Pillole di poesia – Scarceranda

di Ilaria Grasso

Ho trovato SCARCERANDA per caso in una libreria del quartiere San Lorenzo di Roma e mi ha subito colpito perché spesso il carcere è visto come unica soluzione per coloro i quali commettono un reato.

SCARCERANDA è un’iniziativa editoriale nata nel ’98 dalla redazione di Radio Onda Rossa e del collettivo Odio il carcere che al momento non esiste più. Si tratta di un’agenda autoprodotta e distribuita fuori e dentro il carcere. Può essere infatti donata alle persone prigioniere che ne facciano richiesta o segnalate a Radio Onda Rossa che provvede alla spedizione postale in carcere.

Il motto che negli anni ha aggregato le persone che mandano avanti l’iniziativa è:

CONTRO OGNI CARCERE, GIORNO DOPO GIORNO, PERCHE DI CARCERE NON SI MUOIA PIU’ MA NEANCHE DI CARCERE SI VIVA

Il sistema poliziesco e giustizialista in cui viviamo sembra placare le nostre paure individuali e sociali senza farci fare quel passetto in più rispetto al nostro egoismo autoconservativo. Questo atteggiamento ci ottunde la vista non facendoci mai vedere la possibilità di eventuali errori giudiziali o la responsabilità personale, formale e collettiva rispetto a coloro che hanno commesso infrazioni. Per molti sei colpevole solo se ti hanno scoperto e così si perpetuano orrori e storture sempre più gravi.

Quest’anno un contributo sostanziale all’iniziativa è stato dato dall’associazione Matricola 1312. Nata inizialmente come blog alimentato da poesie e racconti di un ragazzo carcerato che si firma come Edmond. Con il tempo il blog si è poi trasformato in associazione con lo scopo di attuare iniziative di promozione sociale per eliminare il cosiddetto “stigma del carcerato” (laboratori di teatro, cineforum, street art etc. etc.).

Iniziative come questa non smettono di ricordarci che il “condannato” è prima di tutto un essere umano a cui viene spesso tolta la dignità prima che la libertà. Già Victor Hugo nel suo “L’ultimo giorno di un condannato a morte” aveva provato a mostrarci una realtà fatta di malati, donne e uomini separati dalle loro compagne e compagni che ogni giorno devono inventarsi una motivazione per andare avanti. Tutti lo facciamo ma per loro è senza dubbio più difficile e di questo tutti dobbiamo prenderne atto.

Nell’agenda troviamo lettere, racconti, saggi e poesia ma non solo. Ci sono anche ricette di bellezza e ricette culinarie “evasive”. Forse non tutti sanno che la ceretta, una cosa molto banale per noi tutti, non è un bene di facile reperimento in carcere per cui i detenuti hanno trovato il modo per farsela da soli con pochi e semplici elementi. Nell’agenda si parla di ricette culinarie “evasive” perché devono essere preparate con un fornelletto e con i pochi ingredienti rintracciabili in carcere.  Sfogliando l’agenda sono rimasta molto colpita dai versi di Silvia S. e ve li propongo perché rappresentano in maniera eccellente come la condizione dei luoghi di detenzione possa intaccare in maniera forte se non definitiva la struttura psichica dell’individuo alle prese con la paura, la claustrofobia e l’impossibilità di agire e muoversi. Nei versi immagino una donna sfibrata e debilitata. Depauperata anche della cura della propria femminilità nell’impossibilità di reperire una ceretta e probabilmente solo con una lametta a disposizione. La possibilità che questa si tolga la vita è altissima e forse anche abbastanza prevedibile. Quelli di Silvia S. sono versi serrati, che non lasciano tregua, c’è continua e costante consonanza con la narrazione di una donna chiusa in una cella di un carcere per la quale anche la speranza di evasione diventa tormento come leggiamo negli ultimi versi. Non conosco Silvia e non conosco tutte le Silvie che nel mondo sono in carcere ma spero che in tutta questa attenzione trovi forza e conforto ma soprattutto mi auguro che tutti noi imparassimo a pensarci bene prima di augurare il carcere a qualcuno. Ma l’obiettivo più grande a cui credo bisogna tendere come collettività sia quello di smettere di considerare il carcere e la punizione come unica modalità di insegnamento di vita. Forse solo così possiamo essere tutti assieme più evoluti e più liberi.

Chiusa dietro gabbie mentali,

circondata da fredde mura,

La paura, di essere picchiata

soffocata dagli istinti più brutali.

Senza nome, senza sesso

vivo in scatola come un esperimento,

puoi vedermi di nascosto

attraverso uno specchio,

sono in trappola e non posso

respirare

ed evadere è il mio unico tormento.

Da SCARCERANDA 2019

Copertina con illustrazione di Valerio Bindi

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