C’è uno scrittore siciliano che ama calarsi in un mondo del futuro metà umano e metà androide. Uno spazio immerso in un’atmosfera visionaria che ricorda la letteratura di Philip K. Dick, ma non solo, da Asimov a Vonnegut, e vanta moltissime influenze visionarie, dal fumetto al cinema, compresi gli incontri tra uomini e replicanti di “Blade Runner”. Lo scrittore è il messinese Graziano Delorda, classe 1972, e il romanzo s’intitola “Droide è la notte” (AUGH! Edizioni, 2017, copertina di Luca Verduchi). Lo stesso autore ha già pubblicato “Pace” (Pungitopo Editrice, 2010), “La serpe nera” Pungitopo, 2011), il fumetto “Dune Buggy” (Collettivo Zazzamita-Etna Comics, 2014) e il romanzo “Little Olive” (Ferrari Editore, 2016).
Il suo, fra elementi visivi e letterari, appare come un percorso stilistico coerente che trova in “Droide è la notte” un tratto icastico maturo. Da qui una lettura scorrevole e densa di suggestioni, spunti critici e stimoli alla riflessione, la cui solidità narrativa evita d’incagliarsi quasi sempre nelle trappole del già visto. Dopo tanta letteratura, tanto cinema e parecchi fumetti affermatisi in questo ambito, gli ostacoli maggiori sono proprio quelli collegati alla possibilità di dare nuova linfa alle analisi politiche di un orizzonte distopico e alle avventure dominate da figure frutto d’innesti e profili fantascientifici. Tuttavia, Delorda dimostra fiducia nella sua capacità di conferire una forma espressiva adeguata al racconto dell’umano Horace Queen, e della sua famiglia, e della droide DRana, in città dove fa la differenza se si vive in prossimità delle nuvole o delle fogne.
Nel complesso, l’autore conduce con sicurezza una nave narrativa che fa convivere esseri umani, droidi e ibridi, dotati di nomi non più umanizzati, e rivela conoscenza approfondita del genere. La violenza e la dicotomia bene/male e purezza/contaminazione rientrano in questo scenario nichilista, eppure non scevro dalla possibilità di provare sentimenti ed emozioni e di ricominciare a vivere.
In particolare, risulta originale il racconto della sessualità, sin dall’incipit, con una forza carnale che prevale sugli esperimenti figli della tecnica e delle rivoluzioni tecnologiche. Il suo stile risulta in armonia con l’attitudine sarcastica di Delorda a demistificare, senza fronzoli, l’esistente. Così immaginare nuove dimensioni diventa un’occasione per esplorare l’oggi e le sue intolleranze e malattie sociali.
La lettura del libro può essere pure un’occasione per riflettere sui classici: dalla creatività di Philip K. Dick, di Asimov e di Vonnegut, ma anche di Orwell, all’appassionante “Io sono vivo, voi siete morti” (ripubblicato da Adelphi nel 2016) di Emmanuel Carrère. Una biografia visionaria che, come ogni rielaborazione di fantascienza, evoca un mondo immaginato che si nutre delle piccole e grandi ossessioni quotidiane. Un mondo frutto di ferite inferte da quella che definiamo la realtà.
Marco Olivieri