirli gridare più.

Cosa ne sai,
della differenza tra favola e fiaba,
di tramonti vermiglio come ginocchia sbucciate,
dell’arte vera e di quella che si fa concupire,
di chi esercita
il mestiere più antico del mondo,
quello con la “p”,
il poeta.

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